Magazine Astronomia

Riflessioni per i lettori digitali

Creato il 10 dicembre 2011 da Stukhtra

Un libro non è un giornale

di Tobia Dondè

Sono vecchio dentro, lo so: mi piace la carta, mi piace scrivere sulla carta e sono fermamente convinto che lo schermo oltre ai decimi di vista mi azzeri anche i neuroni (scientificamente improbabile, ma quando si ha la fissa…). Perciò io leggo libri stampati: quando giro una pagina ne sento il rumore, ne avverto lo spostamento d’aria e ne respiro quel residuo di odor di carta che è sopravvissuto alle tirate da drogato di quando l’avevo appena comprato.

Ora, con un libro fisicamente esistente ci si rapporta in una certa maniera: lui ci osserva, segue quel perpetuo andare e riandare degli occhi, scandaglia nelle espressioni facciali i sentimenti che suscita e, soprattutto, ci ammonisce quando saltiamo un po’, giusto per toglierci lo sfizio di sapere subito come va a finire anche solo una pagina. E’ sempre un danno, perché è come viaggiare nel futuro (anche se magari è un flashback): quando torni indietro non è più la stessa cosa. Hai saltato un millimetro di spessore, 20 mila caratteri di un microlitro d’inchiostro ciascuno. Così facendo, hai tradito l’autore, che magari si è sbattuto un sacco perché ce l’aveva così chiara in mente, quella scena, che ha voluto trascriverla esattamente com’era, anche a costo di sproloqui e interminabili descrizioni.

Esemplifichiamo un attimo: chi di voi ha visto Il gobbo di Notre Dame, il cartone animato della Disney? Tu? Beh, sei un illuso. Il gobbo è anni-luce più brutto, Esmeralda non è una zingara e Febo è uno stronzo. Il romanzo di Hugo, però, ha un cavolo di fascino che ti fa mancare il fiato. E il 90, dico il 90 per cento si deve alle descrizioni. Il terzo capitolo è puramente descrittivo: 40 pagine di architettura e urbanistica della Parigi del Quattrocento. A leggerlo mi ha preso una voglia così forte di andarci che ho anche guardato gli orari su Internet. Perché Hugo è un romanziere con le palle: senza raccontare nulla ti fa godere di cose che non vedi e che non vedresti in ogni caso, anche potendo essere a Parigi nell’Anno Domini 1482. E con un ebook? Eh?

Premesso che, davvero, non è un reato leggere gli ebook, tranne quelli piratati (no, leggerli non è un reato, mente è un reato diffonderli; NdR), e che posso esserti amico anche se lo fai (con qualche riserva, ovvio), c’è un’importante differenza. No, non è la carta. No, nemmeno il suo odore. No, non è l’inchiostro che non c’è. Facciamo che lo dico io, che si sta meno. E’ il fatto che c’è lo schermo. E dietro lo schermo ci sono le cose informatizzate. E le cose informatizzate si leggono velocemente, perché di solito sono giornali, riviste, blog. E, soprattutto, le cose informatizzate non si leggono tutte. Anzi, è d’obbligo saltarne delle parti. Perché non ci piacciono, non ci interessano, hanno una pessima grafica, le ha scritte un idiota eccetera. Beninteso, è sacrosanto: ci sono dei malloppi, on line, che solo per come sono impaginati ti cascano i cosiddetti, e di certo non sei obbligato a leggerti i gossip de “la Provincia” in digitale (che a volte scambi per la cronaca, e ho detto tutto). Tuttavia è una forma mentis pericolosa, soprattutto per i libri: ti prende la voglia di saltare le parti pesanti, quelle descrittive, tanto chissenefrega, me lo immagino io il paesaggio, il personaggio. Sbagliatissimo. Ci perde il romanzo in fascino, personalità, precisione. E ci perdi tu, che leggi un capolavoro a metà.

Non è colpa tua o mia (capita anche a me, eh!). Il fatto è che solo negli ultimi tempi gli ebook hanno conosciuto una vera espansione sul mercato, sebbene fossero una realtà plausibile già all’inizio dell’era digitale. In tutto questo tempo siamo stati abituati a leggere “a spizzichi” dal Web: notizie veloci, aggiornamenti, una citazione, qualche verso. Quest’abitudine non muore in fretta. E’ consolidata nell’approccio agli schermi. E’ impossibile leggere un libro digitale come si leggevano i libri stampati: la tentazione di prendere solo ciò che piace è forte e ci vuole un grande sforzo di concentrazione per impedirsi di saltare al paragrafo successivo.

Perciò io ti chiedo questo, caro lettore del futuro che mi disprezzi perché puzzo di carta vecchia e d’inchiostro: quando leggi un libro sul PC, sul Mac, sull’iPad, perfino sul cellulare… leggilo tutto. Ogni singola virgola. Se hai ragione a dire che le parole non cambiano sapore per il semplice fatto che sono dietro uno schermo, io ti rispondo che sì, è vero, ma la parola scritta ha il potere di levarsi e farsi realtà solo quando l’occhio ci cade sopra e la svela, in tutto il suo caleidoscopio di significati.

 


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :