Alla fine dell’estate di quel 1967 mio padre, messi da parte i sogni di gloria siciliani, ci riportò in Sardegna, riunificando così la famiglia.
Io venni iscritto alla classe terza della scuola media “E. Puxeddu”.
Finalmente anche io potevo frequentare una scuola mista! Fino ad allora infatti avevo frequentato sempre scuole soltanto maschili, un po’ a causa della mia frequenza in seminario, un po’ a causa delle vecchie norme che prescrivevano, sulla base delle vecchie convenzioni di una didattica superata, la separazione dei sessi, onde non distrarre i maschi (future colonne portanti della nazione) con le vane chiacchiere e l’ozioso cicaleccio delle future regine degli italici focolari.
Si dà il caso però che a me, lo spensierato ed affascinante riso femminile, piacesse molto di più delle prestazioni muscolose e spavalde dei miei coetanei maschi!
Fui contento inoltre di trovare in classe due ex allievi dei Salesiani di Arborea che, più o meno come, dopo il primo anno di quella vita fatta di studi e preghiere (e niente sottane, a parte quelle dei preti, naturalmente!), se l’erano squagliata alla grande, ritornandosene al paese.
Anche troppo contento. al punto che, pur di scansare quanto più possibile lo studio, chiedemmo tutti e tre l’esonero dallo studio della lingua latina, per potercene andare a bighellonare per il paese.
Che errore madornale! Più tardi, all’università, alle prese coi decreti di Augusto, con le istituzioni di Gaio e con le formule arcane del processo romano, avrei sudato sui libri di latino riposti troppo presto negli scaffali più alti della libreria, dopo le ricche scorpacciate di declinazioni e sintassi latine fatte in seminario con gli eruditi docenti salesiani, per potere gustare appieno quei brocardi pieni di saggezza antica ed immortale.
E che grande errore ha commesso il nostro legislatore ad espellere il latino dai curricula scolastici della scuola dell’obbligo!
Ma quella, in fondo, era soltanto una parte dell’antifona di quella grande sinfonia rivoluzionaria sessantottina che sarebbe presto esplosa in tutta la sua maestosa potenza!
Il ’68 era alle porte! A fine anno scolastico già si vedevano in giro i primi capelloni e si incominciava a vagheggiare di viaggi psichedelici, attraverso i film e i documentari sui Figli dei Fiori che negli USA già spopolavano; noi maschietti fantasticavamo di minigonne inguinali e camicette trasparenti nakelook che a Londra già mostravano tutto il desiderabile delle donne.
E pensare che poco tempo prima, i giovanotti del mio paese, pagavano 50 lire a Efisiu Cruxoi, affinché sollevasse le gonne di qualche pulzella da marito, che con passo impettito, nelle interminabili vasche domenicali (dalla Piazza di Chiesa alla discoteca Moulin Rouge, andata e ritorno) metteva in mostra le pesanti palandrane in cui erano costrette, ben fasciate, le loro bramate grazie. E il massimo della curiosità maschile veniva soddisfatta da certi calendarietti profumati che i barbieri regalavano ai clienti più affezionati; oppure da fumetti e giornali che toccavano l’apice della trasgressione con la rivista “Le Ore”, gelosamente custodita sotto i materassi dei letti singoli.
Quell’anno scolastico lo ricordo come uno dei più disastrosi della mia, tutto sommato, soddisfacente carriera scolastica.
Riuscii perfino a farmi rimandare in matematica e fisica.
Anche se mia mamma mi difese a spada tratta (poiché voleva che almeno io, a differenza dei fratelli più grandi, risucchiati troppo presto nel vortice produttivo dell’azienda familiare, continuassi gli studi sino alla laurea) sostenendo che il professore si era vendicato su di me per il fatto che lei gli aveva negato la vendita di una sveglia a rate di cui lui aveva fatto richiesta a mia madre, una sera, in negozio; e mia madre, senza peraltro conoscerlo, come ho appena detto, si era rifiutata, con grande e palese disappunto del professore, di dargliela.
E mio padre, che stanco delle rate non onorate, aveva fato stampare ed affiggere nei suoi due negozi dei cartelli che recitavano “Si vende a rate solo ai centenari accompagnati da genitori“, fu costretto, nonostante tutto, ad accettare la mia iscrizione alle scuole superiori della vicina città di Cagliari. E sotto, sotto, sognava che sarei diventato il contabile dell’azienda di famiglia. Per questo acconsentì, a patto che io venissi iscritto alla scuola per ragionieri e contabili.
Ma questo fa già parte di un’altra storia.
Intanto Al Bano cantava “Nel sole”; Little Tony “Cuore matto” e Rocky Roberts “Stasera mi butto”.
E i solitari e i romantici, nei bar per soli uomini, la sera selezionavano a ripetizione nei Juke Box allora in voga, “San Francisco” di Scott Mackenzie; “L’ora dell’amore” dei Procol Harum ma eseguita in italiano dai Camaleonti e “A chi” di Fausto Leali.