Far ricrescere falangi e muscoli non è più fantascienza
Recentemente Discover Magazine ha pubblicato un articolo affascinante sulla rigenerazione dei tessuti umani che sembra attingere a piene mani alla fantascienza di Doctor Who pur essendo molto reale. Ho chiesto a Elena Albertini, whoviana DOC, di raccontarlo per il Disinformatico.
Sì sa che del maiale non si butta via niente, ma da qui a pensare che ci potrebbe trasformare tutti in novelli Jack Harkness o Dottori di Doctor Who ce ne passa. Eppure il maiale è fondamentale per una nuova tecnica di rigenerazione dei tessuti che permetterebbe di ricostruire parti mancanti complesse, come un dito o addirittura un arto completo.
Non si tratta quindi di rigenerare solo un tipo di tessuto, per esempio il tessuto muscolare asportato per un incidente o per un tumore, ma anche ossa, cartilagine e quant’altro. Fantascienza?
Nel 2007 Discovery Channel trasmise un documentario nel quale narrava la storia di un veterano di guerra, Lee Spievack, che aveva perso la prima falange di un dito, recisagli da una pala di un modellino di aeroplano. Il fratello di Spievack, chirurgo a Boston, gli aveva inviato una polvere “magica”, dicendogli di spargerla sulla ferita, avvolgere la mano con della plastica e applicare la polvere un giorno sì e uno no fino a quando non avesse terminato la quantità che gli aveva mandato. Dopo quattro mesi la falange di Lee si era rigenerata: unghia, osso, muscolo… tutto quanto, come si vede qui accanto. Evito di mostrarvi immagini della falange prima della rigenerazione; le trovate in Rete.Agli appassionati di fantascienza non può che venire in mente il caro dottor McCoy che con due semplici pastiglie fa ricrescere un rene a una paziente in attesa della dialisi nel film Star Trek IV, oppure la mano amputata al Dottore e rigenerata in pochi minuti nel episodio The Christmas Invasion di Doctor Who, appunto. Eppure non si tratta di fantascienza, ma scienza vera e propria.
Questa “polvere magica” è composta da una parte della vescica di un maiale conosciuta come matrice extracellulare o MEC, una sostanza fibrosa che occupa gli spazi tra le cellule. Un tempo si pensava fosse semplicemente materiale che teneva insieme le cellule; ora invece si sa che contiene proteine molto interessanti (laminina, collagene e fibronectina) che possono risvegliare le capacità latenti del corpo di rigenerare i tessuti.
Un altro caso è quello del caporale americano Isais Hernandez. In un’esplosione aveva perduto il 70% del muscolo della coscia destra ed era stato sottoposto a un intervento nel quale una parte del muscolo della schiena gli era stato trapiantato nella coscia. Il risultato non era affatto soddisfacente, ma era l’unica alternativa all’amputazione.
Sfortunatamente, se buona parte del muscolo di un arto viene rimosso è molto facile perdere completamente la funzionalità dell’arto e le probabilità di rigenerazione del muscolo sono molto remote. Il corpo, infatti, entra in modalità di sopravvivenza e cerca di chiudere la ferita il più in fretta possibile per evitare infezioni, utilizzando tessuto cicatriziale, che però indebolisce l’arto, lasciandolo storpio.
Dopo tre anni di fisioterapia faticosa e dolorosissima, la gamba di Hernandez non presentava miglioramenti di sorta. Si rivolse quindi al dottor Wolf, che inserì nella gamba uno strato sottile della stessa sostanza usata per la “polvere magica”. I risultati furono sorprendenti: il muscolo ricominciò a crescere e dopo sei mesi la forza nella gamba era aumentata dell’80%. Oggi Hernandez ha ritrovato la completa funzionalità della gamba destra.
Adesso la sfida è riprodurre il successo di Hernandez in altri pazienti. Una squadra di scienziati all’Università di Pittsburgh, nel McGowan Institute for Regenerative Medicine, ha iniziato una sperimentazione su ottanta pazienti sottoposti al trattamento con MEC in cinque diversi istituti. Gli scienziati cercheranno di usare il materiale per rigenerare i muscoli di pazienti che hanno perso almeno il 40% della massa muscolare, cosa che solitamente spinge i medici a effettuare amputazioni.
