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RICAPITALIZZAZIONE: SOLO UN DEBOLE PALLIATIVO - La Regione deve cambiare strategia per evitare il "deragliamento"
Creato il 23 agosto 2011 da Ciro_pastoreAl di là delle ovvie enunciazioni di principio, nessuna indicazione specifica. Qualcuno potrebbe dire che individuare le azioni dettagliate spetta al management della holding stessa. Sappiamo che da mesi è alacremente (?) al lavoro una task force di esperti con lo scopo di definire un percorso dettagliato per farci uscire da questa che è una crisi strutturale, di sistema. La Cabina di Regia, però, pare più attenta a lavorare di bilancino per tutelare i suoi stessi componenti. Poco si fa per addivenire a proposte strutturali e, intanto, i mesi passano e la situazione si aggrava. Certo, non è impresa facile smembrare e ricomporre, soprattutto se si fanno lavori di pura “sartoria” sugli organigrammi futuri delle nascenti due società. La casta che perpetua se stessa è un classico.
A tutto ciò, in queste ore, si è aggiunta la notizia che la chiusura dello stabilimento IRISBUS nell’avellinese potrebbe essere scongiurata, così promette l’Assessore Vetrella, grazie all’utilizzo dei Fondi FAS nazionali da destinare ad un piano di ammodernamento del parco automezzi per la gomma. Insomma, la Regione Campania si appresterebbe ad acquistare nuovi bus da mettere a disposizione delle aziende su gomma che essa stessa sta praticamente avviando alla chiusura (vedi EAVBUS o SITASUD). Una persona di normale funzionamento logico, vedrebbe in questa decisione i tratti di una pericolosa schizofrenia decisionale. Si difende, giustamente ci mancherebbe, il livello occupazionale dei metalmeccanici irpini consentendogli di sfornare nuovi autobus ma, allo stesso tempo, si portano al collasso le aziende che sarebbero le naturali destinatarie di quei mezzi. Stessa schizofrenia si evidenzia nel settore ferro. Da una parte, si accoglie con osanna la manna dal cielo dei fondi nazionali per la realizzazione di infrastrutture ferroviarie (più di 1 miliardo di euro). Dall’altra, si tagliano i servizi che tali infrastrutture dovrebbero consentire di realizzare. Si dirà: ma i fondi per le infrastrutture sono nazionali e vanno spesi. Le aziende, invece, devono funzionare con fondi regionali, visto che quelli statali destinati al TPL sono paurosamente calati e caleranno maggiormente dopo la Finanziaria “lacrime e sangue”, fin quasi ad estinguersi nei prossimi anni.
Come vedete non si tratta di superare l’ostacolo di una crisi eccezionale, ma molto più seriamente, si deve mettere mano ad una rimodulazione profonda della struttura stessa dell’offerta di mobilità. Qualche troppo entusiasta e fantasioso redattore di un documento preliminare, elaborato dalla “cabina di regia” EAV, parlava di un paio d’anni di sacrifici ai quali, però, avrebbe fatto seguito una fase di espansione dei servizi e, perfino, una nuova stagione di incremento occupazionale. Troppo bello per esser vero e, infatti, non lo era. Incapacità nel fare previsioni precise o semplice carota da agitare per far accettare i sacrifici odierni? Temo l’uno e l’altro, purtroppo.
Cosa faranno allora i preposti alle scelte? Faranno quello che tutti sarebbero capaci di fare: tagli agli orari di servizio, soprattutto per Circumvesuviana, visto che alle altre consorelle resta ben poco da tagliare. Tagli orizzontali alla spesa o poco più. Come a livello nazionale, nessuno che ponga mano finalmente alla riqualificazione della spesa. Certo il costo del personale è la fetta più consistente dei bilanci disastrati di queste aziende. Ma esistono ancora numerose zone grigie che si annidano pacificamente nei capitoli di spesa che nessuno ha ancora provato a mettere in sesto. Qualche timido tentativo di ottimizzare gli acquisti di energia per la trazione, ma poco o nulla si è fatto per snidare da vecchie e nuove nicchie i tanti grassatori di un sistema che vive di mille piccole complicità e “distrazioni”. Perfino nei giorni più neri della “momentanea mancanza di liquidità” si è preferito ritardare la corresponsione degli stipendi, piuttosto che usare tutti gli strabilianti strumenti del controllo della spesa. Spendere, in fondo, crea consenso esterno ma anche una fasulla “pace sociale interna”, in cui i soliti noti continuano a vivere al di sopra delle loro possibilità. Si predica il rigore, giustamente. Ma allo stesso tempo, nulla si fa per bloccare i mille rivoli incontrollati che da sempre finiscono per confluire, come indisturbati e sonnacchiosi affluenti, nel mare magnum del dissesto. E in quel mare, purtroppo, pochi continuano ancora a sguazzare gioiosi…
Quello di cui il TPL della Campania ha bisogno, invece, è una sua ridefinizione in termini strategici. Occorre, in altri termini, individuarne il ruolo nello scenario dello sviluppo economico di questa regione. Non basta provare a risolvere la crisi contingente, mettere una pezza e riprendere con le vecchie cattive abitudini. Bisogna agire contemporaneamente su più leve, soprattutto quello dell’uso della fiscalità generale e, non ultima, l’aumento tariffario, che non può essere un tabù inviolabile. Aumenti consistenti, tanto da allinearci quanto meno agli livelli europei. Certo, in cambio bisogna garantire innalzamento degli standard qualitativi ed un’offerta di servizi mirati ed indispensabili. Invece, pare che assisteremo ad un futuro fatto di tagli indiscriminati e spesa, comunque, fuori controllo.
Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
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