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Sundance Channel ci regala un'altra perla.
Dopo il lento ma d'autore (la regia è di Jane Campion) Top of the Lake, il canale ha infatti proposto un'altra serie capace di affrontare un tema ostico con una maestria da brividi.
L’argomento carcerario, le condizioni di vita dietro le sbarre, il tempo da riempire tra paure e speranze, è già stato trattato in passato sia sul piccolo schermo (Banshee o Prison Break) sia su grande, ma mai è stato approfondito come in Rectify. Mostrando Daniel Holden che esce di prigione dopo 19 anni nel braccio della morte, la serie indaga soprattutto a livello psicologico sul suo protagonista, probabilmente un po’ speciale già a 18 anni, ora ancora più stranito, attonito e impreparato ad affrontare un mondo che è andato avanti senza di lui. La sua metodicità, la sua ricerca nel non pensare e nell’affondare nei libri viene così scossa all’improvviso quando i test del DNA sembrano scagionare la sua accusa di omicidio nei confronti di una quindicenne, stuprata e uccisa. Il suo reinserimento viene così spesso inframmezzato a lunghi flashback che mostrano la sua vita in una cella tanto piccola, in una personalità che cerca di annichilirsi e di resistere.
Al di là dell’approfondimento, perfetto e straziante, della personalità di un nuovo libero e la capacità di fotografia e macchina da presa di emozionarci, Rectify è anche un drama e un giallo, che vede riaprire un caso che aveva scosso un’intera comunità e con questo le sue ferite. Sembra esserci del marcio dietro, ma noi, come tutti i famigliari e i conoscenti, oscilliamo, incapaci di capire se Daniel sia davvero innocente o meno, e veniamo spiazzati da quelle mezze verità, da quella confessione datata e forse estorta. Nella settimana del suo rilascio, veniamo calati nei suoi panni e in quelli sempre conflittuali della sua famiglia, con una sorella devota (una splendida Abigail Spencer), un fratellastro giovane che cerca di aiutarlo e un altro che invece lo denigra e lo teme. Loro sono lo specchio dell’intera società, mentre la madre, fragile e spaventata, va avanti grazie alla routine.
In tutto questo c’è posto anche per la religione, per la promessa di una rinascita che tanto ha tardato ad arrivare e che ha le sembianze angeliche della cognata acquisita.
Grazie alla bravura straordinaria di ogni attore (Aden Young in primis), la serie mescola sapientemente questi temi, attraverso canzoni ormai vintage, ambientazioni e ritmi tanto lenti quanto affascinanti, facendo leva sulle nostre coscienze, delimitando gli spazi e i movimenti, creando scene potenti e lasciandoci con un finale amaro e ancora aperto che fa già crescere l'attesa per la già confermata seconda stagione.
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