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Revolution reload

Creato il 22 novembre 2011 da Soniaserravalli

A Piazza Tahrir in questi giorni si è sparato ad altezza d’uomo. Nei mesi scorsi migliaia di giovani hanno perso gli occhi a causa dei proiettili di gomma sparati da febbraio in poi, quei dettagli di cui pochi notiziari parlano, specialmente da noi. Al Masr Al Youm titolava ieri: “si perdono gli occhi, ma non le visioni”. Solo che in questi giorni i proiettili sono diventati veri, e i militari sparano apertamente ai civili egiziani sotto gli occhi del mondo, mentre il mondo si è stancato di seguire questa storia e dopo la passione dei primi mesi ora fa spallucce. Succede perfino in Sinai, in cui nulla cambia e sembra che il resto dell’Egitto sia parte di un altro Paese – è una situazione quasi surreale. Mi sono trovata molto d’accordo con un articolo di Limes, rivista online di geopolitica, articolo sull’Egitto di questi giorni a questo link , di Umberto De Giovannangeli. Parla del “mubarakismo senza Mubarak”, delle illusioni e dell’indifferenza del resto del mondo.

Gli intervistati da Al Jazeera dicono che i gas lacrimogeni di questi giorni non sono gli stessi di gennaio/febbraio, ma pare siano avvelenati, tossici, che ne restino tracce pericolose nel sangue -, spiegano anche i medici volontari nella grande piazza. Tre dottoresse sono state uccise due giorni fa. I manifestanti si scrivono i numeri dei propri cellulari sulle braccia per facilitare le identificazioni. Aumentano di numero col passare dei giorni e delle ore, affluiscono dalle altre parti dell’Egitto come in febbraio. I morti risalgono ufficialmente a oltre 40, i feriti sono più di mille, gli scontri sono proseguiti anche ieri notte. Amici egiziani avevano previsto ciò che sta avvenendo già un mese fa. Rai News 24 ha installato una telecamera fissa su Piazza Tahrir – come nei mesi passati, continuo a considerarlo l’unico canale di informazione TV nazionale serio in Italia.

I Fratelli Musulmani rifiutano e sconsigliano la partecipazione alle prossime manifestazioni. Al di là dei forti dissesti nella stabilità e nell’economia del paese egiziano che in questa terra tocca da mesi tutte le categorie (politici esclusi), al di là di chi si lamenta perché é stanco psicologicamente e vorrebbe solo tornare a lavorare, possibilmente nascondendo la testa nella sabbia nell’illusione di salvare almeno il proprio eco-sistema privato, personalmente ritengo che senza questi “candidati alla morte” che continuano a farsi sentire dalle piazze per dire NO (NO alla sfacciata presa di potere dell’esercito, alle promesse non rispettate, ad un’organizzazione elettorale che è ritenuta una beffa in tutto il paese ancora prima che si vada alle urne, agli arresti coatti di blogger, manifestanti e attivisti, alla legge d’emergenza mai abolita, alle leggi super-partes supercostituzionali ideate dallo SCAF, alla negazione della democrazia per cui oltre mille erano già morti nella prima fase di questa rivoluzione), i nemici della democrazia e i sostenitori della controrivoluzione avrebbero avuto gioco ben facile. Personalmente mi inchino di fronte a cotanto coraggio e a cotanta abnegazione. Lo dico senza più alcuna traccia di romanticismo o idealismo – questi aspetti si sono prosciugati in tutti noi amanti dell’Egitto nell’arido e pallido sogno di democrazia lasciato ad agonizzare nei mesi passati. Adesso, resta la realtà sempre più nuda. E la realtà che si vede da qui è questa: se nessuno avesse parlato, se tutti fossero andati al lavoro normalmente, se tutti si fossero lasciati assogettare dalla paura e dall’inerzia che prende dopo mesi di trascinato ribollire e frustrazione, chi doveva restare al governo per una “fase di transizione” avrebbe continuato a imporre la propria rudimentale concezione di democrazia: quella del “governo io”, e tutto il resto si adeguerà di conseguenza.

Candidati alla presidenza invocano un governo d’emergenza per traghettare il paese alle elezioni parlamentari e poi presidenziali entro la metà del 2012. I manifestanti richiedono l’estromissione del Consiglio Militare dal potere e la sua sostituzione da parte di un’autorità civile. Riprendono gli stessi slogan che all’inizio erano diretti contro Mubarak e il suo Partito Nazionale Democratico. La prima tranche delle elezioni-farsa (dei nominativi eletti, solo un 20% avrebbe reale potere in parlamento, i restanti membri sarebbero scelti super partes) si svolgerà il 28 novembre prossimo.

Continuo a consigliare vivamente il libro “La Rivoluzione Egiziana” di Ala al-Aswuani per chi volesse comprendere questo paese dall’interno e in modo profondo.

Coraggio Egitto.

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Ancora a proteggersi a vicenda



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