Rileggendo Baricco: Novecento, Castelli di rabbia, Oceano mare
Pubblicato da Desy Giuffrè Esiste un unico suono in grado di far cessare tutti i rumori del mondo: quello delle pagine di un libro che ci cattura dentro la sua storia.![Rileggendo Baricco: Novecento, Castelli di rabbia, Oceano mare Rileggendo Baricco: Novecento, Castelli di rabbia, Oceano mare](http://m2.paperblog.com/i/90/903637/rileggendo-baricco-novecento-castelli-di-rabb-L-CBu6yE.jpeg)
Perché sarà un pianoforte l’unico strumento a cui egli permetterà di dar voce alla sua esistenza trascorsa attraverso gli altri, ovvero i passeggeri che saliranno e scenderanno dal Virginian, i quali saranno delle autentiche finestre sul mondo per il nostro protagonista. Per Danny non esistono compromessi con la vita, e la paura di affrontare il mondo che sta lì, al di là del confine dell’oceano, è incalcolabile. Tutto, per lui, deve appunto essere finito, determinato, per non indurre alla frenesia pericolosa e accattivante che la vita oltre la tavola del mare porta con sé. Una tastiera infinita, affascinante, letale, quella che suona le corde dell’animo umano, capace di trascinare Danny in un vortice di tentazioni.
“…Ho detto addio alla musica, alla mia musica, il giorno che sono riuscito a suonarla tutta in una sola nota di un istante…” “C’era dentro tutto: tutte in una volta, tutte le musiche della terra”. “E dove voleva lui era in mezzo al mare, quando la terra è solo più luci lontane, o un ricordo, o una speranza”.Baricco traccia i profili di una vita originale, solitaria quanto caotica come quella di Danny, ritraendo in tal modo le paure, le ansie, gli sgomenti e i desideri di un’incalcolabile quantità di persone in carne ed ossa che ogni giorno si ritrovano nei panni del protagonista di questo monologo, incapaci o impediti di varcare il piroscafo della loro Virginian quotidiana. Ossessioni di un uomo che teme se stesso e l’intensità delle proprie emozioni, o un insolito inno alla bellezza della vita?
“La terra…è un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare”.Fotografie di fantasie e speranza di ricordi mai avuti. Un grido al mondo “cornuto” che non si rende conto di quanto la vita sia “una cosa immensa”.
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“Accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde”.
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“Sulle labbra della donna rimane l' ombra di un sapore che la costringe a pensare 'acqua di mare, quest' uomo dipinge il mare con il mare”.Immagini che resteranno sempre lì, impresse e invisibili agli occhi del mondo cieco. Ma al centro di tutti emerge un argomento, quello più crudo, doloroso e insanabile. S’intende il naufragio della fregata francese Mèduse, avvenuto nel 1816 nei pressi dell’attuale Mauritania. Savigny, medico francese che nel romanzo aveva fatto parte dell’equipaggio, insieme ad un marinaio, che durante l’incidente perderà la sua donna, daranno voce allo scenario di morte e desolazione che avverrà a bordo della zattera in cui i passeggeri naufragati cercheranno vanamente la salvezza, inizialmente ignari del dolore, delle atroci sofferenze che li condurranno al cannibalismo, apice del dramma che il destino, o il mare, hanno scelto per loro.
La forza della rinascita e l’abbandono ai propri abissi. Un libro che unisce i pensieri, i diversi punti di vista, le speranze e gli adii di personaggi realmente difficili da dimenticare.
“Sai cos’è bello, qui? Guarda: noi camminiamo, lasciamo tutte quelle orme sulla sabbia, e loro restano lì, precise, ordinate. Ma domani, ti alzerai, guarderai questa grande spiaggia e non ci sarà più nulla, un’orma, un segno qualsiasi, niente. Il mare cancella, di notte. La marea nasconde. È come se non fosse mai passato nessuno. È come se noi non fossimo mai esistiti. Se c’è un luogo, al mondo, in cui puoi pensare di essere nulla, quel luogo è qui. Non è più terra, non è ancora mare. Non è vita falsa, non è vita vera. È tempo. Tempo che passa. E basta”.