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Rendete a Cesare quello che è di Cesare

Creato il 24 ottobre 2011 da Ambrogio Ponzi @lucecolore

Rendete a Cesare quello che è di Cesare

 
29ª DOMENICA del TEMPO ORDINARIO anno A


Vangelo  Mt 22,15-21
Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi. Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?". Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?". Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio". - Parola del Signore
  • Ci mettiamo in silenzio per disporci all’ascolto della Parola, perché trovi l’accoglienza e la disponibilità del nostro cuore.
  • La prima cosa è quella di ringraziare il Signore perché ci offre l’opportunità di ascoltare insieme la Parola, di poterla comunicare e vivere.
Il Vangelo ha due parti. La prima è una sorte di processo fatto a Gesù; la seconda è una difesa, una rivelazione che dà un senso nuovo alle domande. Gli scribi, i farisei, gli erodiani e tutti gli altri erano contro Gesù, eppure fanno, con malizia, un discorso traducibile in termini positivi. Ad esempio, viene detto a Gesù : "Maestro, sappiamo che sei veritiero…" e io vorrei rispondere con convinzione profonda : "È vero : Tu sei veritiero". Cosa c’è di più grande che dire ad un uomo: " Tu insegni la via di Dio! "? Tutto questo ci pone in un atteggiamento di attenzione profonda. È un mistero che si rivela attraverso la risposta di Gesù, che non è una furbizia o un’abilità per aprirsi la strada nei loro confronti. È la rivelazione di un mistero: l’identità di Gesù. All’apparenza, queste parole del Vangelo sembrano aride, sembrano essere una discussione come tante, invece si tratta di una rivelazione. Nella sua risposta, Gesù dice che la cosa principale è dare a Dio quello che è di Dio. Si tratta di una manifestazione: Dio ha diritto a tutto perché è il Signore e in questo diritto c’è la nostra felicità, perché quando noi cerchiamo veramente Dio troviamo noi stessi, perché tutto acquista senso, significato, valore, compreso gli scontri e le difficoltà della vita. Nella prima lettura ci sta dietro questo avvenimento: Israele, che era esule a Babilonia, viene liberato da Ciro. Ciro non sapeva di essere strumento di Dio. Dio salva il suo popolo attraverso uno sconosciuto. In questo modo si intravede come Dio è Dio; e come nella storia, pur dentro il travaglio e la libertà degli scontri, emerge l’azione di salvezza che avrà in Gesù il suo culmine. Vediamo con attenzione queste parole. "Dunque, di a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?" La moneta era coniata a Roma con l’immagine dell’imperatore per dimostrare e garantire il dominio dell’imperatore. La Palestina era sotto il controllo di Roma, e anche il processo di Gesù passa attraverso il giudizio del potere romano. Allora la domanda vuole ingannare Gesù. All’inizio si dice: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?" La risposta di Gesù è questa: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio ". Il discorso appare una schermaglia, una discussione; invece la domanda lascia emergere una domanda fondamentale: a chi appartieni tu? Chi è il tuo Dio? Chi tiene le fila della tua vita? A chi dai il tuo cuore? Appartenere a Cesare, anche nell’eventuale legittimità, è abbastanza formale: io sono italiano, sono nato il tal anno, faccio il seguente lavoro … ho così un quadro della persona, che però non riguarda il rapporto con Dio. Il rapporto con Dio ha una duplice esigenza: da un lato la rivelazione di una appartenenza singolare perché libera energie, e dall’altra dà al cuore e all’intelligenza dell’uomo la sua risposta piena. Questo fatto introduce un’altra osservazione: posso oggi io dire di appartenere a Dio? Ciascuno provi a rispondere a questa domanda. Non basta dire che per la legge umana sono cristiano. Nel censimento uno ad esempio segna con una crocetta la dicitura sono cattolico, ma in realtà sono davvero cattolico? Cosa vuol dire essere di Dio? Ci sono due dimensioni su cui è importante lavorare e vegliare. La prima dimensione va in profondità. Io non posso dire alla leggera, anche se la risposta può essere giusta, di credere in Dio. Cosa vuol dire questo? La mia mente lascia spazio a Dio? Mi preoccupo di Dio? Non è banale tutto questo. Non è che chiedo a me e a voi: credi o non credi, ma piuttosto voglio dire: qual è la dimensione