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"riforme" come specchietto per le allodole? #piu'economia

Creato il 22 luglio 2014 da Alessandro @AleTrasforini
La necessità di uscire da una crisi economico-finanziaria senza precedenti dovrebbe presupporre una inevitabile serie di conseguenze e prese d'atto inevitabili ma purtroppo, allo stato attuale delle cose, assolutamente latenti (o fatte diventare latitanti?): informare la cittadinanza senza illudere ed eludere i limiti di uno Stato, evitare di brandire l'arma (spuntata) di "riforme costituzionali" come unica via per far migliorare un Paese stremato, sforzarsi di prendere coscienza della necessità di trarre decisioni per così dire "impopolari ed indigeste" ai cosiddetti "poteri forti".
Ingessare il dibattito in maniera sferzante su pochi argomenti dalla dubbia validità equivale a drenare in maniera strumentale la (quantomeno implicita) "sete" di chiarezza del popolo italiano: basta una legge elettorale plasmata per la "governabilità" ad attrarre capitali ed investimenti?
E' necessaria e/o sufficiente una sola "riforma" del Senato pensata male e "piallata" peggio a migliorare il baratro di credibilità entro cui la classe politica pare essere (più o meno, ma le distinzioni positive sono pressochè azzerate da schifosi contro-esempi) integralmente sprofondata?
Quante "riforme" al Titolo V della Costituzione dovrebbero essere necessarie per accentrare nelle mani dello Stato poteri decisionali relativi ad energia, grandi opere, infrastrutture, [...]? Poco o nulla interessa inserire in essa provvedimenti finalizzati alla riabilitazione del diritto e della sostenibilità ambientale, strutturando apposite discussioni e Commissioni parlamentari per provare a migliorare quella sola risorsa che oggi viene asintoticamente fatta coincidere con il termine di "morte" (cfr. caso Ilva)?
Al di là di giochetti e gingilli costituzionali, sul cui esito dovrà essere (si spera, tagliole e gufi permettendo) il Parlamento sovrano a definire linee e modalità precise di adozione, il punto fondamentale pare andare in una sola direzione: adoperarsi il più disperatamente possibile per tracciare una "nuova" rotta economica.
Senza quella, sul medio-lungo termine, sarà necessario gettare qualche altra "esca" in pasto ad un elettorato arrabbiato e desideroso di (ennesima e giustificabile) rivalsa nei confronti delle proprie classi politiche e dirigenziali: sarà forse il turno della Camera dei Deputati?
Oppure sarà invece necessario partire dai moltissimi paradossi presenti in seno ad una Pubblica Amministrazione ingessata ed alterata da troppi anni in cui è valsa per troppi la malsana equazione "burocrazia = allargamento della platea dei lavoratori = costruzione del consenso politico"?
I punti da cui sarebbe necessario partire sono molti, forse anche troppi; giusto per fare un esempio, tanto attuale quanto attualmente sotterrato sia dalle agende politiche che dal dibattito collettivo, si (ri?)pensi al tema dei paradisi fiscali.
Traendo spunto dal libro "Caccia al tesoro", scritto dalla giornalista Nunzia Penelope, è possibile trarre informazione dai molti tentativi di "battaglia" intrapresi nei confronti di questo tema. Si richiami il citato con la cronologia di questo "conflitto":
"[...] 2009: G20 e G8 dichiarano guerra ai paradisi fiscali.
2010: OCSE vara la Voluntary Disclosure.
2013: da G20 e G8 stop ai trucchi delle multinazionali, OCSE avvia piano BEPS.
2014: entra in vigore il FATCA contro gli evasori americani.
2015: fine (?) del segreto bancario in Svizzera.
2016: diventa operativo il piano BEPS per  la tassazione delle multinazionali.
2017: inizia (?) lo scambio automatico di dati fiscali a livello mondiale. [...]"
Il caos dietro a queste date è secondo solo rispetto a quello delle tante sigle-provvedimento nominate.
