Prima di parlare dell'inquinamento delle nostre acque, Milena Gabanelli ha voluto lanciare un appello,per i due marò appena rientrati dall'India dove, per il reato che viene loro contestato, rischiano la morte.
In base al diritto internazionale, dovrebbero essere processati nel loro paese, qui in Italia: potremmo, anche questa volta, non rispettare gli accordi e fare qui in Italia il processo, dove sconterebbero l'eventuale pena. Non lasciamoli strumentalizzare dalla cattiva politica: la nostra immagine, nel mondo, è offuscata anche da queste cose (oltre che dal bunga bunga, dalle mafie, dalla corruzione).
L'inchiesta di Piero Riccardi.
Chissà se anche la tutela
dell'ambiente, e in particolare delle nostre acque, è cosa “arcaica”
e “perniciosa” che non trova spazio nell'agenda Monti.
Come la
tutela di chi viene licenziato senza un valido motivo, o per una
discriminazione.
Il servizio del giornalista di Report ha parlato
di due fiumi che sono stati trattati dalle imprese come fossero delle
discariche. Tanto l'acqua scorre e porta tutto via.
L'inquinamentodel fiume Sacco, nel Lazio: un fiume, un ecosistema distrutto dal
Lindano, un fertilizzante prodotto dalla Snia BDP di Colleferro.
E
poi la bomba ecologica della discarica scoperta sul fiume Pescara:
qui l'azienda che ha inquinato sarebbe stata la Montedison (ma c'è
un processo in corso, che dovrà stabilire le responsabilità e i
danni). Il fiume Pescara e i suoi affluenti dono sono finiti gli
scarti di lavorazione della Bussi, come l'Esacloretano.
In
comune questi due episodi hanno che sappiamo tutto: chi ha inquinato (processi a parte, quando qualcuno viene ucciso
in una stanza chiusa è il maggiordomo l'indiziato), perché lo ha
fatto, e quali sono i danni. Ma chissà come mai, in Italia è
difficile far pagare i danni a chi inquina. La legge organica di
tutela delle acque è arrivata, perché lo ha chiesto l'Europa, solo
nel 1999. Chi inquina e distrugge l'ambiente, distrugge le attività
agricole e di allevamento vicino alle sponde del fiume, compie
un'opera di terrorismo ambientale.
Causa un danno che non si
ferma alle generazioni passate e presenti: è un danno che si
ripercuote su chi verrà dopo di noi. Non solo dal punto di vista
sociale, per le malattie contratte da chi si è alimentato con le
carni di animali contaminati (gli animali li abbattiamo, cosa
facciamo con le persone?). Non solo un danno economico, perché alla
fine è difficile in Italia far pagare questi danni alle imprese. È
soprattutto un furto a chi verrà dopo di noi, cui non abbiamo saputo
consegnare un ambiente (i fiumi, le montagne, i prati) come li
abbiamo trovati noi.
L'acqua potabile rappresenta solo lo 0,5%
del totale delle acque del pianeta: ogni fiume inquinato, ogni lago, ogni falda, è una parte
che si sottrae a questa percentuale. L'acqua è preziosa, non solo
perché dobbiamo bere per sopravvivere. L'acqua viene usata anche
nelle industrie, per la produzione di beni e di alimenti. Una camicia
in cotone o un hamburger da Mc Donalds. Anche questo sfruttamento
idrico, non più sostenibile, è qalcosa che dovremmo rivedere.
Il
servizio di Piero Riccardi ha ricostruito la storia dell'inquinamento
del fiume Sacco: i giornali ne hanno parlato nel 2005, ma la Asl e
l'ATA sapeva già dal 2003. La centrale del latte di Roma, che aveva
bloccato solo il latte di un allevatore, ha aspettato mesi prima di
denunciare. C'era già stato un processo, concluso nel 1990, con
l'assoluzione dell'AD Enrico Bondi (che rientrerà anche
nell'inchiesta sul Pescara), per la parte relativa al fiume
Sacco.
Per decenni la Snia gettava le sue scorie, per la
lavorazione di pesticidi in fusti gettati in un campo. Questo ha
causato l'inquinamento dei terreni: tutti sapevano quanto poteva
essere pericolo. Lo sapeva l'azienda, lo sapevano gli operai. Ma il
lavoro è il lavoro, e il profitto e il profitto. Anche quando uccide
un fiume e avvelena le persone.
E i fiumi: nel Sacco finivano le
acque dell'azienda, piene di beta-esaclorocicloesano, senza passare
per il depuratore.
Dal 1990, si è dovuti arrivare al 2005,
all'inchiesta che ha iniziato a tirare in ballo anche le acque del
fiume, per arrivare ad una bonifica dei terreni. Il processo del 1990
non cercò l'inquinamento nel latte e nel fiume (ma solo nei
terreni). Il caso ha voluto poi che Bondi, come commissario di
Parmalat, era a capo anche della Centrale del Latte di Roma, quella
che ha aspettato diversi mesi prima di denunciare il latte
avvelenato.
Bondi, oggi chiamato per l'operazione di spending
review, fu assolto in quel processo: non sapeva né era responsabile. E gli operai della Snia furono licenziati da Bondi nel 1993.
Oggi, la stessa molecola che ha distrutto il fiume, si trova nelle
persone anziane.
Tutti si sono adeguati a questo andazzo, di
inquinare le acque: un modello produttivo criminale per cui, alla
fine, nessuno paga.
Sintomo di una nostra scarsa attenzione al
bene pubblico: tutto quello che non è di nostra proprietà, può
essere usato a nostro piacimento. Se serve alle aziende per
risparmiare sui costi di smaltimento, ben venga gettare le scorie in
fiumi. Si risparmia a danno delle generazioni future.
