Alla faccia della maggioranza degli italiani che ha detto no al rischio
nucleare “pare” che il 10 luglio ci sia un nuovo trasporto di scorie
contenenti plutonio da Saluggia a La Hague. “Pare” come “pareva” che un
treno di scorie nucleari dovesse passare nella notte di domenica 8 maggio
scorso quando poi è effettivamente entrato in Francia dalla Val Susa
passando, a quanto risulta, per Vercelli, Novara, Alessandria, Asti e
Torino, interessandone le province oltre a quella di Pavia essendo passato
anche per Mortara.
Diciamo “pare” perché i cittadini non vengono correttamente informati da
chi di dovere. Dovrebbero farlo i prefetti ed i comuni interessati in base
ad appositi piani di emergenza che andrebbero redatti rispettando varie
norme tra cui la legge delle Regione Piemonte numero 5/2010, articolo 4,
comma 2.
Peraltro i piani di emergenza, dove esistono, sono discutibili. Come
quelli delle prefetture di Torino e di Vercelli dove non è previsto
l'attacco terroristico, ma solo, come incidente di riferimento,
l'improbabile collisione con un'autobotte di benzina.
Per capire quanto siano insufficienti quei piani non ci vuole molta
fantasia. Basta immaginare cosa sarebbe successo se in Val Susa qualcuno
(non certo un italiano e tanto meno un valsusino, ma magari qualcuno
direttamente coinvolto dalle missioni italiane all'estero) avesse stato
fatto saltare in aria un ponte al passaggio delle scorie: il plutonio,
dopo aver definitivamente steso la valle, avrebbe fatto danni fino
all'Adriatico tra infinite quanto tardive discussioni sulla differenza tra
i pericoli inventati e i pericoli veri.
Questa sottovalutazione avviene perché nel valutare il rischio nucleare ci
si ostina a considerare solo danni derivanti da eventi naturali o
incidenti fortuiti e mai atti intenzionali come azioni belliche e atti di
terrorismo, effettuabili più facilmente durante il trasporto di scorie,
che, proprio per tale ragione, è uno dei momenti di massimo rischio.
Tale scelta ha l'effetto di sottovalutare il rischio per non doverne
sostenere il conseguente aumento di costi. Quindi meno costi per il
committente del trasporto e rischi per la collettività molto maggiori.
Almeno fossero di qualche utilità, quei trasporti. Almeno rendessero molto
meno pericolose le scorie. Invece no, perché pare che lo scopo principale
sia un altro: estrarvi plutonio per fare bombe e altro combustibile
nucleare come il “mox” usato anche a Fukushima. Quelle scorie ritornano
poi tutte in Italia con una radioattività ridotta di poco o nulla,
sull'ordine dell'uno per cento o giù di lì. A cosa servono quindi quei
trasporti? A chi convengono? Sarebbe il caso di approfondire il discorso
partendo dall'identità di coloro che vogliono continuare a farli.
Quei trasporti vanno perciò impediti a partire da quello, molto probabile,
del 10 luglio. E questa volta non più, come successe ad Avigliana, da
quelli a volto coperto a loro rischio e pericolo, ma direttamente da
quelli in divisa. Per le scorie nucleari, infine, va previsto un unico
tipo di trasporto: quello verso un deposito finale. Quella è la volontà
espressa dal popolo italiano e come tale deve essere rispettata.
Quelli che si opponevano ai referendum (e buona parte di quelli che li
hanno appoggiati in extremis) ora non possono far altro che provare a
scipparci il risultato. Per il nucleare non è passato nemmeno un mese,
mentre per l'acqua hanno cominciato da subito. Per questo la battaglia per
i referendum non è affatto finita e i risultati sono ancora lontani.
Nel frattempo è bene che la magistratura prenda in esame il comportamento
di coloro che, nascondendo i trasporti di scorie nucleari, hanno fatto
correre (e magari vogliono far correre ancora) seri rischi ad un grande
numero di persone inconsapevoli.
Tino Balduzzi
comitato antinucleare della provincia di alessandria
[email protected]
riferimenti:
http://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:1995-03-17;230
http://arianna.consiglioregionale.piemonte.it/ariaint/TESTO?LAYOUT=PRESENTAZIONE&TIPODOC=LEGGI&LEGGE=5&LEGGEANNO=2010
http://www.comune.avigliana.to.it/public/home_page/allegati/hp_321.pdf