Per molti medici, l’idea di usare parti di maiale per rigenerare tessuti umani è considerato alquanto bizzarra, per usare un eufemismo. Per questo Stephen Badylak, il dottore che scoprì questa tecnica negli anni ’80, fu riluttante a parlarne apertamente per anni. Neanche lui, ammette, credeva ai propri risultati: ora è a capo della sperimentazione al McGowan Insitute.
Già il fatto che tessuti provenienti da un’altra specie non provochino una forte risposta immunitaria nel corpo umano sembra impossibile, ma non basta: questo materiale può trasformarsi in pochi mesi in qualsiasi tipo di tessuto che sia stato danneggiato. Muscolo, pelle o vaso sanguigno.
Quando Badylak pubblicò per la prima volta le proprie scoperte nel 1989, il campo della medicina rigenerativa era inesistente. Oggi gli sforzi più conosciuti in questo settore si concentrano sulla crescita di tessuti al di fuori del corpo umano dentro speciali “bioreattori”. Le tecniche di Badylak, invece, stimolano l’esercito di cellule staminali presenti nel corpo per guarire senza l’uso di strutture esterne.
La scoperta che ha portato a questo approccio inconsueto è nata quasi per caso. Tutto è iniziato con un’idea balzana e un bastardino di nome Rocky. Badylak era rimasto affascinato dalla tecnica sperimentale della cardiomioplastica, che prevede di avvolgere un muscolo, solitamente preso dal dorso del paziente, intorno al cuore e di farlo contrarre attraverso un pacemaker per aiutare il cuore a pompare sangue. Uno dei problemi di questa tecnica è che per sostituire l’aorta viene usato un tubo sintetico che spesso causa infiammazioni ed emboli.
Badylak era convinto che se avesse trovato un sostituto per il vaso sanguigno all’interno del corpo del paziente avrebbe impedito l’insorgere di infiammazioni. Così un pomeriggio, dopo aver sedato un cagnolino di nome Rocky, Badylak procedette ad asportargli l’aorta e a sostituirla con un pezzo del suo intestino tenue. Non pensava che l’animale avrebbe superato la notte, ma perlomeno, se non fosse morto dissanguato, avrebbe dimostrato che l’intestino era abbastanza resistente da farvi scorrere il sangue, cosa che avrebbe permesso ulteriori studi.
Per chi, come me, sta sentendo un brivido gelido dietro la schiena, dico subito che il cagnolino è sopravvissuto e il giorno dopo era in piedi, scodinzolante, in attesa della colazione. Non solo, ma ha vissuto per altri otto anni.
Badylak ripeté la procedura su altri quattordici cani con successo. Sei mesi più tardi operò uno di questi cani per capire come mai erano sopravvissuti. Ed è qui che le cose incominciarono a diventare ancora più strane: Badylak non riuscì a trovare l’intestino trapiantato.
Dopo aver controllato e ricontrollato che fosse l’animale giusto, prelevò un pezzo di tessuto della zona del trapianto e la osservò al microscopio. Rimase allibito. “Stavo guardando qualcosa che non sarebbe dovuto succedere” dice Badylak. “Andava contro tutto quello che mi era stato insegnato.” Poteva vedere i segni delle suture, ma il tessuto intestinale era sparito e al suo posto era ricresciuta l’aorta.
Nessuno confonderebbe mai un intestino con un’aorta; sono tessuti completamente diversi. Dopo aver controllato anche gli altri cani e aver riscontrato gli stessi risultati, incominciò a sospettare che l’intestino fosse in grado di sopprimere le infiammazioni e allo stesso tempo promuovere la rigenerazione dei tessuti.
Si ricordò di una scoperta bizzarra a proposito del fegato: se si ingerisce del veleno che distrugge tutte le cellule del fegato, l’organo si può rigenerare se lo scaffold di supporto, la sua “impalcatura”, rimane intatto. Forse lo scaffold era la chiave.
