Riaperto il foro boario di Montecitorio. Parte il mercato delle vacche 2011
Creato il 10 ottobre 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Dicono che Silvio sia tornato dalla Russia “ritemprato, tonico e motivato”, insomma “più bello e più grande che pria”. E, il tempo di mettere piede su quel suolo patrio che occupa abusivamente, che ha chiamato Denis Verdini per far partire la campagna acquisti in vista delle prossime, imminenti scadenze parlamentari. Da quello che si è capito, questa volta il mercato delle vacche è tutto interno al Pdl. Occorre, in poche parole, ricondurre a più miti pretese i cosiddetti “frondisti” o “malpancisti”, quei 45 onorevoli che fanno capo a Claudio Scajola, leader a sua insaputa della nuova corrente pidiellina. Sono pronti all’uopo posti e nomine “pesanti”, a cominciare da quella al ministero per lo sviluppo economico che dovrebbe tornare allo “sbadato del Colosseo”, una bella rivincita dopo le dimissioni forzate. Che cosa sia cambiato nell’affaire Scajola in poco meno di due anni non si sa, però nel Pdl dimenticano tutto in fretta e l’ex ministro può tranquillamente cancellare quell’”ex” che gli da tanto fastidio. Denis Verdini è l’uomo dalle imprese impossibili, anche se portare nel Pdl Scilipoti, Razzi e Calearo non la vediamo proprio come l’ottava fatica di Ercole. Il bancarottiere toscano, esautorato nei suoi incarichi dalla stessa Banca d’Italia, è un altro che ancora si aggira a piede libero dalle parti di Montecitorio e che vota quando c’è da votare. Ovviamente è in buona compagnia, ma i garantisti del Pdl sono fatti così, se si tratta di uno di loro la giustizia è criminale, se ad essere invischiato in affari sporchi è Penati, gli house organ del capo gli fanno un culo tanto. Ieri pomeriggio, dopo aver affidato l’incarico al suo amico Denis di contattare uno ad uno i “frondisti”, Silvio si è gettato anima e corpo nel lavoro. “Io mi occupo di cose serie – ha detto il premier alle sue mezzeseghe di fiducia – sto elaborando il decreto sviluppo, mica pettinando la bambola di Ruby. E poi ditemi dove vanno questi senza di me, che fanno? Chi sono? Che vogliono?”. Ma sembra, da quello che filtra dalle file dei “malpancisti”, che stavolta le cose non stiano propriamente come Silvio crede. “Andremo fino in fondo”, ha detto uno di loro pretendendo l’anonimato, e l’ingresso nel gruppo degli scontenti di Gianni Alemanno, la dice lunga su quali siano le ragioni vere del presunto, progressivo distacco di molti onorevoli e dirigenti di spicco, dal partito. Il fatto è che la Lega non la sopporta più nessuno. Ci sono personaggi di primo piano del Pdl che quando sentono parlare Bossi sono colti da irrefrenabili istinti omicidi. E questo comincia a succedere non solo a sud del Po, ma anche a Milano dove Formigoni si è cordialmente rotto le palle di dover quotidianamente dialogare con gli attaché di via Bellerio. La Lega è diventata pericolosa perché siccome del federalismo non gliene frega più una mazza, sta andando alla ricerca solo di posti di potere, di massimizzare questo periodo di governance, di mettere in dispensa tutto l’occorrente per un futuro privo di pensieri e di spasmi economici quotidiani. L’ultima è di ieri. A Varese doveva essere eletto il segretario provinciale del partito. Per occupare quel posto c’erano diversi candidati, ma alla fine si è proceduto all’elezione per “proclamazione del presidente dell’assemblea”, dopo che uno ad uno, gli altri pretendenti erano stati cortesemente pregati di ritirarsi. L’unico rimasto e, ovviamente “nominato”, è stato il bossiano Maurilio Canton diventato segretario provinciale, a porte chiuse, con un metodo che perfino Ceausescu non avrebbe mai pensato di applicare: la nomina per acclamazione da parte del presidente dell’assemblea congressuale. E mentre i delegati occupavano la sala al grido di “votazioni, votazioni”, Umberto Bossi si faceva fotografare accanto al neo presidente e al figlio “sinapsi residua”-Renzo. Bobo Maroni non ha commentato, anche se la voglia di mandare una pattuglia di poliziotti a tutela del voto segreto dell’assemblea è stata grande. Umberto era reduce da una dichiarazione che aveva lasciato tutti di stucco per la sua arguzia: “...ilvio ...ende i ...oti – aveva detto Umberto – chi ...lete che li ...orti, ...cajola?”. Nonostante la debacle alle amministrative milanesi, Bossi è ancora convinto che Berlusconi sia l’unto dal signore, il leader maximo, l’antipapa, il quarto della Trinità in attesa di diventarne il primo. E su questa posizione si è appiattito da quando Silvio gli ha pagato le cure nelle migliori cliniche svizzere e il lungo periodo di riabilitazione dopo l’ictus. E poi, parliamoci chiaro, chi è che quando arriva sui banchi del governo gli fa una carezza amorevole e gli liscia la chioma? È Silvio: padre, madre, fratello, sorella, badante e amico vero. Che poi non gli abbia mai detto dove ha preso i soldi per costruire l’impero che ha, è un’altra storia. Ciò che conta è il presente. Il passato è lontano e maledettamente imbarazzante.
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