Antenne in ascolto di segnali radio provenienti da civiltà extraterrestri. Crediti SETI Institute.
E’ nato la versione inglese del SETI, l’UK SETI Research Network, un gruppo di accademici inglesi di vari istituti da oggi attivi nel campo della ricerca di forme di vita intelligente nell’universo. Lo scopo è quello di promuovere l’attività SETI a livello accademico nel Regno Unito. Il sito web è su: http://www.seti.ac.uk/ .
Un network è stato lanciato per promuovere, a livello accademico, nel Regno Unito la Ricerca di Vita Extraterrestre Intelligente (Search for Extra Terrestrial Intelligence, SETI). L’UK SETI Research Network (UKSRN) riunisce insieme accademici da undici istituzioni di tutto il paese. Il Patrono del network è l’Astronomo Reale Professor Martin Rees. UKSRN ha presentato la sua attuale attività e la sua futura strategia in una sessione al National Astronomy Meeting che si è tenuto a St. Andrews lo scorso venerdì 5 luglio 2013.
UKSRN copre un ampio spettro di temi di ricerca, tra cui i potenziali metodi per la rilevazione di segnali, la sfida linguistica nel decifrare i messaggi, la probabilità che una civiltà extraterrestre interagisca con la Terra, oltre alla longevità di una civiltà extraterrestre.
“Speriamo che l’esistenza del network aumenti l’interesse delle persone nella comunità scientifica che pensano al progetto SETI e che vengano incoraggiati a contribuire con il loro lavoro” ha affemrato il Dott. Alan Penny, coordinatore dell’UKSRN. In questa sessione del NAM è stata presentata l’intera gamma delle attività dell’UK SETI alla comunità scientifica e ci si augura che possa promuovere una maggiore conoscenza e attività in questo ambito.
Il Lovell Telescope al Jodrell Bank che per primo ha ispirato la ricerca di forme di vita nell’Universo. Crediti: Anthony Holloway, University of Manchester. Fonte: http://www.ras.org.uk/images/stories/NAM2013/5July/seti_jodrell.jpg .
Il Dott. Tim O’Brien del Jodrell Bank Observatory dell’University of Manchester ha descritto le capacità dell’e-MERLIN arai formato da sette radio telescopi per i progetti SETI e ha riferito dei progressi nelle osservazioni dei test iniziali.
“La prima proposta per la ricerca di segnali radio da civiltà extraterrestri è stata effettivamente ispirata dalla costruzione del telescopio Lovell al Jodrell Bank” ha affermato O’ Brien. “Abbiamo preso parte al Progetto Phoenix all’Istituto SETI dal 1998 al 2003, cercando segnali provenienti da circa un migliaio di stelle vicine. A quell’epoca il materiale necessario per esaminare i dati era costoso e raro, ma oggi i nostri moderni telescopi sono potenzialmente capaci di condurre questi tipi di osservazioni”.
L’eMERLIN array, che include il Lovell Telescope, è collegato da fibre ottiche e si sviluppa su 217 chilometri dal Jodrell Bank fino a Cambridge. Questo approccio “multi-telescopio” offre un potenziale per distinguere i veri segnali extraterrestri dalle interferenze generate qui sulla Terra, un problema chiave per tutti i progetti radio del SETI.
O’ Brien è entusiasta sulle prospettive future. “E’ presto per questo nuovo lavoro di SETI al Jodrell ma pensiamo che utilizzando e-MERLIN e le future facilities come lo Square Kilometre Array, potremmo dare un importante contributo alla ricerca di vita intelligente da qualche parte nell’Universo”.
Il Dott. John Elliott della Leeds Metropolitan University è un ricercatore che si occupa della natura della comunicazione, in particolare, come la struttura del linguaggio possa essere identificata e i metodi per la successiva decifrazione e diffusione. Elliott ha già analizzato sessanta linguaggi umani che coprono tutti i diversi tipi di sistemi, nonché la comunicazione non umana, come i robot e i delfini. Elliott sostiene che dalla comprensione delle nostra nostre capacità analitiche per la comunicazione possiamo sviluppare strategie per la scoperta di un messaggio extraterrestre e per la sua comprensione.
“Supponiamo che SETI abbia successo e che venga rilevato un segnale radio tecnologico. E’ improbabile che ogni messaggio possa essere scritto in un inglese marziano, per cui le tecniche di decifrazione utilizzate dai militari e dalle agenzie di sicurezza non sono in grado di aiutare molto. Abbiamo ancora script dell’antichità che sono rimasti indecifrati nel corso di centinaia di anni, nonostante i nostri seri tentativi” ha affermato Elliott.
La ricerca di Elliott è concentrata sul “se c’è qualcosa di unico nei fenomeni di comunicazione”, indipendentemente dalla fonte, che li rende distinguibili da altri segnali nell’Universo.
“Guardando al di sotto della patina superficiale dei suoni del tutto arbitrari e dei simboli utilizzati, siamo in grado di “vedere” la macchina del linguaggio stesso: il suo meccanismo, i suoi limiti, e le forze evolutive di efficienza e di compromesso che lo modellano. Con la comprensione di queste strutture dovrebbe essere possibile raccogliere informazioni sull’intelligenza dell’autore del messaggio” ha affermato Elliott.
La diminuzione nella curva di luce causato dal transito di fronte alla stella del pianeta. Crediti CoRoT/ESA. Fonte: http://www.esa.int/Our_Activities/Space_Science/COROT/COROT_discovers_smallest_exoplanet_yet_with_a_surface_to_walk_on .
