L'emergenza rifiuti in Campania è un rebus di difficile soluzione. Forse impossibile. Il volume d'affari generato dall'affare "monnezza", per le aziende che gravitano intorno al fenomeno, speculandoci, è enorme. Al netto chiaramente degli interventi della criminalità organizzata.
Se qualche settimana fa è stata sgominata una cricca veneta che fomentava l'emergenza ed imponeva mezzi a prezzi fuori mercato per lucrare sulla tragedia (forse per questo la regione veneto fu la prima a negare ogni aiuto? leggi qui la notizia completa http://blog.libero.it/ILazzaro/11397603.html), oggi si scompre che i napoletani pagheranno all'Impregilo, l'azienda che ha costruito e gestisce (?!?) il termovalorizzatore di Acerra, quella struttura il 50% in più del previsto.
Ecco come Il Mattino riporta la notizia:
La storia infinita dei rifiuti in Campania si arricchisce di un nuovo capitolo: quello del termovalorizzatore di Acerra. Secondo la stima fatta dall’Enea nel 2007 e aggiornata nel 2010, è costato 355 milioni. Secondo la stima fatta dalla stessa Impregilo nel 2006 e comunicata al commissariato di governo è 282 milioni. Ma ai cittadini costerà intorno ai 450 milioni, cento più del previsto.
E sull’intera cifra non saranno pagate tasse. All’Impregilo il governo ha versato quanto programmato, cioè 355 milioni, ma senza applicare le detrazioni contemplate dall’articolo 7.
E' forse l'Impregilo un'azienda meridionale? No. Ecco chi è:
Quotata alla borsa di Milano, Impregilo S.p.A. detiene un capitale investito di 1,4 miliardi di euro con un portafoglio ordini superiore a 20 miliardi di euro e occupa circa 20.000 persone tra dipendenti e collaboratori. Il Gruppo Impregilo è il risultato della fusione di alcune storiche aziende italiane operanti nei settori dell'edilizia e dell'ingegneria.
Negli anni 1989 e 1990, Fiat Impresit e Cogefar si unirono nella Cogefar-Impresit. Successivamente furono incorporate le società Girola e Lodigiani. La società cambia dunque nome, diventando Impre-Gi-Lo. A seguire fu incorporata anche la società d'ingegneria Castelli e, alla conclusione di quel periodo, il presidente del gruppo era Franco Carraro (1994-1999).
- Dal 2005 dopo l'esercizio dell'opzione call sulle azioni detenute da Gemina, precedente azionista di riferimento, il capitale sociale è passato per il 30% a Igli spa.
- Nell'anno 2006 un nuovo ampliamento del gruppo: Fisia Italimpianti e la sua controllata Fisia Babcock GMBH tornano ad essere di proprietà al 100%. Sui principali giornali, non solo finanziari e di settore, apparvero ricorrenti voci di una possibile fusione tra Impregilo e il gruppo Astaldi S.p.A..
- Dal 2007 l'assetto azionario (Igli) viene suddiviso in modo paritetico al 33% dalle società Argofin (gruppo Gavio), Autostrade (famiglia Benetton) e da Immobiliare Lombarda (gruppo Ligresti).
Presidente e amministratore delegato sono Fabrizio Palenzona e Alberto Rubegni - subentrato ad Alberto Lina - e il comitato esecutivo è composto da: Antonio Talarico, Giovanni Castellucci, Beniamino Gavio, Andrea Novarese e Giuseppe Piaggio. (Fonte Wikipedia).
Impregilo 100% made in patania.
Il quadro è davvero grottesco, da un parte, dalla terra in camicia verde si tuona contro l'incivilità atavica e genetica dei napoletani verso il problema monnezza (ricordiamo che la raccolta differenziata del vetro fu proprio inventata nel capoluogo campano per utilizzare nelle vetrerie del Regno delle Due Sicilie il vetro di scarto). Dall'altra le stesse aziende patane, lucrano e intascano fior di milioni di euro proprio dalla mala gestione del ciclo di rifiuti.
Sarà forse per questo che stenta a decollare la raccolta differenziata e porta a porta, che proprio la popolazione chiede con insistenza?