Riceviamo la testimonianza di una insegnante dell’Istituto Comprensivo Guinizelli di Castelfranco Emilia- Modena
- Di Simona Pecorella
Questa volta il cielo è azzurro e l’aria è calda. E’ da poco cominciata una nuova giornata… sembrava uguale alle altre.
Mi sono svegliata alle 6.00 sono ancora assonnata e desidero rimanere a letto, da sempre, gli ultimi giorni prima della fine dell’anno scolastico mi sento così… stanca di tante mattine con la sveglia che suona alla stessa ora,che fuori piove o fa freddo,con la neve o il sole … si parte.
Una nuova giornata di lavoro, di mamma, di moglie.
Nella testa i soliti pensieri, le stesse domande. Lo zaino di Luca…. che materie oggi?La merenda… uno yogurt o i crackers? E poi… A che ora finisco oggi? …Vado a far la spesa…magari dall’estetista.
Martedì 29 è iniziata così. Un bacio a mio marito e mio figlio assonnato che lo saluta dicendo: “ciao papà buon lavoro”.
Sono a scuola, stranamente calma, mentre la mia collega spiega le misure di capacità decido di finire i lavoretti per la festa di giovedì. All’ improvviso sento mancare il pavimento sotto i piedi e la mia sedia sobbalzare più volte… capisco. Mi alzo in piedi e urlo: “bimbi il terremoto”. In un attimo i bambini vanno sotto i banchi, silenziosi e composti, dopo pochi secondi siamo fuori, al sicuro lontano dall’edificio.
Cerco con lo sguardo mio figlio, lo vedo, è con la sua insegnante e i suoi compagni. Mi avvicino, nei suoi occhi la paura, il viso tirato. Gli sorrido, lo abbraccio. Gli chiedo se vuole venire con me, no, preferisce stare con i suoi compagni.Torno dai miei alunni. C’è silenzio. Intanto arrivano i primi genitori cercano i propri figli, qualche mamma piangendo e appena vede suo figlio si abbracciano, un abbraccio lungo.
Lo stesso abbraccio che le mamme dell’Irpinia, dell’Aquila hanno regalato ai loro figli prima di essere sepolti dalle macerie.
Il cortile della scuola non sembra lo stesso dei tanti intervalli, i bambini non si rincorrono urlando, non si sentono le loro voci e le loro risate.
Sono seduti composti su di un piccolo muretto vicini uno all’altro, si guardano, ci guardano.
E’ quello sguardo che non dimenticherò.
Martedì 29 ci siamo lasciati così, la campanella è suonata, non era quella dell’ultimo giorno di scuola, i bambini non hanno urlato “ Ehhhhhh”, il suono era il boato sordo che precede quasi sempre un’improvvisa e imprevedibile scossa di terremoto.
Lo sguardo dei miei alunni e di mio figlio non lo dimenticherò.
Ringrazio Dio perché li rivedrò a settembre e nei loro occhi la paura sarà passata, indelebile per me il silenzio surreale nel cortile della scuola nonostante fosse pieno di alunni e insegnanti.
Insolito ma vero.