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Resisti Gaza, siamo tutti con te.

Creato il 16 novembre 2012 da Giornalismo2012 @Giornalismo2012
Gaza1

-Di Karima Al Zeer

Stanno attaccando Gaza, la mia amata Gaza.
Jaabari è stato ucciso.
La verità è che non mi sembra vero.
Sono morti anche dei bambini.
La mia mente vaga in quella terra
flash di immagini e ricordi si susseguono.
Resisti Gaza.
Resisti Palestina.
Resisti mio amato popolo.

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“In Israele si moriva di paura, mentre a Gaza si muore per davvero. Non è una differenza da poco, ma per la maggior parte dei mass media la differenza non si vede. O si vede al contrario, attraverso una lente deformata e giustificazionista del “diritto alla sicurezza”. Un neonato di 11 mesi carbonizzato da un missile israeliano, una bimba di 4 anni e una di 7 uccise da una bomba, una dozzina di bambini in fin di vita, hanno diritto a minor comprensione di un bambino israeliano spaventato. Mentre decine di droni armati di missili e numerosi F16 armati di bombe sganciano i loro oggetti di morte e colpiscono oltre 100 persone uccidendone 10 in un solo giorno, il Presidente degli Usa, Nobel Obama, invoca il diritto di Israele a difendersi . Forse ha preso un lapsus? Forse voleva dire che in base al diritto internazionale sono i palestinesi sotto assedio che hanno diritto a difendersi.
Purtroppo non è un lapsus, ma è la solita spudorata menzogna che si basa su una narrazione strutturata su due pilastri che servono da premessa sbagliata: spostare i tempi, invertire i ruoli. Funziona da sempre, e chi non sta al gioco perde il posto. Punto.
In questo momento arriva la notizia di tre israeliani uccisi da un razzo palestinese. Sincero cordoglio, noi non vogliamo la morte. Ma vogliamo che i mass media impegnati professionalmente e onestamente ricordino con il loro lavoro che la sicurezza non si ottiene assediando e bombardando ma solo imponendo il rispetto alla giustizia e alla legalità internazionale.
Secondo la IV Convenzione di Ginevra un popolo sotto occupazione ha il DIRITTO a difendersi e a ribellarsi all’occupante. Secondo il Diritto internazionale, in particolare l’art. 51 della Carta ONU, in situazione di conflitto dichiarato, esattamente come lo stato di guerra dichiarato da Israele verso Gaza, quel popolo ha diritto a difendersi e a resistere.
Se questa, come noi crediamo, confortati dal Diritto, è la premessa corretta da cui partire, la conseguenza per la sicurezza di Israele non può che essere l’abbandono dell’illegalità dell’assedio e dell’occupazione. Ignorarlo equivale a macchiarsi di concorso morale in crimini contro l’umanità, quello che il Presidente Abu Mazen potrà denunciare un momento dopo il riconoscimento dello Stato di Palestina come Stato, benché non membro, da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU. Esattamente ciò che Israele, col favore del Nobel Obama, cerca di evitare.
Tutto questo il presidente Obama lo sa, noi lo sappiamo, Israele lo sa, anche gli operatori dell’informazione, almeno quelli professionalmente preparati lo sanno, ma all’opinione pubblica viene passato un messaggio diverso: quello che i “terroristi” sparano razzi da cui Israele deve difendersi e non piuttosto che Israele ha dichiarato guerra e assedia da sei anni la Striscia e occupa da decenni la Cisgiordania. Israele commette atti di terrorismo continuo, che la complicità di un lessico giornalistico accomodante definisce “omicidi mirati” quando non addirittura “operazioni di pace”.
Noi siamo un’associazione umanitaria, supportiamo la Mezzaluna Rossa Palestinese, nostro interesse è la sicurezza, la pace e la giustizia per il popolo palestinese. Da questo deriva la sicurezza e la pace anche per il popolo israeliano. Ma se la complicità internazionale, supportata troppo spesso anche dagli “opinion maker” non segue il canale della giustizia, i palestinesi seguiteranno a morire per mano diretta degli israeliani, ma nella loro legittima Resistenza non sceglieranno solo la lotta non-violenta, ma sceglieranno anche forme di lotta che al governo israeliano fanno gioco, ma che al popolo israeliano fanno, giustamente, paura.
Ci rivolgiamo a tutti gli operatori dell’informazione per chiedere loro di non farsi strumento di sostegno alle politiche di morte. La verità non è soltanto rivoluzionaria, non è soltanto correttezza professionale, è un DOVERE MORALE imposto sia a quelli di voi che pensano alla sicurezza di Israele, sia a chi ha consapevolezza della continua violazione dei diritti dei palestinesi.
“A volte il silenzio è tradimento”, lo diceva M. L. King, oggi omaggiato da tutti, ma allora lasciato uccidere da quel silenzio. Voi, operatori dell’informazione, sapete che oltre al silenzio la verità e la giustizia si tradiscono anche con la giusta miscela del detto, non detto e detto male. Vi chiediamo di non farlo più.
Non vi chiediamo di schierarvi per l’una o l’altra parte, vi chiediamo di schierarvi per la giustizia. Lo sapete benissimo da quale parte sta. Il vostro dovere, morale e professionale, è soltanto quello. Aiutateci a dire “restiamo umani”.” (Associazione Amici della Mezzaluna Rossa Palestinese, onlus)

