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Regola 20: il gran finale di Van Dine

Creato il 16 dicembre 2011 da Dallenebbiemantovane

No. 20 - And (to give my Credo an even score of items) I herewith list a few of the devices which no self-respecting detective story writer will now avail himself of. They have been employed too often, and are familiar to all true lovers of literary crime. To use them is a confession of the author's ineptitude and lack of originality.

a)

Determining the identity of the culprit by comparing the butt of a cigarette left at the scene of the crime with the brand smoked by a suspect.

b)

The bogus spiritualistic se'ance to frighten the culprit into giving himself away.

c)

Forged fingerprints.

d)

The dummy-figure alibi.

e)

The dog that does not bark and thereby reveals the fact that the intruder is familiar.

f)

The final pinning of the crime on a twin, or a relative who looks exactly like the suspected, but innocent, person.

g)

The hypodermic syringe and the knockout drops.

h)

The commission of the murder in a locked room after the police have actually broken in.

i)

The word association test for guilt.

j)

The cipher, or code letter, which is eventually unraveled by the sleuth.

N. 20: E, per dare al mio Credo un numero pari di regole, ecco una serie di stratagemmi che nessuno scrittore di gialli degno di questo nome potrà più permettersi di adoperare. Sono già stati troppo sfruttati, e sono molto familiari a tutti i cultori dei crimini di carta. Avvalersene equivale a confessare la propria incapacità e mancanza di originalità.

a) Scoprire l'identità del colpevole mettendo a confronto la cicca di sigaretta trovata sulla scena del crimine con la marca fumata da un sospetto.

 

b)

La seduta spiritica fasulla che terrorizza il colpevole e lo spinge a confessare.

c)

Impronte digitali manipolate.

d)

L'alibi costruito mediante un fantoccio.

e)

Il cane che non abbaia e quindi rivela che l'intruso gli è familiare.

f)

L'attribuzione del crimine a un gemello, a un parente troppo somigliante al presunto colpevole.

g)

La siringa ipodermica e il sonnifero.

h)

L'assassinio commesso in una stanza chiusa, ma dopo che la polizia vi ha fatto irruzione.

i)

Il test delle associazioni di parole che indicano il colpevole.

j)

Il codice cifrato la cui soluzione viene alla fine trovata dall'investigatore.

 

 

 

 

Eh sì, siamo arrivati alla fine.

E non possiamo che dargli ragione, al Nostro: tutti trucchetti da sfigati, quelli elencati qui sopra.

Sia chiaro: non era uno sfigato il primo che li usò (esempio Conan Doyle e il suo immortale “Il cane non ha abbaiato”).

Ma il secondo era un pigro, il terzo un inetto irrecuperabile e, dal quarto in poi, dei gran copioni.

 

Sono passati oltre cent’anni dalla codificazione del genere, e ancora adesso c’è gente che usa il trucco della siringa ipodermica senza vergognarsi! (ogni riferimento ad Anne Holt è puramente intenzionale)

 

Ma un po’ di fantasia, diavolo. Altrimenti cosa fai lo scrittore a fare? Sforza quelle meningi, dimostra ai tuoi lettori che hai un briciolo di rispetto per la loro intelligenza, la loro cultura, non partirai mica dal presupposto che non abbiano letto, prima di te, i classici?

E se non li hanno letti, peggio per loro: vi meritate a vicenda.

 

Personalmente continuerò a preferire chi cerca di stupirmi con effetti speciali, che non vuol dire necessariamente ricorrere al paranormale, al fantasy, alla cialtroneria; ma piuttosto l’uso dell’inusuale, il battere strade mai percorse, a livello sia contenutistico che stilistico, lo humour, il non adagiarsi nella formula di successo, la creazione di personaggi indimenticabili; e sì, sicuramente l’escamotage che ci fa dire: “Oh, questa proprio mi mancava”. E non in senso negativo.

 

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