TITOLO: Rehlandea- Figli del Fuoco
AUTORE: Marta C. Flocco
CASA EDITRICE: La Penna Blu Edizioni
COLLANA: Il Calamaio Azzurro
PAGINE:227
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2010
"Vi fu un tempo in cui Xehrgon, imperatore della Stirpe Oscura, scatenò una guerra contro Rehlandea. La furia dei draghi infiammò le città degli Uomini e devastò le città della Stirpe Arborea. Il nome di Rehlandea cadde nell'oblio.
Un'alleanza di Uomini e Arborei innalzò un'unica bandiera a guida di un disperato tentativo di difesa, ma quando la città di Namis venne distrutta, le sue ceneri disperse dal vento raggiunsero gli angoli più nascosti del Continente. Ovunque giunse la notizia che l'ultima capitale del mondo libeo era caduta.
Quattordici anni dopo, il Continente è un deserto puntellato di rovine e la Stirpe Arborea, sull'orlo dell'estinzione, è in guerra contro gli Uomini.
La speranza ha abbandonato i cuori dei sopravvissuti in un mondo dominato dall'odi. Fino ad oggi...."
Quando la forza di Xehrgon, il signore della Stirpe Oscura, minaccia l'intero Continente Nord Orientale, la Stirpe Arborea e quella degli Uomini si uniscono in un'alleanza guidata dai Due ( rispettivi) Re, Rehmoth e Maidern. Quando però anche l'ultima città libera, Namis, cade, le sorti dei Rehlandea sembrano rovesciarsi completamente.
Prima di abbandonare definitivamente la città, Maidern trova tra le sue rovine, bruciate dal fuoco di Haur, il drago di fuoco al servizio del Signore Oscuro, una bambina, una piccola della Stirpe Oscura che decide di portare con sè, consigliato dalla Dea Arborea, Reh.
Per i Due Re, costretti ad abbandonare Namis, non rimane altra scelta che raggiungere Ardelet, la città Arborea situata e protetta dalla Valle Arborea. Tuttavia, nè Rehmoth nè Maidern raggiungeranno mai la sicurezza delle sue mura, perché cadranno vittime di un'imboscata tesa dallo stesso fratello di Maidern, Mandred.
In seguito alla morte dei Re, tra Arborei e Uomini scoppia un'ostilità che si trascinerà per molti anni, acuita anche dal fatto che saranno gli Uomini ad insediarsi ad Ardelet, mentre i sopravvissuti della Stirpe Arborea devono ritirarsi sulle montagne e patire una vita di stenti e privazioni.
Ad Ardelet, sotto il controllo di Mandred, crescono Lalya, la figlia di Maidern, e Rehika, la bambina della Stirpe Oscura, cresciuta come un'umana e alla quale è stato imposto un nome arboreo, di cui si prende cura Serehnia, l'ultima sacerdotessa arborea.
Tutto trascorre pressoché tranquillo fino a quando, una sera, Rehen, principe arboreo, non si spinge fino ad Ardelet per uccidere Lalya e dimostrare in questo modo di essere un degno erede al trono. Ma tra Rehen e Lalya è amore a prima vista e l'arboreo non può far altro che ritirarsi nella foresta.
Nel frattempo, dopo quattordici anni, Xehrgon decide di sferrare l'attacco finale contro Ardelet, inviando Haur e una parte del suo esercito, guidato dal temibile Alexherion. Scopo della missione non è solo quello di distruggere la città, ma anche di catturare Lalya, che la dea Xeh a indicato al suo prediletto come lo strumento attraverso il quale potrà assoggettare tutta la razza umana.