Il passo successivo fu quindi di togliere gli strati dell’intestino fino ad arrivare a un sottile strato di tessuto connettivo chiamato appunto matrice extracellulare: la magica MEC. Con questo “nuovo” materiale Badylak eseguì altri trapianti con successo. Provò allora a utilizzare la MEC proveniente dall’intestino di un gatto e trapiantarlo in un cane, certo che quest’ultimo lo avrebbe rigettato, non certo solo per la nota antipatia tra le due razze. E invece, ancora una volta, con sua grande sorpresa, non ci fu alcun rigetto.
Rendendosi conto che avrebbe dovuto utilizzare un bel po’ di intestino tenue per i suoi esperimenti, decise di rivolgersi a uno dei tanti macelli di maiali presenti in Indiana. Oltre all’intestino tenue incominciò a usare anche la vescica, che offriva le stesse caratteristiche. I suoi esperimenti continuarono, passando dalle arterie principali alle vene e alle arterie secondarie fino alla rigenerazione del tendine d’Achille. Grazie a quest’ultima scoperta, la società DePuy di Warsaw, in Indiana, sovvenzionò ulteriori ricerche nel campo ortopedico; con il suo aiuto, nel 1999 la FDA (Agenzia per gli alimenti e i medicinali degli Stati Uniti) ne approvò l’utilizzo sugli esseri umani.
I chirurghi incominciarono quindi a utilizzare la MEC per riparare la cuffia dei rotatori della spalla, le ernie addominali e i danni da reflusso esofageo e per la ricrescita delle meningi del cervello. Ma fu solo grazie al chirurgo John Itamura che Badylak scoprì finalmente il vero punto di forza della MEC.
Itamura aveva impiantato uno scaffold di MEC nella spalla di un paziente, che otto settimane più tardi era tornato per un’altra operazione che non aveva alcun collegamento con quella precedente. Questo permise al dottore di ottenere un raro campione umano prelevato dalla zona d’intervento alla spalla. La biopsia mostrò che lo scaffold era sparito, come ci si aspettava, ma c’era una sorpresa: al microscopio si poteva vedere che la zona dell’operazione pullulava di attività. Non si trattava di una reazione infiammatoria anche se vi assomigliava molto. In realtà, con la scomparsa dello scaffold erano state rilasciate delle molecole chiamate peptidi criptici, che potrebbero spiegare il fenomeno particolare della MEC.
Queste molecole hanno un ruolo di reclutamento delle cellule, e ben presto Badylak capì che a essere reclutate erano le cellule staminali, quelle che possono trasformarsi in qualsiasi tipo di tessuto.
Siamo quindi a una svolta che ha dell’incredibile: poter rigenerare i tessuti danneggiati o distrutti. Ma la ricerca non si ferma qui. Lo staff di Badylak adesso sta lavorando alla possibilità di far ricrescere gli arti di un mammifero, come se fosse una salamandra, in una sorta di manica con una riserva di liquido che avviluppa un dito amputato di un topo e permette ai ricercatori di controllare l’ambiente di guarigione. Aggiungendo fattori di crescita come acqua e fluido amniotico e variando la corrente elettrica si ricreano le condizioni che esistono in un embrione umano: un ambiente perfetto per aiutare la trasformazione delle cellule staminali nei vari tessuti che compongono un corpo.L’idea di ricreare un ambiente embrionale alla fine di un arto di un mammifero per farlo ricrescere è considerata troppo fantascientifica da molti critici. Il progetto è ancora senza fondi, ma Badylak non si dà certo per vinto.
Ancora una volta la scienza raggiunge la fantascienza, e se in un prossimo futuro oltre a far ricrescere i muscoli in braccia e gambe per evitare l’amputazione sarà anche possibile rigenerare l’arto completo allora potremmo avvicinarci sempre di più al sogno dell’eterna giovinezza e forse anche dell’immortalità. Ma proprio Torchwood, in Miracle Day, insegna che l’immortalità generalizzata sarebbe una catastrofe sociale più che una benedizione.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.
Inviato il 06 maggio a 19:18
Ma non potrebbero essere anche delle situazioni dove si può interpretare un messaggio simbolico? Forse un dio maiale? Un cristo maiale? Magari un cristo ricco che va in giro a fare miracoli?