Rendimenti Titoli di Stato ai minimi da oltre due anni. Spread sotto 250 sul decennale
Le ultime aste di gennaio hanno confermato il trend più che positivo del calo dei rendimenti titoli di Stato e che prosegue su tutte le scadenze.
Ieri è stata la volta dei BoT a sei mesi, assegnati per 8,5 miliardi al tasso medio lordo dello 0,731%, inferiore al precedente 0,949% registrato lo scorso 27 dicembre. In rialzo il rapporto tra domanda e offerta, pari a 1,65, contro l’1,57 di un mese prima.
Oggi, invece, spettava ai bond di medio-lungo termine. Il Tesoro ha emesso BTp a cinque e dieci anni rispettivamente per 3,5 e 3 miliardi di euro. In particolare, i BTp con scadenza novembre 2022 sono stati assegnati al rendimento medio lordo del 4,17%, contro il 4,48% di
fine dicembre, al di sotto anche del 4,21% registrato stamattina sul mercato secondario. In calo, però, il rapporto di copertura a 1,32 dal precedente 1,47.
Quanto ai BTp a cinque anni, erano titoli con scadenza novembre 2017, emessi al rendimento medio lordo del 2,94%, contro il precedente 3,26%. Si tratta in entrambi i casi dei tassi minimi dal 2010, in particolare, per i decennali, dei minimi dall’ottobre 2010.
E lo spread a dieci anni si restringe di qualche punto, scendendo dopo l’ultima asta sotto la soglia dei 250 punti base. Ormai un BTp decennale viaggia non oltre il 4,2%, ma con tendenza più al 4%.
Sul fronte del mercato primario, quindi, i rendimenti titoli di Stato si stanno normalizzando da alcuni mesi a questa parte. Restano, tuttavia, ancora spazi per una loro ulteriore discesa, sia per le scadenze brevi e brevissime, sia per quelle di medio e lungo termine.
Ad esempio, un BTp a dieci anni potrebbe vedere non tardi un rendimento battuto all’asta sotto il 4%, mentre dovrebbe proseguire anche la discesa dei rendimenti infrannuali, così come delle scadenze oltre l’anno, che risentono ancora delle tensioni non del tutto sopite sui mercati finanziari.
Non è escluso, però, che qualche ritorno delle tensioni possa avvenire alle aste di fine febbraio, cioè quelle prossime (prima o dopo) alla data delle elezioni, specie se il risultato elettorale dovesse confermare i timori di ingovernabilità, per cui si ritornerebbe a vedere una risalita dei rendimenti titoli di Stato.