Semplificando il più possibile, sempre ammesso che sia possibile farlo per contemporanei fini esaustivi e divulgativi, è possibile trarre da ogni sigla provvedimento il proprio significato:
  1. Voluntary Disclosure: "[...] significa semplicemente autodenuncia: in estrema sintesi, chi ha portato capitali all'estero illegalmente è gentilmente pregato di recarsi dal fisco del proprio Paese e dichiararli, pagando le tasse dovute. [...]";
  2. FATCA: "[...] sistema studiato [...] contro l'evasione internazionale dei cittadini statunitensi. [...] tutte le istituzioni finanziarie estere - banche, società di investimento, broker, ma perfino le Poste [...] - sono tenute a comunicare al [...] fisco statunitense [...] ogni informazione sulla loro clientela americana: conti, depositi, operazioni finanziarie, [...]."
  3. Piano BEPS: "[...] road map in quindici tappe che dovrebbe portare [...] all'obbligo per tutte le società di dichiarare i propri guadagni, e le relative tasse pagate, Paese per Paese. Stop [...] agli apolidi fiscali, alla possibilità di fare il gioco delle tre carte sostenendo in ciascuna nazione di aver pagato le tasse nell'altra, senza in realtà pagarle a nessuno. [...]"

La necessità di strutturare provvedimenti mirati per realizzare nel concreto questi tre "piani di riequilibrio economico" è una realtà che, nel tempo, ha più volte subito (inevitabili ed inarrestabili?) annullamenti, rinvii ed alleggerimenti normativi.
Quali motivazioni si nascondono dietro a questi retromarcia ripetuti? Nel linguaggio più povero possibile, una cosa sola:
"[...] Scardinare il mondo offshore non è facile: troppo denaro, troppi interessi, troppi poteri sono in gioco. [...]"
Troppo denaro da una parte, troppo poco dall'altra: è forse questo il destino a cui far tendere il minaccioso vortice dell'economia mondiale?
La guerriglia condotta dalle Istituzioni mondiali non è riuscita ancora a produrre gli esiti sperati, contando che l'orizzonte 2017 è relativamente vicino per pervenire all'armonizzazione completa (e/o al 'saldo' per le spese non eticamente sostenute?) dei dati finanziari a livello globale.
La strategia individuata a suo tempo dal G8 nella primavera del 2013 avrebbe dovuto/voluto, quantomeno a parole, siglare un accordo di propositiva ribellione nei confronti di questa emergenza ottimamente celata ed occultata. Si riportino, a tal proposito, i primi tre punti della strategia delle 3 T: "Tax, Trade, Trasparency". In altri termini, pertanto, si è detto di perseguire la strada di "tasse, commercio, trasparenza".
I punti da sottoporre all'oggetto della collettiva  discussione avrebbero dovuto essere i seguenti:
"[...] 1. Le autorità fiscali di tutto il mondo dovrebbero condividere [...] le informazioni per combattere la piaga dell'evasione fiscale;
2. I Paesi dovrebbero cambiare le regole che consentono alle loro società di spostare i propri profitti oltre frontiera per evitare di pagare le tasse mentre le multinazionali dovrebbero rendere noti dove realizzano i propri profitti e a che tipo di tassazione sono sottoposti;
3. Le aziende dovrebbero essere consapevoli della propria struttura societaria, che dovrebbe anche essere chiara per le autorità. [...]"
Esulando dal trattare la questione da un punto di vista globale, su cui sembrano pendere interessi e "voci" radicate da troppi manca(n)ti provvedimenti radicali, è possibile chiedersi sommariamente quale impronta possano riuscire ad avere tali dichiarazioni di intenti nel continente europeo e, a maggior ragione, nello Stato italiano. A che livello risiedono le speranze, nonostante ennesimi trionfalismi dettati dalla politica dell'hashtag più sfrontato?
"[...] Quanto all'Europa, non sembra in grado di mettersi d'accordo su materie assai più semplici, ed è dunque difficile immaginare che ci riesca su un terreno scivoloso come la guerra a colossali interessi economici. [...]"