Alla distruzione della città sopravvive soltanto Rehika, che si era recata nella foresta alal ricerca di Rehen. Quando i due apprendono del rapimento di Lalya, decidono di salvarla. Comincia così il loro viaggio, costellato - naturalmente- di difficoltà e ostacoli: l'ostilità della stessa Stirpe Arborea, che accuserà Rehen di tradimento e lo condannerà a morire insieme a Rehika tra le "sbarre di legno" di un albero sacro, la scoperta della vera natura di Rehika, non un'umana ma una occhirossi, dovranno fare i conti con lunghi viaggi e tradimenti ma potranno anche contare su alleati inaspettati, come ad esempio Tuomas, il capo dei ribelli che di oppongono a Xehrgon e che è riuscito miracolosamente a scappare dalle fucine dove il Signore Oscuro sta creando il suo esercito di automi. Alla fine, i tre rappresentanti delle tre stirpi riusciranno a riportare una importante vittoria sul signore ella Stirpe Oscura, ma Lalya rimane ancora tra le grinfie di Xehrgon.
Ci troviamo di fronte, come è abbastanza intuibile dalla sola trama, al più classico dei fantasy, che però, a differenza di quanto mi è capitato di leggere in altre recesioni, è manca di originalità. Si tratta ancora una volta, come già nel caso di "Ivengral" di Alfonso Zarbo (vedi recensione) di un libro che "non sta in piedi": è pieno zeppo di stereotipi e clichè, di incongruenze e di contraddizioni, di superficialità e banalità, tutti elementi che lo stile dell'autrice, abbastanza piatto e "normale", cioè senza elementi di pregio, non fa passare inosservati. Ho trovato numerosi influssi di altri fantasy: più volte ho avuto l'impressione che l'autrice avesse in mente "Il Signore degli Anelli" o anche "Eragon", ma probabilmente ci sono anche altre influenze che non ho saputo riconoscere. Ma andiamo con ordine.
Partiamo dai personaggi, di cui riporto la descrizione testuale del libro in corsivo:
- Rehika: una ragazza di diciassette anni dai lunghi capelli neri e i grandi occhi scuri. Era alta e magra; il suo fisico, allenato da ore di esercitazione con la spada e lunghe cavalcate, era atletico e vigoroso,( mmm... mi ricorda una certa Nihal della Terra del Vento... a voi no?)ben lontano da quello esile di Lalya di cui tutti ammiravano la grazia e la bellezza. Rehika, però, era contenta di questa diversità, di non essere una fragile fanciulla e di poter competere con la forza di qualsiasi uomo.
Sempre a proposito di questo personaggio, troviamo scritto che conosce la foresta che circonda Ardelet come le sue tasche, salvo poi sentirci dire che quella stessa foresta era per lei un mondo sconosciuto, e Rehika si sentiva come un essere estraneo, indesiderato, che la foresta cercava di respingere.
Poi, poche pagine più avanti, quando Rehen e Rehika si lanciano all'inseguimento dell'esercito che ha appena distrutto Ardelet, l'autrice ci informa che: La spada di Rehika, invece, era un'arma fomidabile, ma la mano che la impugnava non aveva mai ingaggiato uno scontro diretto con il nemico. Poche righe dopo, però ...Rehika si avventò sul primo cavaliere che incontrò e la sua spada compì un arco in aria, sibilando e scintillando alla luce della luna. La lama spiccò la testa dal collo del cavaliere, facendola rotolare a diversi metri di distanza. La stessa sorte toccava a ogni guerriero che si paraca davanti a Rehika. La ragazza era un demone che elargiva morte, si muoveva veloce e precisa, come la tigre della quale sembrava possedere la ferocia. Poi, passando al punto di vista di Alexherion: La sua attenzione era concentrata sulla ragazza umana che aveva già decapitato dieci dei suoi migliori guerrieri.Mai aveva visto tanta furia e potenza in una creatura femminile, nemmeno nelle poderose guerriere della Stirpe Oscura. Descrivendo i due personaggi al suo signore, Alexherion afferma che erano chiaramente inesperti nell'arte del combattimento, ciononostante hanno ucciso molti cavalieri di alto rango. Decisamente non male, per due "chiaramente insesperti" guerrieri!!