La bomba
ecologica del Pescara.
Scoperta nel 2007, è considerata la
discarica illegale più grande in Italia: qui, nei terreni, la Bussi
(e altre aziende) ha gettato gli scarti delle lavorazioni
industriali.
All'inquinamento dei fiumi, si è arrivati però, per
l'impegno del professor Croce, che dopo aver sentito la notizia della
discarica, ha fatto analizzare le acque e terreni e a sue
spese.
L'acqua era inquinata dall'Esacroletano, e questo ha
collegato la discarica di Bussi all'acqua di rete.
Dal 2004 gli enti sapevano tutto, Asl,
Ata, regione. Pensavano di risolvere la questione con la miscelazione
dell'acqua, opzione proibita dal ministero. E poi con l'adozione di
filtri, che hanno inquinato di più, però.
Chi inquina paga?
No, nemmeno in questo caso. La fabbrica di Bussi era di proprietà
della Montedison, poi passata alla Solvay. Nessuno si addossa le
colpe: Mondedison dice che la Solvay sapeva.
Oggi il processo è bloccato, per un
problema di lucchetti scambiati: le parti civili sostengono che
l'azione della difesa tende a dilatare i tempi per arrivare a
prescrizione.
Al momento, l'intera zona non è bonificata: il
costo del “cappello”, per proteggere la superficie dei terreni, è
di 1 ml di euro.
La soluzione definitiva sarebbe un sarcofago,
come a Chernobil: costo complessivo 80 ml di euro. Che Montedison non
vuole pagare.
MILENA GABANELLI IN STUDIOL'importante, come al solito, è il profitto dell'impresa privata.
Riepilogando, i nomi delle aziende sono noti, che cosa hanno prodotto pure e sono le
stesse sostanze che sono state trovate nel fiume. Quando partono le indagini è
inquinato il pozzetto a valle della Montedison, quando parte il processo il pozzetto a
monte della Montedison. Ora, siccome il sito è sotto sequestro e le chiavi del lucchetto le ha la forestale ci si chiede, ma è stato un errore, è stato manomesso, o l’acqua va in su? Ora per bonificare ci vogliono 80 milioni, è probabile che se la caveranno con i 12 che servono per impacchettare tutta quella roba. Dopodiché c’è lo stabilimento, alla Montedison è subentrata la Solvay che adesso dice: io me ne vado però in futuro nessuno mi deve chiedere conto se su questi terreni verrà trovato qualcosa che non va e qui si fa avanti Toto, quello dell’ Air one, che durante la vendita di Alitalia è riuscito a ripianare tutti suoi debiti, e Toto dice: mi prendo l’area dismessa, ci faccio un cementificio e salvo 100 posti di lavoro, ma non mi dovete chiedere di pulire perché non sono stato io ad inquinare e allora chi bonifica? E qui ci pensa un emendamento i cui padrini sono Gianni Letta e Marini che spostano 50 milioni dai fondi per il terremoto per metterli in una bonifica per reindustrializzare esattamente bonificare per reindustrializzare. In sostanza il commissario pulirà là dove mette i piedi Toto, intorno no però si dirà che alla fine tutto è stato bonificato anche se non è vero.
Come a Colleferro, anche qui spunta il nome di Bondi, ex AD di Montedison, che non ha accettato di rispondere alle domande di Report.
Il ministro Severino, che ha difeso il vice di Bondi e la Montedison a Pescara, ha risposto dicendo che da ministro, non può rispondere delle sue attività da avvocato.
MILENA GABANELLI IN STUDIODi storie come quelle che abbiamo visto, purtroppo, in Italia ce ne sono tante, ma vale la pena di ripercorrere la cronologia di questo stabilimento: la Bpd faceva esplosivi, poi è arrivata la Snia che faceva prodotti chimici, poi la Fiat che faceva missili, alla fine i terreni sono finiti in mano a una immobiliare che è posseduta da una società olandese che ha la sede presso Banca Intesa ad Amsterdam, e che adesso si prende 60 milioni per farsi un po’ più in là. Intorno un fiume è morto e un sarcofago sui terreni permanente. A volte però la storia si ripresenta. Enrico Bondi si è trovato, la sorte ha voluto, che si trovasse sulla riva di un fiume inquinato e poi dall’altra parte sugli effetti prodotti da quell’inquinamento. Bondi è stato amministratore delegato della Montedison che possedeva lo Stabilimento di Bussi sul Tirino, della Snia Bpd che produceva i pesticidi i cui scarti di lavorazione sono stati trovati nel 2003 dalla centrale del latte di Roma controllata dalla Parmalat, proprio mentre Bondi gestiva la Parmalat. La notizia è esplosa due anni dopo, quando Parmalat con dentro Centrale del latte ha chiesto la riammissione in borsa. Abbiamo chiesto a Bondi un’intervista su questo argomento ma ci ha risposto che non è sua consuetudine concedere interviste.Precisiamo che nel latte oggi non ci sono problemi, ma i problemi sono quei terreni equel fiume. Poi c’è Paola Severino, oggi è ministro della Giustizia, nel 1993 avvocatodifensore del vice di Bondi nella questione che riguarda le discariche non autorizzate di Colleferro, e fino all’anno scorso difendeva Montedison nel processo di Pescara. Alministro Severino avremmo voluto fare una domanda semplice: perché in Italia è così difficile applicare una norma chiara: chi inquina paga? La risposta è stata: “da ministro non posso esprimermi su fatti che mi hanno vista coinvolta come avvocato”.E nel frattempo noi stiamo consegnando a chi verrà dopo di noi un paese pieno di sarcofaghi.
Il link per rivedere la puntata, e il PDF con il servizio.