La sola via da percorrere per sovvertire in modo concreto e repentino la situazione è quella di operare dal di dentro, è necessario che chi ricopre ruoli significativi e detiene un certo tipo di potere, dall’interno di questa società, sappia reagire ed agire, attraverso la creazione di fatti concreti che squarcino il velo di regresso dietro il quale si nasconde e opera l’oligarchia del nulla, per lasciare immediatamente il posto al saper fare. Ciò consentirebbe di operare per la realizzazione di una nuova organizzazione sociale volta a garantire le necessità naturali della collettività, che inevitabilmente influenzerebbero positivamente e stabilmente il singolo, al quale si aprirebbe l’infinito orizzonte dell’espressione della propria diversità.
E’ proprio di questo che si è parlato nelle vicende che hanno caratterizzato “Voglia di Volare” nel suo divenire prima parole, poi frasi ed in fine pagine.
La diversità di cui parlo è un aspetto dell’Essere di alcune persone che non si vede e del quale non si parla. Tale diversità differisce da quelle più conosciute poiché non mostra i segni visibili e tangibile del suo divenire.
La diversità che intendo è profonda, celata all’occhio, non si parla di colore diverso, religione diversa, sesso diverso, aspetto fisico diverso, tratti concretamente individuabili, ma di diversità dell’Essere. Questo è un tratto non immediatamente riconoscibile, che non consente a chi interagisce con i pochi portatori di tale caratteristica di venire immediatamente a conoscenza del fatto di trovarsi in un confronto con qualcuno che pensa ed agisce fuori dagli schemi preordinati di quei troppo numerosi gruppi sociali, che si articolano attorno ad una ingannevole convinzione di libera e consapevole espressione di giusti valori.
Tutto ciò non consente al primo soggetto di attuare i consolidati comportamenti di repulsione e allontanamento repentino del diverso, mettendo in moto meccanismi ancora più perversi che sviluppano una immediata reazione di coesione, menzognera, che si trasformerà in repulsione e ghettizzazione di quel tassello che non è possibile collocare in alcuno schema.
Diverrà necessario l’ostracismo verso ciò che non si capisce, che fa paura, nei confronti di quel reietto che mostra la solida diversità del suo Essere, attraverso l’incondizionata supremazia di quei valori solo teoricamente e falsamente ostentati dai gruppi tra loro connessi, ma soprattutto percorrendo la via del fare.
Prima di soffermarci a riflettere su ciò che abbiamo fatto quando ci siamo trovati ad essere inconsapevoli protagonisti di un incontro del genere e come desideriamo realmente che si esprima il nostro essere, abbiamo la necessità di fare luce sul concetto di diverso, di altro da noi. Un concetto che necessariamente va compreso partendo dalle linee di individuazione e comprensione più comunemente condivisibili, esso si colloca all’interno di un’area molto vasta, compresa tra le macro-diversità e la multidimensionalità delle micro-diversità.
In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un repentino e forzato mutamento delle geografie dei popoli.
Una tale azione ha condotto gli individui verso un processo d’interazione multirazziale con movimenti che hanno contribuito all’attuazione d’impatti forti ed improvvisi.
Simili processi si sono articolati attraverso flussi d’imposizione massiccia e non seguendo movimenti diluiti e di lenta amalgama.
I gruppi stanno velocemente trasformando le loro organizzazioni sociali, dando vita a società multi-etniche che generano inevitabilmente un nuovo tipo di problematiche, non solo comunicative ma che abbracciano tutti i settori del quotidiano.
Questo nuovo scenario, che investe l’organizzazione di grandi e piccoli gruppi, s’inserisce in un quadro di problematiche già preesistenti.
Siffatte questioni sono il frutto del processo osmotico che intercorre tra i singoli individui, il sottogruppo e il gruppo al quale appartengono.
Come in un immaginario gioco di cerchi concentrici si parte dal più piccolo dei cerchi ed attraverso un processo di continuo interscambio ed influenze si passa ai cerchi più grandi, quali i sottogruppi e i grandi gruppi etnici, senza trascurare che si tratta di dinamiche in continuo movimento e soprattutto non operanti in senso unico.