Ma le contraddizioni di Rehika non finiscono qui. Rehika, infatti, quando Rehen le parla per la prima volta degli occhirossi, vale a dire dei membri della Stirpe Oscura, rimane sconvolta nell'apprendere che esistessero creature simili: fino a quel momento il nemico da combattere era sempre stato il popolo arboreo, mentre adesso scopriva che esisteva un nemico ancora più grande.
Un nuovo nemico per Rehika, dunque? Ma allora come mai dopo troviamo scritto che Xehrgon era "il nemico di sempre"? E se davvero Rehika apprende dell'esistenza di questa nuova razza soltanto da Rehen, quando cioè Alexherion ha già abbattuto Ardelet, perché più avanti la stessa Rehika dice: Mandred parlava spesso di come molte guardie disertassero dai suoi eserciti per sostenere la ribellione alla Stirpe Oscura. Ma allora, Rehika, la Stirpe oscura la conosci o no?!? Prima rimani sconvolta nell'apprenderne l'esistenza, poi ti dimostri anche a conoscenza di caratteristiche personali dello stesso Xehrgon... o sei un genio e hai il dono della conoscenza infusa, oppure la tua creatrice ha prestato davvero troppo poca attenzione nell'elaborazione del romanzo.
Vi faccio notare quante righe abbia richiesto la descrizione ( delle contraddizioni) di un solo personaggio. Sembra fino incredibile che nessun lettore, nemmeno quelli della casa editrice, si sia mai accorto di niente.
Passiamo agli altri personaggi, partendo dalla figlia di Maidern:
-Lalya: la donna che, tra gli umani, porta dentro di sè la forza di un drago e un'anima di fuoco. Elencare tutte le sue caratteristiche, così come vengono sparse per il libro, sarebbe troppo lungo, ma in breve si può dire che Lalya viene presentata come la classica principessa che "ama la natura e gli animali, ha un cuore d'oro e una forza d'animo fuori dal comune, nascosta però da un'apparente fragilità e delicatezza". Oltremodo sensibile, tanto che le basta uno solo sguardo a Rehen per innamorarsene pazzamente e convincersi che anche il principe arboreo è follemente innamorato di lei e che correrà subito a salvarla dalla grinfie di Xehrgon.
Ma d'altronde in questo libro, uno scambio di occhiate è più che sufficiente per far innamorare pazzamente, follemente e direi anche piuttosto banalmente due personaggi. D'altronde, lo dicevano anche i poeti cortesi e stilnovisti: l'amore passa attraverso gli occhi. E allora via, un contatto visivo, quattro chiacchiere ed è subito amore eterno. E poco importa se fino a cinque minuti primi, nessuno dei due era a conoscenza dell'esistenza dell'altro, o se sono nemici.
- Rehen: come tutti gli Arborei, ha un animo limpido nel quale è facile leggere, è ovviamente un principe e l'erede al trono della Stirpe Arborea. Come tutti gli arborei ha la pelle scura e occhi verdi, ma verdi sono pure le lacrime. Porta con sè arco e freccie e ha un legame particolare con la natura. Possiamo definirlo, in poche parole, una variante "rehlandeliana" di un elfo. Il modo in cui si innamora di Lalya è, più che romantico, banale: vieni infatti letteramente abbagliato dalla luce di quella che diventarà in una manciata di secondi la sua amata. Leggete qua: La Lune si beffò di lui, guidandone lo sguardo verso il viso di lei, illuminato dai suoi raggi. L'arboreo ne fu abbagliato e le sue braccia persero ogni forza. Lalya sembra dunque brillare come una lucciola, ma non solo per Rehen: anche alcune falene, attirate dalla luminosa visione, volteggiano attorno a lei mentre le lucciole brillarono con più intensità, rispondendo a un muto richiamo. Chissà, forse Edison ebbe una visione simile quando decise di provare a creare la prima lampadina.
