Oggi noi donne siamo tutte un po’ Reyhaneh Jabbari, la ragazza ventiseienne iraniana impiccata stanotte per aver ucciso il suo stupratore,un alto funzionario dei servizi segreti che aveva approfittato della sua posizione per tentare la violenza. L’esecutore materiale è stato un parente dell’ucciso che ha tolto lo sgabello da sotto i piedi di Reyhaneh.
E siamo un po’ tutte anche le altre donne iraniane che non hanno la forza e nemmeno la possibilità di sottrarsi al destino che attende le donne in quel paese, condannate al carcere o a varie decine di frustate per aver criticato il regime, aver tenuto un blog, aver collaborato con la BBC (strettamente proibita in quel paese) o semplicemente per aver postato un video dove ballavano al ritmo di Happy o aver tentato di vedere una partita di volley.
Le femministe, le pacifiste, quelle del “Se non ora quando”, quelle che sventolano bandiere arcobaleno…dove sono?
E la presidenta che, bardata col velo, è andata recentemente in moschea dicendo che l’Islam è una religione di pace e che là si sente sicura, che fa? Tace?