Noi costruiremo delle città senza case e senza vie / senza prigioni e senza odio /
dove verranno a dormire uomini senza nome e senza titoli
Armadou Lamine Sall
Fino al 1904 capitale del Senegal, Saint-Louis fu scoperta e battezzata dai colonizzatori francesi a metà del Seicento, ma il nome originale in lingua wolof è Ndar. Si trova al limite nord del Paese, a 250 km da Dakar e proprio al confine con la Mauritania. In realtà si tratta di una vera e propria isola, perché ha una struttura a banchine ed è situata proprio su un’isoletta tra due foci del fiume Senegal – per questo dal 2000 è patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
Caotica e multicolore, Ndar vive la sua quotidianità con estrema e intensa semplicità, tra le piroghe dei pescatori tutte dipinte con i colori primari, le vesti delle loro splendide mogli e i banchetti dove si vende il pescato, appena oltre il ponte che unisce le due rive. I bambini in età scolare frequentano scuole in cui sono molto seguiti e durante i giorni di festa, quando le scuole elementari interrompono le loro attività, passano le mattinate all’interno della scuola coranica, dove i più piccoli stanno ammassati per terra su un grande tappeto a imparare la fede da un giovane serio e assennato.
Camminare tra le sabbiose vie del quartiere popolare dei pescatori è un’esperienza che va al di là del semplice muovere le gambe alternando i passi, al di là del semplice voltarsi di qua e di là alla risata di un bambino o al verso di una capra. Se ci si addentra nel fitto labirinto di stradine e cortili, case e spiazzi, moschee e mercatini, sembra impossibile poter tornare indietro. Le strade sono tappezzate ai lati da interminabili file di lenzuola dalle mille tinte e sfumature, perché le donne che fanno il bucato in secchi all’aperto, tra i passanti, non avrebbero posto per stenderli in casa. I grovigli di bambini sembrano moltiplicarsi ad ogni angolo e così anche gli animali addomesticati, soprattutto pecore, capre e tacchini, ma anche cavalli da calesse e qualche pellicano, che i bimbi più coraggiosi si divertono a stuzzicare.
È tutto un vociare di anziane signore che contrattano il prezzo dei loro pesci, tutti buttati per terra sotto i loro piedi, e che un po’ spettegolano, un po’ si lamentano. È tutto un pullulare di ragazzi che tornano dalle battute di pesca notturna e di ragazze che mettono i vestiti migliori per attirare la loro attenzione: un marito pescatore assicura un certo avvenire di benessere e ricchezza perché, nelle acque del Senegal, il pesce di certo non manca.
Finchè poi, dietro tetti di lamiera e foglie, dietro banchi immensi di pesce essiccato al sole e salato a mano in superficie, la spiaggia. Bagnata dall’acqua blu cristallo del mare senegalese, nasconde tutto un mondo al suo procedere bianca e umida. Le bambine vi si siedono con la sorprendente grazia che le contraddistingue e giocano con la sua sabbia, i bambini vi intraprendono incontri di lotta pieni di competizione e affetto, solarità e precisione.
Tengo in bocca il sapore caldo e dolce del kinkeliba e con uno sguardo all’orizzonte, così fresco e propiziatorio, saluto il Senegal. In questo luogo, crocevia di culture e sorti e sogni, c’è l’unico cimitero al mondo in cui i morti musulmani e cristiani riposano insieme in pace.
Ed è all’oceano che tutto ritorna. Bachikanam.
fotografie e testo di Valeria Gentile
[senegal]
Magazine Società
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