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Sono 64 anni che ci occupano. La resistenza è sacrosanta!

Non è bello parlare con la propria sorella (in questo caso di mio marito) e sentirsi dire che uno dei missili di ieri è caduto sotto casa sua, che loro erano (per fortuna) tutti insieme nel lettone con i bimbi, che i vetri si sono spaccati e sono andati addosso ai loro corpi, che la casa si è riempita di detriti e fango; non è bello nemmeno sentirsi dire dalla propria madre (sempre di mio marito) che pochi minuti prima della chiamata telefonica un missile è caduto a poca distanza da casa loro e che è un continuo e un susseguirsi. Non c’è un attimo di tregua. Non te la danno.

I bombardamenti continuano. Il numero delle vittime, 19 fino a ieri sera, aumenta. Tra loro molti bambini. Piccoli innocenti, che Israele reputa “terroristi” senza alcun diritto alla vita. Immaginate soltanto che uno di quelli sia il vostro amato bambino. Il dolore straziante di una madre e un padre che si vedono strappare dalle mani il proprio figlio. Ecco io non ci riesco. Rabbrividisco al solo pensiero. La rabbia prende il sopravvento. Vorrei urlare al mondo, a questo ingiusto e cieco mondo, la mia rabbia e il mio sdegno.

Poco più di un mese fa ero lì. Immagino le facce dei miei nipotini acquisiti. Immagino la loro paura. Sì, qualche “botto” l’ho sentito anche io, ma nulla di paragonabile a ciò che sta accadendo in questi giorni. Ricordo perfettamente il viso di mia cognata che con un sorriso bellissimo mi disse “Non aver paura”. E ora mi domando chissà quanta paura sentono. Ora ci sei e un attimo dopo non ne hai la certezza.

Provo un senso di dolore, di malessere, incapace di descriverlo. Una strana sensazione. Perchè ripensi ai giorni trascorsi là, ripensi a quanto le persone ti facessero stare bene, a quanto, comunque, si cercasse di vivere una vita “normale”, nonostante si leggessero notizie di attacchi poco distanti e di persone morte. Molte persone ignorano il fatto che, in ogni caso, da quando esiste Israele, ci sono sempre morti e feriti palestinesi, non cessano mai. Le violazioni dei basilari diritti umani sono all’ordine del giorno…

Ora, tutti quelle immagini di ricordi ruotano incessantemente nella mia testa. Stento quasi a crederci. Io ero lì. Ho messo piede in quelle strade molte delle quali ora non sono che un cumulo di macerie. Ho assaporato il profumo del mare e visto con i miei occhi il tramonto sull’acqua.

E mi domando quando verrà il giorno in cui ci si potrà svegliare la mattina, a Gaza, e vivere una giornata “normale”, sicura del fatto che prima o poi giustizia sarà fatta.


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