di me che coltivo? Ogni giorno posso fare un passo in profondità e in avanti attraverso gli avvenimenti. La fede è dinamica. È un po’ come la pioggia e la terra; la pioggia va in profondità e ci vuole tanta acqua. Il bello dell’esperienza di Dio è che non finisco mai di cercarlo; e quando lo trovo, lo cercherò sempre di più, e più lo cerco più mi appaga e più ancora lo cerco. Diventa un cammino in profondità. Il rapporto di amore per sua natura è bello quando cresce, quando si approfondisce, quando va a fondo attraverso un cammino e il tempo speso al riguardo. Questo vale anche per l’amicizia. Spesso diciamo: è mio amico, anche se conosciamo molto poco l’altro. Dire ‘essere amici’ richiede ascolto e tempo per andare in profondità. Così con la famiglia: per essere madre e padre non basta generare un figlio, ma occorre aiutarlo a crescere. I santi, che sono gli amici di Dio in modo esagerato, avvertono questa fame: più lo conosci e più vorresti conoscerlo, più partecipi di Lui e più vorresti partecipare. Chi ha assaggiato Dio lo gusta di più, chi non l’ha ancora raggiunto non sa come esprimersi. La risposta di Gesù: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio" vuol dire entrare in questa relazione. La seconda linea ci dice di andare in senso orizzontale. La nostra vita è fatta di avvenimenti, fatti, persone, incontri, fatiche, gioie, tormenti, delusioni. Il problema è ricondurre tutto al Signore. Nel Signore trovo il significato e la risposta. L’attenzione è questa: come l’esperienza di Dio richiede di andare in profondità, richiede di andare anche in estensione, di non lasciar cadere nel vuoto nessun avvenimento o incontro. Su questo è importante lavorare con l’intenzione di aiutarci a vivere la vita come scoperta di Lui e di noi. La scoperta di Dio mi porta continuamente alla scoperta di me stesso. Il mistero di Dio mi porta al mistero che sono io. Il nostro essere qui lo sia con la speranza di aiutarci con le esperienze e i suggerimenti che il Signore, attraverso noi, offre a ciascuno e a tutti. Il Vangelo ci offre un ulteriore spunto: il rapporto tra la fede religiosa e la vita sociale. Pensiamo a Cesare come al governo. C’erano anche allora molti partiti: gli erodiani, gli scribi …. . Gesù non si è mai compromesso con loro, non era uno zelota. Tra gli apostoli aveva uno zelota che sognava la liberazione della Palestina da Roma. Di fronte all’insurrezione di chi cercava la liberazione, Gesù ha avuto un contatto molto forte con la sua realtà sociale, e le sue parole erano parole di fuoco; per questo è anche andato in croce. Gesù offre una passione per l’uomo e la sua dignità, per una vita di comunione, tenendosi libero da un legame troppo assorbente da rischiare di offuscare la libertà e l’orizzonte in cui egli stesso si poneva. Io non sono definito da un partito, anche se posso partecipare; quello che conta è che la mia appartenenza sia prima di tutto al Signore; e che sia questa la mia aspirazione per un aiuto reale e una collaborazione favorevole alla crescita dell’uomo. Ciò che interessa è l’uomo e il fatto che Gesù si è comportato così.
  • Sull’appartenenza al Signore: quali difficoltà trovate e quali aiuti? Chiediamocelo.
  • Vivere la coscienza e l’esperienza della nostra appartenenza con il Signore dà senso anche all’impegno che io porto nei confronti di Cesare.
Se amo il Signore, sono chiamato anche a rispondere ai bisogni della realtà, agli interrogativi, ai drammi, alle inquietudini. Il Signore non ci dice: devi essere di Cesare o di Dio, ma: se sei di Dio, devi essere in modo corretto per la persona e per la realtà. Consideriamo le suore di clausura: chi le visita, rimane stupito dal fatto che loro sanno tutto della realtà, sanno ciò che succede nel mondo. Chi ama Dio non può star fermo, e anche se sta fermo ha il cuore e la mente in cammino.
LIBERTÀ DEL CRISTIANO I cristiani non si distinguono dagli altri uomini né per patria, né per lingua, né per nazionalità; non abitano in città a sé stanti, non si servono di un linguaggio speciale, non conducono un genere singolare di vita. Abitano la loro patria, ma come gente che vi si trovi di passaggio, partecipano di tutti gli oneri pubblici come cittadini: per loro ogni paese straniero è patria ed ogni patria è terra straniera. ( A. Diogneto, II sec. )


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