Magazine Ecologia e Ambiente
La seconda parte della puntata di Presadiretta metteva a confronto Roma e San Francisco, nella raccolta dei rifiuti. A Roma si differenzia solo al 24% e il resto va in discariche: nuove discariche sorgeranno dove ora stanno pascoli, vigneti e siti archeologici. Tutto questo (come la verde tenuta in zona Torlonia della nipote degli Agnelli) verrà sommersa in monnezza. E anche quello che si potrebbe riciclare, finisce in impianti come quello di Pomezia (saturo), di Rocca Cencia (che ha una linea bloccata) e in quello di compostaggio di Maccarese che è sottodimensionato. Dunque la regione Lazio paga i privati (aziende del nordest) affinchè raccolgano l'umido e con questo ci facciano i soldi che il pubblico non è in grado di fare. E come viene fatta la differenziata a Roma? Il sistema migliore sarebbe la raccolta porta a porta con i bidoncini dove separare i rifiuti: nei quartieri dove si fa così (a Trastevere e Coglianiene) si arriva al 70% di differenziata. Dove invece nelle strade ci sono ancora i cassonetti neri dell'indifferenziata sembra di stare a Napoli, coi sacchetti per strada, i topi, la puzza e l'immagine vergognosa di paese sottosviluppato. E infine c'è il sistema duale (il sistema scelto dalla giunta Alemanno): quello che prevede la raccolta dei rifiuti da parte di camioncini in precise fasce orarie. E' un sistema più economico della differenziata porta a porta, ma meno efficace: impegna troppi camion durante la notte che poi sono troppo poche durante il giorno. E il risultato sono quei sacchetti di rifiuti nelle strade, o quella specie di discarica a cielo aperto nel tuscolano, di fronte a una scuola. E tutto questo per arrivare al 24%: le previsioni di Ama indicano che non si potrà arrivare oltre quota 35%, di fronte al piano Polverini che prevede una raccolta al 65%: un piano che parte da presupposti sbagliati. Un piano basato su discariche e inceneritori : chi ci guadagna da queste scelte? La salute dei cittadini? Le tasse si abbasseranno? L'ambiente? O i privati? E pensare che nel 2002 la giunta Veltroni aveva chiesto alla commissione Ganapini un piano per la gestione dei rifiuti: piano che non è approdato a nulla. Altra musica a San Francisco: alla faccia di quelli che dicono che la differenziata spinta non si può fare nelle grandi città, nella città della baia si arriva al 78%: tre bidoncini di fronte a case, uffici e grattacieli raccolgono e differenziano i rifiuti. Il comune impone agli esercenti e ai privati l'obbligo di usare materiali biodegradabili (e allora via i sacchetti di plastica, via i contenitori in polistirolo, senza che nessuna si lamenti minacciando licenziamenti come succede in Italia): tutta roba che bloccherebbe il ciclo dei rifiuti. A San Francisco Iacona ha intervita l'assessore all'ambiente Masi, ha visitato l'azienda privata che gestisce il ciclo rifiuti, la Recology: l'obiettivo è arrivare al 100% di differenziata nel 2020, senza inceneritori (bombe ecologiche) o discariche "tal quali". Un sistema di cui beneficiano i cittadini che pagano meno tasse, l'ambiente e il sistema in generale, per i 500 posti di lavoro creati. A San Francisco fanno così: "se si vuole si può" commentava nel finale Iacona. Perchè non si vuole ripetere in Italia un'esperienza del genere? A Milano, Roma, Napoli? E queste scelte andrebbero fatte proprio ora, con la crisi nel mondo del lavoro, con le bombe ecologiche sono scoppiate o stanno per scoppiare nelle città italiane, con le proteste dei cittadini che difendono la loro salute contro gli amministratori locali (se lo stato non ti difende, chi ti difende allora?). Proprio ora che si parla di articolo 18, di cassa integrazione, di sviluppo e di crescita. C'è ancora qualcuno a Roma?
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