La chiave di lettura di queste nuove informazioni, alle quali gli individui non sembrano essere prepararti, è situata proprio nella multidimensionalità soggettiva degli individui, ancor più in quella che si genera quando essi entrano in contatto con altri soggetti a formare organizzazioni sociali complesse.
Sciogliere i nodi di questa che all’apparenza può sembrare una macchinosa matassa è un’operazione che richiede un’analisi attenta ed accurata.
La metodologia d’intervento che ha dimostrato di poter assolvere questo compito è di certo quell’antropologica, che sebbene in forma acerba è contenuta nella natura di ogni essere pensante, attraverso i suoi strumenti è, infatti, possibile penetrare nel profondo di una cultura portando alla luce tutto ciò che resta celato ad ogni analisi superficiale o quantomeno legata a soluzioni meramente quantitative.
Operando in modo attento è possibile giungere alla conoscenza degli aspetti peculiari, ma anche d’affinità, che caratterizzano e per certi versi avvicinano i diversi gruppi sociali e singoli individui.
Essi modellano un popolo e possono creare barriere insormontabili, se sottovalutati o superficialmente analizzati.
Attraverso una metodologia d’intervento attenta alla multidimensionalità dei gruppi umani è possibile dimostrare come l’interazione tra gruppi diversi possa e debba avvenire attraverso procedure di conoscenza ed allineamento e non utilizzando tecniche invasive. Immaginiamo di far riferimento alla figura di cerchi concentrici in interscambio, citata in precedenza, e procediamo ad un’analisi che parta dal più piccolo dei cerchi; in altre parole il singolo individuo. L’intento è quello di mostrare la possibilità di percorrere una strada differente da quelle mostrate fino ad ora, per affrontare le problematiche dell’incontro tra stranieri ed autoctoni, ma anche i rapporti all’interno degli stessi gruppi autoctoni dove alcuni sottogruppi rischiano di divenire stranieri, senza trascurare la componente individuo che offre le sue peculiarità all’interno di un gruppo, incidente ancor più se si tratta di un piccolo gruppo.
In conformità a quanto affermato, questo tentativo di chiarire gli aspetti che si celano all’interno di una vicenda semplice e lineare, partirà da ciò che è considerato il punto d’origine dell’intera questione.
Partiamo da un esempio concreto che ci aiuterà meglio ad affrontare il percorso.
La maggior parte degli individui quando affrontano argomenti nei quali si parla di diversità cercano di mostrare d’essere scevri da ogni possibile pensiero o azione fondata su modelli standardizzati.
Tutto ciò accade solo in una fase che possiamo considerare teorica, poiché le informazioni che ci giungono dal quotidiano mostrano che le azioni degli individui si discostano grandemente da quanto espresso nel momento dell’esternazione teorica.
Il nucleo della questione è collocabile nella convinzione che gli individui hanno di possedere una categoria cognitiva nella quale collocare tutto ciò che viene percepito come diverso.
In realtà grandi moltitudini d’individui non possiedono una categoria cognitiva aperta con la quale gestire le numerose forme della diversità.
Ciò che è diverso è, appunto, qualcosa di “eso” vale a dire che si trova al di fuori, o che proviene da un ambiente esterno al soggetto agente.
All’opposto tutto ciò che è “endo” è situato all’interno, generato in altre parole nel nostro campo del conoscere.
Tutto ciò che appartiene alla sfera “endo” non genera alcun tipo di problema. Nel momento in cui dovesse sorgerne uno, la soluzione sarebbe reperibile al suo stesso interno, poiché ogni cosa che si trova in quest’ipotetica sfera delimitata è collocabile dagli individui in una determinata categoria. Nell’ambito di questo supposto spazio ben delineato, l’oggetto che vi prende posto assume dei caratteri ben definiti, riconoscibili e fruibili dal soggetto al quale appartengono le categorie.
I problemi sorgono quando gli individui entrano in contatto con qualcosa che appartiene alla sfera “eso”.
Ciò che si trova in questo campo, che possiamo considerare esterno al soggetto agente, non trova una sistemazione immediata nelle categorie esistenti, non viene riconosciuta dal soggetto come un elemento appartenente alla sfera “endo” quindi ricco d’elementi conosciuti e fruibili.
Continua…