Il libro dei sogni dettato da una speranza (di rivedere un'etica economica ristabilita) che non vuol morire ha avuto l'ennesimo annuncio nel marzo 2014, stando a quanto sintetizzato dall'agenzia di stampa Reuters:
"[...] Con una dichiarazione comune, 44 paesi si sono [...] impegnati ad implementare, secondo un preciso calendario, il nuovo standard globale sullo scambio automatico di informazioni finanziarie approvato dall'OCSE a fine gennaio. [...] In conformità a tale impegno, questi Paesi concluderanno nei prossimi mesi accordi tra autorità competenti e adotteranno le legislazioni nazionali necessarie per effettuare tale scambio. [...]
Il primo scambio [...] avrà luogo nel 2017. [...]"
Si tratta dell'ennesima dichiarazione di intenti o del segno tangibile che qualche "ostacolo" può essere sradicato per pervenire alla definizione di provvedimenti maggiormente operativi? Risuona celebre e lugubre al tempo stesso, a risposta di questa domanda, una citazione attribuita al primo Ministro britannico David Cameron:
"Mi chiedo se esista un cimitero degli elefanti in cui vanno a morire i comunicati del G8".
Sembra essere esattamente questo il problema, sia in termini teorici che (a maggior ragione) per quel che riguarda questioni pratiche.
La necessità di assumere decisioni concrete nel merito è una strada da prendere traendo forzato spunto da una serie di evidenti limiti difficilmente valicabili (concetto eufemistico):
  1. Farraginosità dei Regolamenti e delle Convenzioni stipulabili;
  2. Complessità ed aumento vertiginoso di costi e burocrazie a carico di Pubbliche Amministrazioni dei vari Paesi coinvolti nella realizzazione pratica degli accordi;
  3. Studiare (necessariamente) un sistema che sappia andare oltre le mille ramificazioni delle multinazionali, senza creare ragnatele più complicate per quelle realtà imprenditoriali che già oggi boccheggiano e/o sono già soffocate nell'incedere di questa crisi senza fine;
  4. Conciliare Legislazioni diverse e Regolamenti fiscali differenti;

Unificare il più possibile tecniche di stesura dei Bilanci attualmente differenti le une dalle altre.
Questi sono solo alcuni degli n punti irrisolti e/o irrisolvibili nella "guerra" da effettuare contro questi buchi neri, voraci di ricchezze e di economia reale. Dentro questa cornice come collocare l'Italia? Il nodo della lotta ai paradisi fiscali dovrebbe introdursi in un quadro più omogeneo di provvedimenti da far valere nelle sedi opportune, sicuramente extra-nazionali.
Quale rilevanza potrebbe avere, in questo senso, l'ottica del celebre #cambiaverso più volte annunciata dall'attuale Presidente del Consiglio?
Lo svilimento continuo delle critiche ha fatto sì che eventuali detrattori di una politica immersa in annunci e slides fossero bollati come gufi, in maniera tanto impellente quanto indiscriminata. Provvedimenti come questi potrebbero restituire linfa vitale all'economia reale, anche se in minima percentuale rispetto agli introiti voracemente guadagnati in questi anni di infinita crisi. A questo proposito il libro "Caccia al tesoro" riferisce della strana storia della legge che morì due volte:
"[...] Anche il nostro 2014 si era aperto con una dichiarazione di guerra contro l'evasione e l'esportazione dei capitali. 
A pronunciarla [...] il Premier Enrico Letta e il Ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni [...]: 'Chi ha portato i capitali all'estero deve sapere che è l'ultima occasione. O si mette in regola, o non ha scampo.'  [...] L'occasione [...] è l'annuncio dell'introduzione, anche in Italia, della Voluntary Disclosure: il CdM [...] ha approvato un decreto legge che costringerà i soldi neri a darsi una ripulita. [...]
Il decreto [...] segue il modello OCSE: nessun condono, nessuno scudo, l'unico vantaggio [...] sarà lo sconto sulle sanzioni e la depenalizzazione di alcuni reati commessi con l'evasione. 
