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Riforma del lavoro: sì o no?

Creato il 28 marzo 2012 da Fugadeitalenti

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Abbiamo finora evitato di toccare la questione della riforma del mercato del lavoro in Italia, non tanto per evitare un tema “caldo”, quanto perché è tuttora in evoluzione, quindi qualsiasi aggiornamento sarebbe stato a rischio di venire superato dai fatti. Il tema è sicuramente controverso: una riforma è senza ombra di dubbio necessaria, soprattutto per i giovani, ma -come ben sappiamo- in un Paese dove le leggi nascono per essere aggirate una frazione di secondo dopo la loro approvazione, in un Paese dove manca totalmente (a differenza del Nord Europa) la fiducia tra le parti sociali, anche la proposta migliore rischia di trasformarsi in una catastrofe.

Per spiegare il dibattito in corso da un punto di vista degli italiani all’estero abbiamo scelto di pubblicare l’interessante discussione sviluppatasi all’interno del gruppo “Fuga dei Talenti” sul social network Facebook. Una premessa: hanno ragione un po’ tutti, per paradosso. Ha ragione chi, dall’estero, invoca un modello anglosassone del mercato del lavoro. E chi, in Italia, ricorda che prima occorre rendere “anglosassoni” le nostre teste.

Noi ne approfittiamo per lanciare il dibattito: “La riforma Monti può -nel medio-lungo periodo- allinearci a standard europei di mercato del lavoro, rendendolo più aperto, meritocratico e dinamico… e perché no, invogliando qualcuno dei nostri expats a fare ritorno? Oppure no? E se no, avete un modello alternativo da proporre, sulla base delle vostre esperienze all’estero?” Qui abbiamo molto bisogno delle opinioni dei nostri giovani talenti espatriati!

Scriveteci a: [email protected]

Ora il dibattito su Facebook:

Massimo: Io sono a favore del licenziamento facile. Se il padrone di un’azienda vuole licenziare è bene che lo possa fare, come succede nel resto del mondo. E’ giusto supportare questo processo così come è giusto supportare i lavoratori che perdono il lavoro con sussidi e un mercato libero, aperto e COMPETITIVO. Ci vuole un mercato del lavoro libero come in Inghilterra o negli USA. Sono 12 anni che ci lavoro in un mercato così, e penso sia la cosa migliore. Voi che ne pensate??? Ciao da Bonn.

Mela: COSA NE PENSIAMO ! SI VEDE CHE TU NON SEI MAI STATO SCARICATO CON LA PAROLA “SIGNORA O SIGNORE LEI E TROPPO VECCHIO” (a 30 anni) per poter lavorare qui…. oppure ” Lei ha troppa esperienza, noi vogliamo qualcuno cui possiamo insegnare il lavoro, o tante altre frasi !!!!!! Il mercato libero e bello quando le persone non fanno fatica a trovare un’altro lavoro, ma oggi con la disoccupazione e con le categorie, diciamo così “favorite”, se rendiamo facile il licenziamento possiamo tutti andare a rubare per mangiare. MA PER PIACERE!

Massimo: L’azienda è libera di fare quello che vuole. Se il mio datore mi dice così io mi trovo un altro lavoro… Semplice. Ormai non esiste più un posto fisso.

Mela: Belle parole ” MI TROVO UN’ALTRO LAVORO” dove ????? a quale condizione e poi te lo danno anche se cercano???? MA PER PIACERE ! Magari non sei in Italia?

Massimo: Ho lasciato l’Italia qualche mese fa per lavorare all’estero. Il mercato del lavoro italiano mi sta stretto. Poca concorrenza. Tutti a pensare al posto fisso mentre fuori il mondo è cambiato; l’Italia non è il mondo. Se non è competitivo che schiatti! Continuiamo a votare i soliti partiti, accettare i furbetti, chiedere raccomandazioni, ecc. Se un’azienda viene da me e mi dice che costo troppo io me ne vado: la loro offerta di lavoro non combacia con la mia domanda di lavoro. Dov’è il problema? Il mondo è cambiato. Sveglia!

Roberta: Massimo ha ragione. Essere messi in esubero non e’ la fine del mondo in USA e Canada. Ho lavorato per due anni lì, e la gente che perde il lavoro per motivi legati ai bassi dell’economia, sa che appena l’economia riprende avranno una nuova opportunita’. In italia se sei messo in esubero vuol dire che non eri protetto da nessuno e quindi non degno di nota. Poveri noi…

Fabio: Credo che in Italia non esistano ancora le condizioni per dire con tranquillità “allora mi trovo un’altro lavoro” – anche se sarebbe bellissimo poterlo fare. Spesso quando ri siesce ad avere un lavoro sicuro, anche se non è quello che si sognava, lo si tiene stretto anche stringendo i denti, per paura del nulla che sta fuori. Credo che non è solo cambiando una norma che la condizione dei giovani talenti migliorerà, perchè è proprio tutto il sistema che non funziona: dalla giustizia incerta, al fisco asfissiante, all’istruzione , per finire all’atteggiamento di furbizia e superiorità che noi italiani riteniamo di avere.

