I referendum del 12 e 13 giugno hanno sancito per l’Italia, fra le altre cose, la fine dell’egemonia della Tv come strumento di comunicazione politica e l’irruzione massiccia, decisiva, del web. La rete, fino ad oggi, ha avuto un ruolo marginale nell’orientare e indirizzare le scelte di voto, nel migliore dei casi ha avuto un effetto trainante, ma non è mai stato l’elemento decisivo. La corrispondenza tra spazio televisivo e quote di consenso, al contrario, è il punto di partenza di qualsiasi analisi politica che prenda in esame, per esempio, l’ultimo ventennio di storia italiana, non a caso dominato da Berlusconi, il tycoon della Tv commerciale. L’oscuramento pressoché totale dell’informazione referendaria di cui si è resa colpevole la Tv pubblica e privata italiana nelle scorse settimane è risultato, per la prima volta nella storia recente, ininfluente ai fini dell’esito elettorale. La comunicazione inerente ai quesiti referendari è transitata quasi interamente per la rete (in particolare il marketing 2.0 della politica si è integralmente realizzato nei social network) che è diventata di fatto la vera forza motrice del cambiamento. Si tratta di un fatto epocale che coglie impreparata l’intera classe politica, senza distinzioni tra destra e sinistra, ancora incapace di sfruttare il web e capirne le gradazioni e l’immenso potenziale. Poco o nulla ha fatto la sinistra in questi anni, se non guardare con una simpatia spesso solo di facciata i fenomeni della rete. Al lamento sul conflitto d’interessi, alla Tv in mano a un unico padrone, non ha opposto uno studio serio della comunicazione ai tempi di internet. Se è vero che la politica è anche saper interpretare il proprio tempo, la sottovalutazione persistente e colpevole delle potenzialità comunicative della rete è stato il più grosso abbaglio della storia recente. Il popolo dei referendum, e in più in generale il popolo del cambiamento che ha trionfato alle recenti amministrative, non ha di fatto una rappresentanza politica (e non può averne). Questa è la forza, e al tempo stesso il limite, di questa vittoria.
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