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Ricordi di scuola – 11

Creato il 06 novembre 2014 da Albix

Ricordi di scuola – 11 STUDENTI! Ancora una volta la repressione colpisce il movimento di massa degli studenti in lotta. Ciò è quanto avvenuto al Siotto dove gli studenti dell’Artistico in sciopero si erano recati per affrontare il problema dell’edilizia scolastica, dove la polizia è intervenuta nel corso della libera assemblea per prendere le generalità degli studenti. Ma gli studenti del Siotto e dell’Artistico non si sono fatti certo intimidire dai servi della borghesia ed anzi, tutti assieme, si sono recati in Facoltà di Lettere dove, nonostante il tentativo del Rettore, gli studenti hanno proseguito lo svolgimento dell’assemblea. PER COMPRENDERE NEL SUO VERO SIGNIFICATO QUANTO E’ AVVENUTO AL SIOTTO E NELLA FACOLTA’ DI LETTERE BISOGNA INQUADRARE TUTTO CIO’ NELLA POLITICA CHE LA BORGHESIA ITALIANA STA PORTANDO AVANTI SU TUTTI I FRONTI. Il capitalismo italiano si dibatte in una profonda crisi. Questa crisi trae origine dai fattori interni del capitalismo e del suo sistema di sfruttamento. Da una parte vi è un piccolo numero di sfruttatori e dall’altra le vastissime masse lavoratrici e popolari le quali prendono coscienza sempre più che questo sistema è contro di esse.”

Così declamava un volantino, ciclostilato in proprio il 18 marzo 1971 dal movimento studentesco degli istituti superiori di Cagliari in assemblea permanente,  e distribuito, anche nella mia scuola,  nello stesso giorno. E come sembrano incredibilmente attuali queste parole. Se le svecchiassimo di quel linguaggio sessantottesco,  le potremmo ancora adattare alla situazione di oggi. Eccettuato purtroppo il fatto che le masse lavoratrici sono sempre meno vaste e meno coscienti.

In quell’anno scolastico 1970-1971 ero approdato alla terza classe dell’istituto Tecnico per Ragionieri “Leonardo da Vinci” di Cagliari.

Proprio in quell’anno mi ero accorto di avere sbagliato scuola: la Ragioneria e la Tecnica Commerciale, materie di indirizzo, mi annoiavano a morte, mentre studiavo sempre più volentieri l’italiano, la storia e le lingue straniere; per fortuna iniziammo a studiare il diritto e l’economia; tutto sommato potevo sopravvivere  senza cambiare scuola; avrei studiato anche le materie professionali, almeno il bastante per arrivare alla sufficienza.

D’altronde non è che i professori potessero ammazzarci di studio. Qualcuno l’avrebbe anche voluto (noi li chiamavamo “fascisti e reazionari”) ma ormai eravamo troppo impegnati nella lotta contro le vecchie istituzioni scolastiche e chiedevamo a gran voce di essere arbitri dei nostri destini. I nostri professori e le istituzioni più in generale, dal Preside sino al ministro della P.I. (quell’anno, se le fonti e la memoria non mi ingannano era il democristiano Misasi), d’altro canto, si scoprirono abbastanza impreparati a fronteggiare quella protesta rumorosa e convinta, tanto più  incontrollabile, quanto più essa era sorta in maniera spontanea e non organizzata.

C’erano, come ho già scritto, anche dei gruppi politici organizzati: Lotta Continua, Il Movimento marxista-leninista, I Maoisiti, su Populu Sardu e altri che adesso non mi ricordo; ma molti di noi studenti, e io fra questi, in realtà volevano soltanto una società più giusta, un’alternativa allo strapotere democristiano (che sembrava non avere rivali), e non avevamo un inquadramento politico vero e proprio.

La nostra era più una protesta culturale e sociale, piuttosto che politica.  Volevamo molto semplicemente  più spazi per i dibattiti all’interno della scuola e un ruolo costruttivo (magari in unione con gli operai) fuori dalla scuola. Volevamo più libertà di pensiero; odiavamo l’autorità costituita e la scuola gerarchica e schematizzata di stampo ancora fascista (o così sembrava a noi).

E’ anche vero che su mille studenti scioperanti, ai cortei ci ritrovavamo in cento; e di questi cento,  soltanto dieci partecipavano alle riunioni dei collettivi nelle varie sedi che si offrivano di ospitare i dibattiti degli studenti in lotta; ma su questo tema mi tratterrò più diffusamente nelle prossime puntate.

Per adesso dirò che l’anno scolastico ormai iniziava effettivamente dopo le vacanze di Natale (almeno per quelli come me che aderivano incondizionatamente agli scioperi); poi si proseguiva bene o male sino a maggio, anche se c’erano certi appuntamenti imprescindibili, come quello del 25 aprile e del 1° maggio in cui ci si ritrovava nelle piazze.

Devo dire, per concludere, che io, pur condividendo gran parte delle rivendicazioni studentesche di quegli anni (quelle concrete come l’assemblea mensile e i dibattiti in classe e a scuola; così come quelle più fumose e impalpabili,  quali il diritto allo studio e  la scuola per tutti), rifiutavo per indole e per istinto la contrapposizione violenta tra gruppi estremisti di sinistra e gruppi estremisti di destra.

Detestavo (e detesto tuttora) ogni forma di violenza. i miei idoli erano Kennedy, Marthin Luther King e Gandhi; e della religione mi affascinava soltanto Gesù, con la Sua mitezza, la Sua innocenza, il Suo amore per gli ultimi e i diseredati, mentre detestavo con tutta la forza dei miei sedici anni le gerarchie vaticane (non è che mi facciano impazzire neanche tutt’oggi; a parte papa Francesco, naturalmente).

Questo mio amore per Gesù lo pagai a caro prezzo all’esame di maturità (come si chiamava allora l’esame conclusivo di licenza superiore).

Ma questo fa già parte delle prossime puntate.


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