Nel 1950, nel corso di una conversazione al SETI, il fisico Enrico Fermi pose la questione del “Dove sono?” Il paradosso tra le alte stime della probabilità dell’esistenza di civiltà intelligenti e la mancanza di un contatto o di prove rimane un’area chiave della ricerca di SETI. Il Dott. Anders Sandberg, del Future of Humanity Institute presso l’Oxford University sta indagando la questione di quanto lontano nello spazio e nel tempo una civiltà potrebbe iniziare e potrebbe avere ancora una possibilità di interagire con la Terra, oggi.
“Se ci fosse una gamma molto limitata, la domanda di Fermi “Dove sono?” avrebbe una risposta del tipo: “Non sono ancora potuti arrivare fin qui”. Tuttavia, facciamo vedere nel nostro paper che, al di là di un certo livello tecnologico, le civiltà possono diffondersi non solo attraverso la loro galassia, ma attraverso enormi distanze intergalattiche. Ciò è in gran parte limitato dalla velocità dei loro dispositivi e dall’espansione dell’universo. Ci sono milioni o miliardi di galassie da cui una civiltà, nel caso in cui non fosse nata recentemente, avrebbe potuto raggiungerci” ha affermato Sandberg.
Sandberg e i suoi colleghi hanno concluso che la risposta alla domanda di Fermi è più estrema di quanto si pensi. “Se la vita o l’intelligenza è rara, dev’essere milioni o miliardi di volte più rara; se delle società avanzate si auto-distruggono o decidono di non esplorare i loro dintorni, allora tali società avanzate devono arrivare a convergere a questo risultato con altissime probabilità, visto che esso richiede che solo una sfugga a tale destino per riempire l’Universo” ha affermato Sandberg.
Il lavoro del Dott. Austin Gerig, Senior Research Fellow in Complex Networks presso l’Università di Oxford offre una stima della frazione di civiltà nell’universo di lunga durata e analizza le prospettive di sopravvivenza della razza umana.
Una rappresentazione artistica di un pianeta delle dimensioni di Giove che transita davanti alla sua stella. Crediti: NASA.
Il Dott. Greig afferma che “Sappiamo che (1) esistiamo e (2) il nostro numero di nascite nella nostra civiltà è di circa 70 miliardi (vale a dire 70 miliare di persone sono nate finora). Da questa piccola informazione possiamo ragionevolmente, e forse sorprendentemente, concludere che (1) molte altre civiltà esistono e che (2) molte di tali civiltà sono piccole, per esempio la maggior parte si estingue prima di produrre migliaia di miliardi di persone”.
Gerig e i suoi colleghi si sono focalizzati sulla specifica conseguenza di tale ragionamento, chiamato “argomento del giorno del giudizio universale”: civiltà di lunga durata devono essere rare perché se non lo fossero, ci troveremmo a vivere in una di esse.
“Se la maggior parte delle civiltà sono piccole, allora la nostra civiltà è probabile che lo sia, cioè è probabile che si estingua entro pochi secoli. La nostra ricerca indica che questo è effettivamente il caso, ma le nostre stime di sopravvivenza sono maggiori di quanto si pensava utilizzando una forma più tradizionale di ragionamento del giorno del giudizio” ha affermato Gerig.
Duncan Forgan del Royal Observatory di Edimburg, sta esaminando la possibilità di rilevare grandi strutture costruite da civiltà in orbita attorno ad altre stelle. Il metodo del transito per rilevare pianeti extrasolari prevede la misura della diminuzione della luce della stella quando un pianeta vi passa davanti. Il Kepler Space Telescope ha individuato tutta una serie di nuovi pianeti extrasolari con la tecnica del transito e ci sono futuri telescopi e future missioni pronti a rivelarne degli altri. Forgan ha analizzato se l’occultamento del disco stellare da parte di una grande struttura orbitante comporterebbe una sostanziale differenza nella forma della curva di luce di un transito di un esopianeta.
“Ho guardato un tipo di megastruttura, che essenzialmente rappresenta un grande specchio. Lo specchio riflette la radiazione della stella e produce una spinta molto simile a quella di una vela mossa dal vento. Tale spinta potrebbe essere utilizzata per spostare la civiltà al di là dalla sua orbita naturale attorno alla stella, se vi fosse un qualche danno alla civiltà, per esempio, un avvicinamento ad un’altra stella o ad una nube di polvere” ha affermato Forgan.
Lo studio di Forgan ha mostrato che un gigantesco specchio di questo tipo lascerebbe una traccia caratteristica nei dati di transiti di pianeti, che potrebbero essere rivelati dalla nuova generazione di telescopi.
“Anche se la probabilità di osservare delle megastrutture è davvero molto bassa, avremo presto un enorme archivio di dati sugli esopianeti per cercare questo tipo di oggetti, senza ulteriori costi per gli scienziati del SETI. Possiamo rilevare la presenza oppure i resti di una civiltà extraterrestre che ha sentito il bisogno di spostarsi dalla sua stella” ha affermato Forgan.
Fonte: Royal Astronomical Society – UK Lanches Search For Extraterrestrial Intelligence Research Network: http://www.ras.org.uk/news-and-press/224-news-2013/2316-uk-launches-search-for-extraterrestrial-intelligence-research-network
Sito web dell’UK SETI: http://www.seti.ac.uk/
Sabrina