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Regola 12: scelte catartiche

Creato il 10 maggio 2011 da Dallenebbiemantovane


No. 12 - There must be but one culprit, no matter how many murders are committed. The culprit may, of course, have a minor helper or co-plotter; but the entire onus must rest on one pair of shoulders: the entire indignation of the reader must be permitted to concentrate on a single black nature.

(N. 12 - Ci deve essere un solo colpevole, al di là del numero degli assassinii. E' ovvio che il colpevole può essersi servito di complici o aiutanti, ma la colpa e l'indignazione del lettore devono cadere su una sola ed unica anima nera)


Chiediamoci la ragione profonda di una regola così drastica.
È una questione di pathos? Certamente.
È una questione di climax? Anche.
È una questione etica? Non credo.
Ho un’idea: vado a rileggere il primo che ha analizzato la struttura drammatica dell’opera letteraria.

Tragedia dunque è mimesi di un'azione seria e compiuta in se stessa, con una certa estensione; in un linguaggio abbellito di varie specie di abbellimenti, ma ciascuno a suo luogo nelle parti diverse; in forma drammatica e non narrativa; la quale, mediante una serie di casi che suscitano pietà e terrore, ha per effetto di sollevare e purificare l'animo di siffatte passioni. Dico linguaggio abbellito quello che ha ritmo, armonia e canto; e dico di varie specie di abbellimenti ma ognuno a suo luogo, in quanto che in alcune parti è adoperato esclusivamente il verso, in altre invece c'è anche il canto).
(Aristotele, Poetica, VI libro)

Si ha l’unità del racconto non già, come credono alcuni, con il trattare di un’unica persona, perché ad una sola persona accadono molte cose ed anzi infinite, dalle quali, anche a prenderne alcune, non risulta nessuna unità; allo stesso modo, di un’unica persona molte sono anche le azioni che compie, dalle quali non risulta un’unica azione.
(...) Occorre dunque che, come anche nelle altre arti imitative l’imitazione è una quando è di un unico oggetto, così anche il racconto, poiché è imitazione di un’azione lo sia di un’azione sola e per di più tale da costituire un tutto concluso, ed occorre che le parti dei fatti siano connesse assieme in modo tale che, se qualcuna se ne sposti o sopprima, ne risulti dislocato e rotto il tutto, giacché ciò la cui presenza non si nota affatto, non è per niente parte di un tutto.
(Aristotele, Poetica, VIII libro)

Perché Aristotele insiste sull’unità d’azione? Perché è, molto semplicemente, il modo più efficace per procurare la catarsi (=l'effetto di sollevare e purificare l'animo dalle passioni prima suscitate), che è il fine ultimo della fruizione dell’opera d’arte.
Non so se Van Dine avesse studiato la Poetica; penso di sì, ma in fondo non ha grandissima importanza: ciò che importa è che entrambi si siano accorti di uno dei principali segreti della macchina narrativa, e che lo scrittore americano lo abbia coerentemente applicato al romanzo giallo.


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