Magazine Diario personale

Replicozze scelte - "grisù superstar"

Da Zioscriba


grisù superstar
Un giorno inqueltempo il Buondio Motta si accorgette che era diventato antipatico alli uommini (forse perché aveva accoppato qualche tonnellata di Gericani e Giziani, ehssìssì ehggià, credo proprio che aveva esagerato un po’ troppettino) e che tutti li dicevano le brutte parole, ma proprio di quelle proprio brutte brutte. Ma brutte.
  
Ineffetti ammemmipare che per essere un Buondio ce ne avesse mannate un potroppe di guerre, pestilenze, flatulenze e ucarestie.
Perché ma allora minchia i Dii cattivi che minchia spediscono, pacchi di namitardi per i neonati infantili?
Ci mannasse un po’ più di manna sto cornuto!
Allora per fare la pace il Buondio Motta mandò giù Grisù Superstar, il draghetto buono con l’alitosi che vuole fare dagrande il pompiere.
Solo che però a volte si dimentica di essere un drago, e allora presempio purtroppo ha seccato una pianta di fichi che passava di lì per caso.
E unaltra volta gli è scappato un rutto nell’aqua che è diventata tutta rossa e quegli imbecilli si credevano che era diventata vino e si scottarono come tordi alla fiamma e allora ci fu l’invenzione della lingua flambé.
Con l’alitosi soccazzi.
Unaltravolta poi basta la smetto seppellì vivo un certo Lazzaruzzo dicendo tranquillo che poi ti risorgo ma Lazzaruzzo morette, e quella fu invece l’invenzione del sceminterrato. (Approfondisci in classe: riflessioncina sull’estrema, drammatica transitorietà dell’espressione “sepolto vivo”.)
Da grande il Buon Grisù riuscì a coronare il suo sogno, ma siccome gli altri pompieri del Mapez Sció non si fidavano a lasciargli spegnere gli incendi, lui se ne stava tutto il giorno in caserma a raccontare parabole, che sono delle cose che si sa da dove partono ma non si sa mai dove ti arrivano sul grafico ascisso e delle volte puranco in culo, e gli altri pompieri gli dicevano che era molto meglio se raccontava qualche barzelletta zozza che almeno si capiva, oppure che stesse zitto e li lasciasse riposare in pace e la smettesse di rompere i cugliuna, solo che il problema è che se stava zitto sbadigliava e dava fuoco alla caserma, e allora gli altri presero l’abitudine di legarlo e imbavagliarlo e nel trambusto ci scappava anche qualche calcio e una qualche badilata ma non facevano apposta, e allora lui diceva padre perdonali perché non sanno quello che fanno e gli altri gli rispondevano senti chi parla brutto incendiario vaffanguglia.
Comunque tutte queste parabole non satellitari spaccano una volta per tutte una lancia in testa, aprendo breccia n’il cranietto stronzettino, a tutti quelli che dicevano che Grisù fusse comunista.
Ci sta la parabola padronale schiavista del vignaiuolo berlusconiano formigoniano (se lavori e produci bene altrimenti crepa), c’è quella capitalistica finanziaria dei talenti (se hai moneta da investire bene altrimenti schiatta) e c’è quella nobiliare classista del figliol stronz, pardòn, del figliol prodigo (se nasci nella famiglia giusta puoi combinare tutto sommato quel cribbio che vuoi, che tanto le chiappe ce le avrai sempre coperte).
Grisù Superstar perì a trentatré anni nell’incendio di un tronco a cui s’era legato per scherzo, poco prima di starnutire, ma ancora adesso, a distanza di duemila anni, milioni di piromani sperano nel suo magico ritorno, o che almeno si decidano finalmente a replicare il Mapez Sció, che di tutti questi cartoni giapponesi ne abbiamo francamente pieni i limoni. Nel frattempo qualche testa di cappero ci ha fatto pure un miùsicol, altri ci hanno speculato sopra con gadget macabri di ogni tipo, e li han saputi piazzare dappertutto, che al confronto quelli della banda di Guerrestellari sono poveri dilettantucoli senza fantasia (avete mai visto Obiuànkenobi appeso in qualche aula scolastica?!)


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