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Renzi e Letta ai ferri corti

Creato il 12 febbraio 2014 da Casarrubea
Renzi e Letta

Renzi e Letta

Non sono condottieri come Anselmo e Orlando nella battaglia di Roncisvalle, che si immolano per Carlo Magno. Non c’è nessun impero da difendere anche se a osservare le scene costruite per questa nostra Italia, paese di arte e un tempo di scienza e di grandi navigatori, sede insostituibile del mady in Italy in tutto il mondo, di operosità e abnegazione, viene un certo magone, e un fuorviante pessimismo. Costatiamo, infatti, dove siamo arrivati e quanto sia difficile risalire da qui in superficie.

Anche Napolitano, navigato ed esperto delle cose della quotidianità politica, pare abbia da qualche tempo abbandonato il suo ottimismo, attaccato, non sempre a torto, da mille parti. A un giornalista che oggi lo interrogava sulla staffetta Letta-Renzi, ha risposto laconico che si vedrà domani cosa dice il Pd. E cosa può dire il Pd? Forse sarebbe bene che non dicesse niente perché non pare cosa legittima che un partito indichi al capo dello Stato, che ne ha prerogativa unica ed esclusiva, chi deve essere prescelto per questo ennesimo avvicendamento di gente di una presunta sinistra alla carica di capo del governo. Come sempre abbiamo saputo, a meno che non siano cambiate le regole senza che ce ne siamo accorti, è il capo dello Stato che sceglie nella sua autonomia di giudizio. E se la persona prescelta non riesce ad avere il consenso della maggioranza, è sempre il capo dello Stato a individuare un altro incaricato. Non il primo che balla il rock and rool, o che si dimostra più scoppiettante degli altri. Ma ormai non c’è più certezza, e lo stesso Napolitano, del quale non condivido, come ho detto, diverse cose, subisce i contraccolpi delle malelingue.

Letta fa un ragionamento formale ineccepibile. Dice che il suo governo è sorretto da un patto di maggioranza con il nuovo centro destra e che non è per niente corretto cambiare il cavallo in corsa, a meno che non intervenga un atto di sfiducia da parte del Pd. Io sarei ancora più restrittivo perché quello che pensa un partito ha un valore relativo. Conta il voto del Parlamento, l’unico preposto a esprimere sfiducia nei confronti di un premier o un ministro o lo stesso capo dello Stato. E allora che succede? Letta non è stato abbastanza veloce e deciso nella sua azione di governo, tanto da meritare ora di essere sfiduciato? Non sappiamo se Renzi con la sua velocità avrebbe condotto a migliori esiti i risultati ottenuti da questo governo. Il problema, ripeto, è di ordine formale, perché le forme sono il riflesso della democrazia. E che in questo momento qualcuno giochi allo sfascio è un fatto che cade sotto gli occhi di tutti. Dalle primarie del Pd a oggi Renzi si è infilato ogni giorno di più nel meccanismo infernale della sindrome egocentrica del suo super-io, fino a sfiorare la mania dell’onnipotenza. Questa sindrome si è manifestata attraverso diverse forme di irrequietezza e di decisionismo, fino al risultato di concepire l’avversario politico come alleato e il suo compagno di banco come nemico. Come se i dati negativi non fossero gli atteggiamenti strumentali degli altri, la complessità della situazione, i comportamenti oggettivi del capitalismo e le sue manifestazioni di sfruttamento della manodopera e i licenziamenti. Con la conseguente messa in crisi delle imprese e del ceto medio. In questo suo agitarsi Renzi ha scambiato lucciole per lanterne e ha visto nella rivalutazione di Berlusconi, non un errore politico di legittimazione, ma il risultato di un accordo. Non ha tenuto conto, inoltre, che una vera riforma elettorale non consiste nell’impedire ai cittadini di scegliere i propri candidati, o nell’affidare ai segretari politici il compito di scegliersi i loro leccapiedi in Parlamento, ma in un’operazione inversa, pur mantenendo relativamente alta la soglia di sbarramento per l’accesso alle Camere. Il vero fatto è che nessuno sa di preciso quale forma avrà il nostro ordinamento futuro, mentre nell’assenza di ragionevolezza, prevale lo sgomitare con l’implicito significato di ‘levati tu che mi ci metto io’. Tutto qua. E questo è umiliante per gli italiani di buon senso. Specialemte nella situazione in cui viviamo.

Quindi, sostituire Letta con Renzi, mi pare una operazione del tutto inutile e dannosa. Inutile perché non cambierebbe niente nel quadro della nostra politica nazionale e internazionale; dannosa perché convincerebbe gli italiani ancora dubbiosi dell’incapacità e rissosità della sinistra. Al contrario, il compito di questa mi sembra debba essere un allargamento del patto di ricostruzione nazionale che isoli la politica del disfattismo grillino e scelga le forze più sane del nostro Paese per un progetto unitario di rinascita della nostra economia e della nostra società. Non a parole, ma con scadenze verificabili.

GC


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