E siamo a tre. Il primo era stata la novità, con l'asse tumultuoso suocero-marito che si sostituiva al proverbiale scontro suocera-moglie, il secondo era stato il confronto tra i repubblicani tradizionalisti e i democratici hippie delle rispettive famiglie. E il terzo non può che essere un aggiornamento, non più basato sulla contrapposizione, bensì sulla necessità di dare un risvolto conclusivo alla storia, incline ad una riconciliazione più smussata e ad una leggitimazione dei legami che si sono formati. Torna tutto, come in una vecchia famiglia, compresi i personaggi minori, e oramai l'elemento parossistico di logoramento dei rapporti è sullo sfondo, sostituito dalla crescita dei piccoli Fotter, dalla situazione lavorativa di Greg (entra nel cast, in proposito, Jessica Alba, il cui ingresso, nella sequenza inziale, è tutt'altro che rassicurante, anzi un bel pò volgare), e dallo stato di salute del vecchio Jack Byrnes. Ma il film non si ferma qui e mette insieme i vecchi caratteri, senza lasciare nulla al caso. Peccato che l'interesse nei confronti dei personaggi femminili della vicenda sia marginale, e Teri Polo e Blythe Danner perdano del tutto un ruolo di una certa importanza, peraltro soggetto a limitazioni già nel secondo capitolo. Ma anche i due divi Barbra Streisand e Dustin Hoffman (addirittura chiamato a girare delle sequenze non previste poco prima dell'uscita) sono in ombra e perdono l'elemento surreale dell'episodio precedente, diventando semplici comparse inutili ai fini narrativi e stereotipi come non mai. Insomma, il film gira attorno al medesimo canovaccio di sempre, ma, come accadeva già nell'episodio precedente, perde continuamente una direzione narrativa solida e si conferma una scena di gag scollegata e carica di una volgarità non troppo distante dai nostri cinepanettoni. Con il tocco rassicurante del finale, tipico del cinema americano e con gli attori che non fanno altro che ripetere i vecchi clichè dei loro personaggi, già noiosi e stereotipati in passato. E così Stiller e De Niro vanno avanti con smorfie abitudinarie, senza pudore, ma il peggio viene da Owen Wilson, il cui personaggio diventa insopportabile, e dal duo Streisand-Hoffman che non si smuove un attimo dai luoghi comuni dello scorso film, anzi ne fa una macchietta senza fine, che non va molto al di là di De Sica e la bellona di turno. Sul livello del precedente, con un'eccesso di stupidità che aggrava la situazione. Dirige Paul Weitz, ma la differenza con Jay Roach non si vede.
E siamo a tre. Il primo era stata la novità, con l'asse tumultuoso suocero-marito che si sostituiva al proverbiale scontro suocera-moglie, il secondo era stato il confronto tra i repubblicani tradizionalisti e i democratici hippie delle rispettive famiglie. E il terzo non può che essere un aggiornamento, non più basato sulla contrapposizione, bensì sulla necessità di dare un risvolto conclusivo alla storia, incline ad una riconciliazione più smussata e ad una leggitimazione dei legami che si sono formati. Torna tutto, come in una vecchia famiglia, compresi i personaggi minori, e oramai l'elemento parossistico di logoramento dei rapporti è sullo sfondo, sostituito dalla crescita dei piccoli Fotter, dalla situazione lavorativa di Greg (entra nel cast, in proposito, Jessica Alba, il cui ingresso, nella sequenza inziale, è tutt'altro che rassicurante, anzi un bel pò volgare), e dallo stato di salute del vecchio Jack Byrnes. Ma il film non si ferma qui e mette insieme i vecchi caratteri, senza lasciare nulla al caso. Peccato che l'interesse nei confronti dei personaggi femminili della vicenda sia marginale, e Teri Polo e Blythe Danner perdano del tutto un ruolo di una certa importanza, peraltro soggetto a limitazioni già nel secondo capitolo. Ma anche i due divi Barbra Streisand e Dustin Hoffman (addirittura chiamato a girare delle sequenze non previste poco prima dell'uscita) sono in ombra e perdono l'elemento surreale dell'episodio precedente, diventando semplici comparse inutili ai fini narrativi e stereotipi come non mai. Insomma, il film gira attorno al medesimo canovaccio di sempre, ma, come accadeva già nell'episodio precedente, perde continuamente una direzione narrativa solida e si conferma una scena di gag scollegata e carica di una volgarità non troppo distante dai nostri cinepanettoni. Con il tocco rassicurante del finale, tipico del cinema americano e con gli attori che non fanno altro che ripetere i vecchi clichè dei loro personaggi, già noiosi e stereotipati in passato. E così Stiller e De Niro vanno avanti con smorfie abitudinarie, senza pudore, ma il peggio viene da Owen Wilson, il cui personaggio diventa insopportabile, e dal duo Streisand-Hoffman che non si smuove un attimo dai luoghi comuni dello scorso film, anzi ne fa una macchietta senza fine, che non va molto al di là di De Sica e la bellona di turno. Sul livello del precedente, con un'eccesso di stupidità che aggrava la situazione. Dirige Paul Weitz, ma la differenza con Jay Roach non si vede.
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