Dal 2003 il Piemonte, regione più nuclearizzata d’Italia, attende l’individuazione del deposito unico nazionale di stoccaggio
La questione, negli ultimi anni, non è stata mai affrontata dalle Giunte in carica con il rischio che le scorie restino lì dove si trovano oggi. A confermarlo, la scelta di costruire a Saluggia il deposito D2 (illegale, in quanto opera priva del giudizio di compatibilità ambientale e non in regola con le norma urbanistiche) e il D3, destinato a stoccare i fusti di scorie solidificate nel vicino impianto Cemex. Due mega-depositi che sulla carta risultano temporanei ma che, in assenza del sito nazionale, sono destinati a diventare definitivi nonostante siano collocati in una zona densamente abitata, a rischio di esondazioni per la vicinanza con la Dora Baltea. Zona confinante anche con le falde dell’acquedotto del Monferrato che serve 300mila persone e con il comprensorio biomedicale del gruppo Sorin.
Come si può pensare quindi di riaprire il capitolo nucleare quando, ancora, i vecchi problemi non sono stati risolti nè tantomeno affrontati? Dal Piemonte fino alla Sicilia, il problema è sempre lo stesso: manca un piano energetico sia a livello nazionale che regionale. Così come scritto dal Sottosegretario del Ministero dello Sviluppo Economico, Stefano Saglia, in un suo intervento sul Sole 24 Ore del 4 giugno: “il Governo con il decreto omnibus ha eliminato le norme che attuavano il programma nucleare italiano e si è posto l’obiettivo di predisporre una strategia energetica nazionale entro dodici mesi. Auspichiamo, dunque – scrive ancora Saglia - che si riesca ad aprire una discussione bipartisan sulla delicata questione della politica energetica”.