Magazine Cinema
Questo film fa rimpiangere le serate di tanti anni fa quando Italia uno ci deliziava di pellicole truci, feroci e un po' fanciullesche dove omoni muscolosi se la davano di santa ragione.
Si era tutti un po' più giovani, i capelli erano attaccati alla testa e non al pettine, ci piaceva tanto una spaccata di Van Damme quanto le tettone di Pamela Anderson senza bisogno di ma, di perché o sedute dallo psicologo.
Questo Ring of death, prodotto americano per la tv, approdato chissà come e chissà perchè anche nel nostro Belpaese diretto in dvd, è assolutamente trascurabile, girato non con la mano, ma col piede sinistro, interpretato da cani che ringhiano al posto di recitare, eppure assolutamente delizioso.
Bradford May, uno che nella vita un film davvero bello non l'ha mai fatto, non ha idea di che differenza passi tra una scena confusa e una ben coreografata, usa flash e fuoco/fuorifuoco manco fossimo in un thriller alla David Fincher, non ci regala mai un solo momento che tu non possa pensare “Dov'è l'oki per il mal di testa?”. Siamo in quella dimensione sublime dove il buon cinema dev'essere lasciato da parte, dove possiamo goderci "Gigi er bullo" senza problemi dell'occhio della madre, la carrozzina o il montaggio geniale. Si risponde fieri come spartani con un bel rutto seguito da scoregge e risate da commilitoni. E' cinema tagliato con l'accetta che potrebbe essere fatto meglio, ma ci va bene così: se Van Damme è un ristorante, questa è una trattoria ma non è detto non si mangi bene e alla fine non ci si alzi sazi, paciosi e contenti.
In questo mondo di crisi, di lavoro mal pagato o altro che non c'è, di donne matarazziane, di figli perduti, di un bel vaffanculo che nasce spontaneo, una serata svacco è sacrosanta: banditi perciò i buoni sentimenti che non siano pacche sulle spalle fraterne o un rapporto padre e figlio alla Over the top, c'è spazio solo per il sangue. E su questo Ring of death non lesina, i combattimenti sono feroci con la variante di pestaggi con armi pesanti e filo spinato, lo sfondo della prigione è suggestivo quanto basta per pregare Dio con un brivido di non capitarci mai, il tasso di violenza va a pari passo con una sceneggiatura che non si vergogna di proporci clichè su clichè con una cretineria di scelte narrative imperdonabili anche per un B-movie.
E' la sagra dell'inverosomiglianza, dell'idea che se lo sto raccontando devi crederci con l'accumulo ridondante di snuff-movie e belle donne per farci perdere di vista la consapevolezza della cazzata. Gli attori si distinguono tra cani e cagne, senza possibilità di appello, e dispiace un po' sia stato buttato in mezzo al gruppo, forse per i suoi trascorsi in Prison break, uno Stacy Keach (grande interprete altrove) in versione tremendamente gigionesca e fuori parte.
Ring of death lo si vede con piacere e lo si dimentica altrettanto con piacere, non fa parte di quelle pellicole che ci porteremo con noi in un ipotetico viaggio su Marte, ma non di solo Kubrick l'uomo deve nutrirsi. Perfetto nella sua imperfezione: e ci va bene così!
Keoma
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