La tempistica scelta dal nostro Governo [...] è perfetta: l'inasprirsi del clima internazionale contro l'evasione sta mettendo [...] ansia sia ai proprietari dei capitali sia alle banche che li ospitano. Soprattutto quelle svizzere, preoccupate per la parola 'fine' allo storico segreto bancario [...] nel 2015. [...]
il 28 gennaio 2014 [...] il Governo vara [...] il decreto urgente sulla VD, che avrà sessanta giorni di tempo per essere convertito in legge [...].
il Governo fa i conti di quanto arriverà dalle tasse che gli esportatori di capitale pagheranno per sanare la loro posizione: quindici miliardi, trenta, o forse [...] di più. Già deciso anche come spenderli: andranno a ridurre le tasse sul lavoro, cioè a quelli che fino a oggi le tasse le hanno sempre dovute pagare tutte. Giustizia sociale, dunque, evviva.
 [...] tutti contenti, e tutto sembra stia andando per il meglio. Ma siamo in Italia [...]
Infatti, il CdM che approva la legge sulla VD sarà anche l'ultimo del Governo Letta: il 13 febbraio [...] il Premier è costretto a dimettersi a causa di una improvvisa crisi politica aperta dal suo stesso Partito [...]. Che c'entra la VD? C'entra, in qualche modo: dopo l'uscita di Letta [...] è infatti scomparso anche il decreto sui capitali. [...]"
Semplici coincidenze o fatti strettamente collegati l'uno all'altro? A tutti e nessuno le ardue sentenze, stanti le inesistenti trasparenti comunicazioni dei vertici politici con le proprie basi amministrativo-territoriali. Per ulteriori informazioni chiedere anche alla proposta di legge Severino, targata Governo Monti e presentata nell'aprile 2013. Da quel mese, essendo caduto il Governo Monti prima di quello Letta, nessuna 'foglia' è stata più mossa nei confronti di questo tema così (teoricamente?) radicalmente importante per il riequilibrio delle ricchezze a livello globale.
Passati i Monti ed i Letta, è arrivato il turno del rottamat(t?)ore ed attuale Presidente del Consiglio dei Ministri.
A che punto sta, a questo proposito, la rincorsa alla legge che, almeno teoricamente, tutti vorrebbero da sempre attuare ad ogni costo?
"[...] A Palazzo Chigi arriva Matteo Renzi, ma il giovane rottamatore ha altre priorità.
Sulla legge per il rientro dei capitali cala così [...] una cortina di nebbia [...].
Anche i media sembrano averla dimenticata: nessuno ne parla, nessuno ne scrive, come se non fosse mai esistita. 
Il che ha del paradossale: nella primavera del 2014, i temi dominanti nel Paese sono la spending review, i tagli alla spesa pubblica, le coperture che mancano alle misure decise dall'esecutivo; ci si ingegna [...] a trovare risorse, ed è strano che nessuno pensi ad approvare [...] quella legge che potrebbe riportare a casa diversi miliardi, risolvendo molti problemi. [...]"
Eludere dal dibattito pubblico e collettivo le misure economiche è una questione che, sul medio-lungo termine, potrebbe produrre concretamente risultati negativi per la ricerca del consenso che nell'immediato può regalare 'frutti' positivi.
Positivi ma, purtroppo, non certo propositivi. Sull'orizzonte 2017 incombono numerose sfide che dovrebbe (sempre teoricamente) affrontare il Governo dei #millegiorni certificato a furor di hashtag: una sfida come questa dovrebbe essere all'ordine del giorno, stante l'esiguo tempo rimanente.
Per una rivalsa etica, per un corretto riequilibrio delle ricchezze esistenti in questa Italia.
Indebolire il dibattito incentrandolo su una lunga serie di "riforme" rischia di essere controproducente, quantomeno sul medio-lungo termine.
Questa visione interessa però ancora a qualcuno, in un'Italia che sia politicamente che tecnicamente sembra (forzatamente?) navigare a vista da troppo tempo? Al dibattito (inesistente) le ardue sentenze.

Citazioni in corsivo tratte da: "Caccia al tesoro", Nunzia Penelope, Ed. Ponte alle Grazie


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