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Ricordanze - La stanza vuota

Da Giulietta88

Ricordanze - La stanza vuota

Amalia - Giulia - Mirko

Mentre mia madre e mia nonna parlavano in salotto, io finsi di andare al bagno.
Non so il perché. Scivolai lungo il corridoio di quella vecchia casa così familiare e mi ritrovai davanti ad una porta di legno bianca. Alzai lo sguardo. Era la sua camera.Non ricordo nemmeno più quanto tempo era passato dall'ultima volta che vi ero entrata. Appoggiai lentamente la mano sulla superficie, e al tatto riuscii ad avvertire il vuoto che c'era all'interno di quella stanza. La porta era incredibilmente fredda: quel gelo che ti avvolge quando tocchi qualcosa che ha perso la vita. 
Afferrai la maniglia ed entrai con lentezza, quasi avessi paura di disturbare.
L'aria era polverosa e sapeva di antico. Respirai profondamente e malinconici ricordi mi avvolsero, mi tolsero il fiato. Lui non c'era, ma ogni cosa aveva il suo odore, il suo sapore. I libri erano lì dove li aveva lasciati. Il letto, l'armadio, la sua collezione di musica classica. Il tempo sembrava essersi fermato di colpo.
Ciascuna cosa era al suo posto ma tutto era tetro e ricoperto di polvere, come se fosse un luogo dimenticato da molti anni. Eppure lui era presente nella mia testa, nei miei pensieri, nel mio cuore. Io non l'avevo dimenticato, era vivo dentro di me.
Uscii da quella camera perché non sopportavo più la vista di tanti ricordi.
Chiusi delicatamente la porta dando un'ultima occhiata ai quadri appesi alle pareti ingiallite. Subito dopo mi recai in cucina, non volevo che mia madre notasse la malinconia che aveva velato il mio sguardo, così evitai il salotto.
Su una mensola notai una foto che con curiosità presi tra le mani. Mia nonna e mio nonno stavano mangiando il gelato, non erano in posa. Sembrava che quello scatto di vita fosse stato rubato a loro insaputa. Erano spontanei e allegri, ma soprattutto spensierati. Le lacrime che portavo dentro non bagnarono il mio viso. Non uscivano, non trovavano lo sbocco necessario per liberarsi. Il mio dolore restava intrappolato, inesorabilmente.
Il padre di mio padre era una persona austera e poco affettuosa. Nonostante ciò, io lo amavo. Gli volevo bene perché mi aveva trasmesso dei valori che non potrò mai dimenticare.Lo ammiravo per la sua saggezza. Lo ascoltavo per capire cose che solo lui poteva insegnarmi. Quando mi raccontava con passione il libro che in quel periodo stava divorando, io ne rimanevo totalmente rapita.
Ricordo ancora la notte in cui se ne andò. Solo qualche lacrima improvvisa, poi il dolore decise che era giusto che io soffrissi in silenzio. Piangevo dentro di me perché lui non c'era più. Piangevo senza farmi vedere né dagli altri né da me stessa. Ero sola in mezzo a quel mare di sofferenza. Sentivo che nessuno avrebbe potuto capirmi, solo lui era in grado di farlo.
Era già un po' di tempo che non lo vedevo, mi rifiutavo di guardarlo morire. Non andai a trovarlo quando stava male e non ci andai nemmeno dopo che morì. Non ne avevo il coraggio, volevo solo ricordarlo a modo mio, severo e deluso dalla vita, ma sempre col sorriso quando bussavo alla sua porta. Non poteva essere morto, perché lui era vivo. Dentro di me il suo ricordo era incessantemente pulsante di vita.
dalle Ricordanze di Giulia

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