Nel corso di una trasmissione dedicata ai commenti post elettorali qualcuno domandava se il 40,8% degli italiani che ha votato PD, decretandone l’enorme successo, avesse in mente il partito o il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, al momento di depositare il voto nell’urna.
Io non ho dubbi: la gente ha scelto di dare fiducia a una persona prima che a un simbolo. Perché sono le persone che danno o tolgono valore a una formazione, a una squadra o a un’azienda. In alcuni casi questi soggetti sono dei leader riconosciuti e ammirati, ma per il buon funzionamento di un gruppo è indispensabile che ognuno giochi al meglio nel proprio ruolo, piccolo o grande che sia.
Nel caso di Matteo Renzi mi pare evidente che a vincere sia stata la moderazione (che non è sinonimo di inerzia) contro l’invettiva urlata, la proposta civile contro quella che, se c’è stata, non si è intesa perché sopraffatta dal turpiloquio. Buon senso costruttivo contro rabbia distruttiva.
“Non c’è più rispetto” cantava Zucchero già parecchi anni fa e le cose non hanno fatto che peggiorare. Non si tratta di essere moralisti e bacchettoni, di negare le libertà altrui o di volere per forza insegnare qualcosa a qualcuno. Il rispetto è un principio che dovrebbe nascere e morire con l’essere umano. Invece, in alcune esistenze, non fa nemmeno una tardiva comparsa.
Oggi ci si sorprende quando qualcuno lavora particolarmente bene, quando usa espressioni educate, quando mostra gentilezza e altruismo, quando fa un complimento. Non dovrebbero essere comportamenti “normali”, laddove per normalità intendo modalità di interazione umana desiderabili?
Mi è capitato di fissare appuntamenti con personaggi noti a livello mondiale per i quali il mio modesto sito internet rappresenta la briciola di pane su una tavola imbandita, e di ricevere da loro un’accoglienza e un’attenzione sorprendenti. Puntualità, disponibilità, umiltà, simpatia. Gente che il rispetto lo vive come un dovere assoluto, a prescindere da chi ha di fronte.
Ma ho anche vissuto la frustrante esperienza di aspettare per giorni e ore la chiamata di addetti stampa che dovrebbero farti incontrare individui, nemmeno tanto conosciuti, che si permettono di fare le star e usare il tempo degli altri a proprio piacimento.
Ho chiacchierato con una scrittrice molto nota che, senza avermi mai visto prima, mi ha lasciato il suo cellulare dicendomi «se hai bisogno di contatti o informazioni, chiamami», ma ho anche conosciuto persone che fanno cadere le loro parole dall’alto, come grandi concessioni.
Rispetto, senso della responsabilità, etica. Parole svuotate di significato a meno che non si interagisca con qualcuno utile ai propri scopi. Se sul mio biglietto da visita invece de Leultime20 ci fosse stato il logo di una famosa Tv avrei avuto lo stesso trattamento? Fate voi.
Quando scrivo, penso sempre ai miei figli. Al mondo in cui si troveranno a vivere da adulti. Un mondo che in qualche misura avrò contribuito a costruire.
Ecco perché credo che ci sia bisogno di lavorare in serenità, potendo contare sui nostri interlocutori, interagendo con persone etiche e professionali, organizzate e disponibili, propositive e motivate, entusiaste ed empatiche. Persone che conoscono il significato della parola rispetto. Persone che amano quello che fanno e che credono che il loro comportamento possa fare la differenza. Per se stessi, per la propria famiglia, la propria azienda, per l’intera società.
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