Ed ecco, con l’intesa separata del 2009 tra Cisl, Uil, Ugl e imprenditori, con la scelta Fiat di uscire dal contratto nazionale, l’inizio di quel terremoto nel sistema dei contratti di lavoro. Anche se finora non c’è stato un effetto di trascinamento. Salvare il contratto nazionale, osserva Carrieri, è utile anche per le imprese: è un argine per evitare la concorrenza al ribasso tra gli imprenditori. E’ necessario però “ripensarlo, ridisegnarlo, alleggerirlo”. Anche perché è sottoposto a un’erosione: ad esempio si sono aperti varchi alla contrattazione individuale. Il rischio è quello “di un progressivo svuotamento che lo renda formalmente vigente ma sempre più simile a un guscio vuoto”.
Le indicazioni sulle nuove regole possibili sono, per molti aspetti, in sintonia con quanto la Cgil ha varato in questi giorni col suo “progetto crescita”. Carrieri ad esempio suggerisce di definire uno spazio appropriato per i contratti decentrati, evitando di drammatizzare la questione delle deroghe per allargare il raggio di copertura. Altre regole riguardano la rappresentatività dei sindacati onde pervenire ad una “democrazia decidente”. E’ quella che Carrieri chiama una regolazione postfordista, alternativa a quella liberista e anche a quella, considerata insoddisfacente, praticata nei tentativi del governo Prodi. Un libro utile che può accompagnare la discussione nella Cgil.
E’ bene sottolineare come il recente documento approvato dal Comitato Direttivo, non dice solo che i nuovi Contratti “dovranno essere meno prescrittivi”. Passaggio che ha suscitato qualche scandalo. Appare ben più importante la scelta di rendere più forte e incisivo il ruolo delle rappresentanze aziendali. Un ruolo sempre respinto nel passato dalle controparti imprenditoriali. Così si auspica una contrattazione propositiva (spesso dimenticata) sulle reali condizioni di lavoro e non solo sulle componenti salariali come il premio di risultato. Nonché l’introduzione di regole per le forme precarie e atipiche di lavoro.
Certo la parola d’ordine non è il contratto nazionale non si tocca (così come a suo tempo non si disse “la scala mobile non si tocca”). E’ il tentativo di formulare un’alternativa ai problemi reali di un contratto nazionale che, come ha spiegato Carrieri, ha bisogno di essere rinnovato. Un’alternativa a chi invece intende renderlo lentamente un guscio vuoto.
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