- Xehrgon: ha tutto quello che un Signore Oscuro degno di questo nome deve avere: veste sempre di nero, è assetato di potere, è l'unico a conoscere la lingua sacra con cui può mettersi in contatto con la dea Xeh, di cui naturalmente è il prediletto; è irascibile, disprezza gli umani e ha assoggettato la sua stessa razza. E' un esperto di magia, ha un fisico imponente ed è riuscito anche a controllare i draghi. Neanche a dirlo, è sempre di cattivo umore, e talmente orgoglioso che finirà per rifiutare i consigli della Dea. Quando è in scena lui la parola che ricorre di più è sicuramente "oscuro": credo sia il vocabolo più presente all'interno del libro, forse è presenti in ogni pagina addirittura. Ah, ovviamente le sue origini sono sconosciute.
- Alexherion: è il fratello di Xehrgon ed è secondo a lui in tutto. Abile guerriero dal cuore di ghiaccio, fedele fino al midollo al suo signore, eccetera eccetera
Poi ci sono anche i personaggi minori, che in questo libro sono poco più che comparse, ma che probabilmente avranno un ruolo di maggior rilievo nel secondo volume della trilogia ( che chissà quando uscirà). Troviamo Tuomas principalmente, alias la Spada di Namis, capo dei ribelli, dotato di una forza soprannaturale dal momento in cui riesce a scappare dalla capitale del Regno Oscuro con il marchio nero di Xehrgon, e che si unirà a Rehen e Rehika.
Un'altra contraddizione che balza subito all'occhio è la seguente: quando Alexherion attacca Namis, si trova ad affrontare, anche se a distanza, Serehnia, che riesce a sconfiggere grazie ai suoi poteri mentali: Il guerriero trasse un profondo respiro, irrigidendosi, poi scagliò tutto il suo potere contro la porta della stanza, mandandola in frantumi e investendo, come un'ondata in piena, la sacerdotessa arborea. Il braccio di Alexherion di distese, come se cercasse di afferrare qualcosa di invisibile di fronte a lui, le dita della mano si chiusero, tremando. Il respiro diventò un sibilo, un roco alito strozzato, come quello che stava esalando Serehnia dalle labbra cianotiche. Ancora un istante, poi il cuore della donna cedette.
Non sono un'esperta in medicina, ma credo che quando il cuore cede significa morte... coreggetemi se sbaglio. In ogni caso, Serehnia non muore affatto: quando Rehen e Rehika si addentrano nel palazzo per cercare Lalya, la sacerdotessa respirava ancora e intanto piangeva, perché era ormai troppo debole per proteggere la valle con un incantesimo (...) Ma se lei stessa si definisce troppo debole per invocare un incantesimo, perché poche righe più sotto la fa, sebbene con l'aiuto dei due giovani, senza tuttavia morire per questo? Mah, io non riesco a venirne a capo... Troppe incongruenze e contraddizioni per i miei gusti, tanto che, ripeto, mi pare fin impossibile che nessuno se ne sia accorto prima della pubblicazione.
Anche l'ambientazione, però, non è decisamente da meno. All'inizio del libro troviamo una mappa... in realtà un foglio bianco con qualche segno nero. Dunque, in tutto il Continente troviamo tre città: Baak, la capitale del Regno Oscuro, Namis, al centro delle Piane Amare e ad ovest del Rivomorte, e poi Ardelet, nella Valle Arborea, al centro di una radura perfettamente circolare. Vicino a Baak abbiamo il Nerolago, tra le cui acque troviamo la "residenza" di Xehrgon, poi abbiamo una serie di catene montuose dai nomi particolarmente originali: le Montagne d'Ombra, i Bastioni Orientali e le Montagne Nevose -(...)-. Non dimentichiamoci poi delle Gelilande, le terre congelate dal freddo.
Insomma, ci sarebbe voluto un lavoro molto più accurato e attento perché questo libro si potesse definire "bello" e "ben scritto", o quanto meno "piacevole". Chi ha letto già un discreto numero di fantasy, non troverà nulla di nuovo in "Rehlandea", chi ama la prevedibilità e il "già visto" farà invece i salti di gioia.