Massimo: In un mercato competitivo le aziende non competitive escono dal mercato. L’Italia come azienda non è competitiva e i risultati si vedono. I talenti scappano, quelli che rimangono si accontentano di lavorare 10 ore al giorno per 1000 euro al mese con la benzina a 2 euro e con la speranza di essere “protetti” dall’art.18 (cosa non vera poi)… siamo un sistema out, fuori dalla realtà europea. Che fare? Rimanere? Penso che non dovremmo essere noi a decidere se rimanere o no, ma il lavoro stesso a decidere pe rnoi. Se vi chiamano dall’estero per un’esperienza di lavoro andate e provate. Se siete in gamba la soddisfazione e il salario vi faranno prendere decisioni impensabili. Ritornerei solo se mi dessero un salario rispettabile (sì sì, avete capito bene, l’azienda deve “rispettare” il lavoratore, anche con un salario adeguato alla professionalità) e responsabilità adeguate al mio profilo professionale. Per il sistema decadente gli Italiani devono scendere in piazza. “Ci vuole la rivoluzione”, disse Monicelli.

Mela: Non e’ un male la flessibilita’, e avere la possibilità di cambiare lavoro è una cosa veramente meravigliosa! Ma qui in Italia si fa una riforma senza avere prospettive di futuro. A me e’ stato detto: “Signora lei ha troppa esperienza per questo lavoro”, oppure “Faccia la prova gratuita per 20 ore e vediamo se va bene”, oppure “Lei e’ troppo avanti in età, noi cercavamo una piu’ giovane (magari sull’annuncio non era stato scritto che volevano giovani), e ho visto datori di lavoro fare  laguerra per lasciare a casa dipendenti, per poi prenderne altri dove potevano avere agevolazioni fiscali. Quindi ben venga la flessibilità e che vada pure al quel paese l’art.18, ma caz…: prima che si pensi a incentivare il lavoro!!!!!!!!!

Riccardo: Io ho lasciato l’Italia 13 anni fa, e devo dire che sino ad ora non ho mai avuto paura di perdere il lavoro ma ho sempre avuto vergogna di perdere il lavoro per inefficienza – io la reputo una grande differenza. Provo simpatia per Massimo, ma devo anche dire che qui c’e’ un sistema completamente diverso da come lo intendiamo noi. Si, e’ vero: le aziende possono fare la posizione ridondante, e non licenziarti, il che significa che non attaccano la persona ma rimuovono la posizione. Per fare un’esempio se un’azienda sta avendo problemi e devono ridurre l’organico non lo fanno sulla base di chi e’ valido e di chi no, ma sulla base delle posizioni che devono essere rimosse. Inoltre la struttura organizzativa e’ di supporto all’imprenditoria. Qui la gente perde il lavoro e mette su un’azienda o una consulting nel giro di 24 ore.

Massimo: Durante una delle ultime puntate di Giovani Talenti, sono stati presentati due report che danno supporto a quanto si condivide qui: uno è sugli indicatori di innovazione, l’altro è sulla libertà di fare business in un Paese (http://www.heritage.org/index/ranking ). In entrambi siamo messi malissimo. Nel secondo mi ha molto colpito quanto segue:
– siamo un Paese che tra regole, burocrazia, mafie, caste, tasse risulta tra i meno interessanti per gli investitori (http://www.heritage.org/index/images/book/2012/chap2-mp2.jpg)
– la libertà di licenziare fa parte della libertà di fare business.
– un sistema basato su meritocrazie, libero mercato e leggi a supporto della libertà consente di essere “liberi”.
– nel documento del Capitolo 1 di questo report http://www.heritage.org/index/book/chapter-1 dove si legge che alla base dell’economia competitiva ci sono i seguenti 4 pilastri:

1. Rule of law (property rights, freedom from corruption);
2. Limited government (fiscal freedom, government spending);
2. Regulatory efficiency (business freedom, labor freedom, monetary freedom); and
3. Open markets (trade freedom, investment freedom, financial freedom).

Noi stiamo qui parlando di tutti i pilastri e vi dò pienamente ragione, ma intanto iniziamo dal terzo di questi pilastri, sull’efficienza dei regolatori, compreso il “labor freedom” che appunto recita nella pagina web: “By the same token, the ability of businesses to contract freely for labor and dismiss redundant workers when they are no longer needed is a vital mechanism for enhancing productivity and sustaining overall economic growth. The core principle of any market is free, voluntary exchange. That is as true in the labor market as it is in the market for goods. State intervention generates the same problems in the labor market that it produces in any other market. Government regulations take a variety of forms, including wage controls, hiring and firing restrictions, and other restrictions. In many countries, unions play an important role in regulating labor freedom and, depending on the nature of their activity, may be either a force for greater freedom or an impediment to the efficient functioning of labor markets. In general, the greater the degree of labor freedom, the lower the rate of unemployment in an economy.”

Uberto: Massimo parla di licenziamenti facili , in realtà credo che intenda auspicabile un mercato del lavoro dinamico, dove chi dovesse perdere il lavoro ha una discreta possibilità di trovarne un altro in breve tempo. Magari non uguale, non nello spesso posto, ma pur sempre un lavoro. Il puinto è che bisognerebbe prima rendere possibile la creazione di un mercato dinamico, poi provare a cambiare le regole del gioco. In Italia in questo contesto, il licenziamento facile genererà sicuramente tensioni sociali che danneggeranno l’intero sistema-Paese.

Piero: Purtroppo uno dei problemi è che pure in un mercato del lavoro dinamico come quello USA durante l’ultima crisi, il periodo di unemployment si è notevolmente allungato rispetto ai precedenti periodi di recessione. Inoltre negli States non c’è una welfare net che supporti periodi cosi prolungati di unemployment. Un saluto da Londra.

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