Published on marzo 16th, 2015 | by radiobattente
0Farsi portavoce di un indomabile e risoluto dissenso, estromettendosi dalle logiche di potere e di arrivismo facile, non è mai una filosofia di vita semplice da abbracciare.
Lo è ancor meno se lo scenario in cui riecheggia la voce fuori dal coro si dissolve dal contesto remissivo degli anni post 2000 per materializzarsi nell’Italia di quarant’anni fa: uno Stivale crivellato dai colpi infidi delle P38, dalle tensioni sociali, dalla netta contrapposizione di Nero e Rosso che si sono fronteggiati testa a testa giocandosi a dadi la vita di molti italiani.
L’Italia grottesca degli anni ’70 mostrava palesemente le sue debolezze su fronti diversi, dalla marginalità in cui versava vergognosamente il Sud alla corruzione politica, sino allo sfruttamento senza prospettiva della classe operaia e delle fasce deboli della società.
Tra le pieghe e le piaghe di questa disonestà radicata che ingloba la Nazione, la voce graffiante di Rino Gaetano ha rappresentato lo scudo attraverso il quale cercare riparo dal marcio dilagante e al contempo partecipare a un coro di protesta sincero nella sua critica tenace. La passione naturale e impetuosa di Rino lo ha trasformato in una figura integerrima in cui confluisce il bisogno di protezione e rivendicazione da parte del Sud, degli emarginati, degli sfruttati. Egli divenne incubo dei politici e dei potenti, riuscì a sconsacrare figure quasi mistiche del palcoscenico politico italiano, trasformò i volti di onorevoli e presidenti in maschere ridicole e tragicomiche, riproponendo in chiave cantautoriale una moderna e attualizzata Commedia dell’Arte.
Nonostante le sue debolezze oneste e umane, mai celate, egli fu sempre e fino alla fine un uomo che non scese mai a compromessi, non vendette mai la sua arte al migliore offerente. Rino fu simbolo di un’incorruttibilità morale mai ostentata o inseguita, ma brillantemente perseguita, contrapponendosi in maniera quasi del tutto naturale all’ipocrisia della classe borghese e politica, queste ultime portavoci di uno spessore morale assolutamente inconsistente e inesistente.
Le canzoni di Rino sono state scoperte, apprezzate e amate negli anni, come un tesoro ritrovato; talvolta depredate e razziate da improvvisati cantanti da karaoke/piano bar che ne hanno assolutamente svuotato il senso e il profondo significato, mediocri interpreti appartenenti proprio a quel mondo vuoto e inutile verso il quale si scagliava con fermezza il Cantautore calabrese.
Eppure l’ironia di Rino, attraverso la quale veniva espressa una grave denuncia sociale, rimane ancora attualissima, specchio di un tragico immobilismo italiano che ricorda la rassegnazione di Tancredi ne Il Gattopardo: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tuttocambi”.
Salvatore Antonio Gaetano nasce a Crotone il 29 ottobre 1950. All’età di dieci anni si trasferisce a Roma, città nella quale svilupperà la sua passione verso la cantautorialità, successivamente a una breve ma importante esperienza teatrale che lo vide persino interprete nel “Pinocchio” di Carmelo Bene.
Scoperto da quel Vincenzo Micocci verso il quale si scagliò l’invettiva di Alberto Fortis Milano&Vincenzo, l’attenzione degli italiani più accorti, inizialmente svogliata e decisamente indifferente, viene finalmente attirata nel 1975 dal brano Ma il cielo è sempre più blu. Canzone originariamente divisa in due parti per la probabile eccessività di durata per un sol lato del 45 giri e successivamente riunita nella versione conosciuta, si tratta di un testo in cui compaiono i tratti salienti del cantautorato di denuncia di Rino. La variegata umanità citata, così diversa, contraddittoria e problematica, ma non per questo meno importante o dignitosa, si riunisce sotto un unico cielo, in un mondo eterogeneo che, nonostante i suoi travagli, riesce ad andare comunque avanti.
L’anno successivo segna la svolta attraverso il disco Mio fratello è figlio unico, nel quale il brano omonimo, paradossale a partire dal titolo, riesce a tessere i contorni di un mondo abitato da individui anonimi e diversi, caratterizzati da un’ingenuità arguta che rifiuta i dogmi della religione, della pubblicità, dell’economia, tutte quelle verità imposte dal pensiero uniformato e subordinato ai luoghi comuni. Da ciò scaturisce un quadro crudo sulla disgregazione sociale che i padroni cercando di dissimulare attraverso forme e contenuti assolutamente convenzionali e banali.
