Oggi Cagliari era agghindata a festa, la città ha tirato fuori il vestito buono e si è messa in bella mostra per cittadini che hanno riscoperto l'annuale amore cittadino, sardi provenienti da ogni dove e turisti giunti in loco per la massima espressione di devozione e dedizione di un popolo intero (i sardi appunto) nei confronti di una divinità: Sant'Efisio. Se non sapete di cosa sto parlando esiste Wikipedia e la pagina dedicata alla festa appena citata.
L'intero centro cittadino è stato coinvolto nei festeggiamenti del santo più amato dai sardi, credenti e non, perché Sant'Efisi - non c'è l'errore di battitura, è semplicemente scritto "a sa sarda" - ha il potere di ricordare alla gente che esistono ancora tradizioni forti che possono andare oltre il mero significato religioso e sconfinare nel profano, avvicinare la gente a ritualità e misticismo, mantenendo quel fascino che se non lo si vive è praticamente impossibile spiegare. E se ci è riuscito con un blasfemo come me potete tranquillamente immaginare.Le vie son state invase da odori: quello dei petali di rose che hanno ricoperto la via Roma, e anche quello della merda di cavalli e buoi; colori: i meravigliosi vestiti tradizionali sardi che hanno sfilato, i palazzi della città che scintillavano sotto un sole quasi incredibile per il meteo di questi giorni; suoni: le launeddas del grandissimo maestro Luigi Lai, le sirene delle navi che salutano l'ingresso del santo nella via principale. Insomma, bisogna viverla! Viverla cazzo!! Come tutte le cose del mondo, e invece noi esseri umani siamo pigri, siamo stanchi anche di vivere l'attimo e preferiamo immagazzinarlo all'interno di chissà quale diabolica macchina fotografica per poterlo gustare dopo, perdendo tutto ciò che circonda un evento, tutte le piccole sfumature che rendono quel momento particolare. Ecco che passato il carro d'oro, contenente la statua del Santo, tutti dietro con videocamere, cellulari, macchine fotografiche e chi più ne ha più ne metta; un mare di braccia tese a carpire qualche immagine della processione si stagliava dietro la figura del baffuto patrono della nostra isola. La gente non guardava attraverso i propri occhi, bensì attraverso il microschermo dell'aggeggio elettronico per poter controllare al meglio le proprie riprese, lasciando al caso e al nulla tutto ciò che in quel momento ci circondava, quel mare di odori, suoni e colori che ci avvolgeva, sardi e turisti, tutti insieme. Anche io, in passato, ho affidato a cellulari e macchine fotografiche la visione di concerti e quant'altro, ma oggi qualcosa è scoccato dentro di me, il vedere quella miriade di mani svettare in cielo mi ha fatto rinsavire; quindi in verità vi dico "esseri umani, genti di tutte le terre, di tutti i popoli e di tutte le razze riprendete il possesso dei vostri occhi, dei vostri sensi, e soprattutto della vostra memoria!"Magazine Società
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