Il cammino artistico di Rino è nel frattempo in maturazione. Il suo terzo lavoro, Aida, pubblicato nel 1977, pur contraddistinguendosi per i tratti tipici della poesia degli esordi, rappresenta notevoli miglioramenti da un punto di vista musicale e artistico.
Il 1978 si apre con la mirabile esibizione in frac, cilindro, scarpe da ginnastica di Rino che decanta le doti di Gianna sul palcoscenico di Sanremo. L’abbigliamento volutamente da “pinguino”ironizza palesemente sull’ipocrisia dell’evento e sul sistema economico perbenista e di facciata che ruota intorno all’ambito musicale e, conseguentemente, a quello sociale. Il testo della canzone avvolge attraverso il suo sarcasmo ogni sfaccettatura dello scenario italiano, a partire dalla politica. Gianna che sostiene tesi e illusioni promettendo pareti e fiumi, in fondo, può essere la didascalia di un qualunque, ripetitivo manifesto elettorale che si riprone ad ogni elezione di sorta.
La notte di festa, di vita, libertina di Rino diventa simbolo del vizietto borghese e della riscoperta voglia di libertà degli italiani, quegli stessi italiani che, impersonificati in un’unica, grande Gianna, difendono il salario dall’inflazione e non credono alle false promesse dei politici, altresì metaforicamente identificate in canzoni o ufo. A ciò si contrappone un’altra Gianna, altra faccia della stessa, triste, medaglia italiana, simbolo questa volta dei politici che, attraverso un fiuto eccezionale per il tartufo, captano e sondano il terreno fertile nel quale far attecchire il proprio potere. Ed è allora che esplode la grossolana sequela delle nostre grandi virtù italiane: chi la prende e chi la dà (la notoria mazzetta Made in Italy), il dottore che non c’è mai (la notoria malasanità Made in Italy).
Gianna fa parte dello straordinario disco Nuntereggae Più, il cui brano omonimo rappresenta una colossale, enorme irrisione nei confronti di tutto e tutti, da Gianni Agnelli (passando per i fratelli Umberto e Susanna) a Maurizio Costanzo.
Rino districa la sua ironia attraverso sigle criptiche, P2, P38, PCI, PSI, DC, PLI, PRI, gettando la scure del suo sberleffo persino contro figure come Berlinguer, notoriamente vicine agli intellettuali ritenuti sommariamente di sinistra. Il giornalismo pre-leghista di Gianni Brera, lo scandalo della spiaggia di Capocotta in cui Wilma Montesi fu ritrovata morta dopo un festino a base di stupefacenti all’interno di una illustre residenza frequentata da politici e facoltosi, sono solo alcuni flash dell’Italia ipocrita e decadente canzonata dal Cantautore. La svolta di Nuntereggae Più segna il passaggio alla major Rca con la quale pubblica nel 1979 il quinto album Resta vile maschio, dove vai?, in cui l’omonimo brano è firmato da Mogol. La sfera politica rientra prepotentemente anche in questo brano, ecco dunque che Nel letto di Lucia ritroviamo ministri, scaldapoltrone, ciarlatani, ombrellai, usurai, chiromanti e futuristi, in un’orgia di figure e figurette a metà tra un caravanserraglio e un’Armata Brancaleone. Il 1980 è segnato dalla pubblicazione dell’album E io ci sto, ennesima dimostrazione del genio del cantautore. Il brano omonimo rappresenta il manifesto del coinvolgimento e dell’impegno di Rino in un’Italia succube dei propri problemi, in cui, nonostante tutto, l’autore decide di restare, di fare la sua rivoluzione, non lasciandosi sedurre dalle attrattive e dal progresso di paesi lontani come l’America.
La vita di Rino Gaetano si conclude il 2 giugno 1981, sulla sua Volvo 343 in Via Nomentana, all’altezza di Via XXI Aprile a Roma, dopo essere stato rifiutato da cinque ospedali.
Non ci sarà avventura, questo già mi calma: vedo già la mia salma portata a spalla da gente che bestemmia e che ce l’ha con me.
Così è stato, per certi versi. Eppure, grazie a un genio onesto e innegabile, spogliato da mezze verità, Rino è riuscito a scavare nei cuori, nonostante un mondo di melma dove ogni mattina è una salma.
E questa è una playlist dedicata a Rino Gaetano
printTags: quello sporco ultimo mito
About the Author
radiobattente