Sull’onda di storie di uomini, trascinati chi a riva dalla disperazione e chi a picco dalle tragedie, quelle del mare dei tanti migranti nei loro affannosi viaggi della speranza, si intrecciano la storia di un Paese e la memoria per ricordare di più e meglio.
Per ogni pugliese, per ogni italiano, l’esodo albanese del 1991, inteso come il più grande approdo degli annali della cronaca nera, rappresenta un punto di svolta, un passaggio obbligato, tanto per chi lo ha vissuto quanto per coloro che lo vivono dalle parole di altri. Ancora oggi, nel ventennale di quegli accadimenti, italiani e albanesi continuano a discuterne, a portarne i segni addosso.
Il progetto è di trasformare il battello della morte, la nave Kater salpata dal paese delle aquile quattordici anni fa, in un’opera simbolo come messaggio che invita a non dimenticare il grande dramma dell’immigrazione, cioè di quei profughi che lasciano il loro paese d’origine, oppressi dalla guerra, dalla mancanza di libertà, dall’assenza di prospettive di vita e di lavoro. Dall’arrivo vent’anni fa del mercantile Vlora nel porto di Bari, con il suo carico di migliaia di albanesi, passando per la Kater e venendo in tempi più recenti all’arrivo in Puglia di profughi libici e dei paesi del Nord d’Africa, sia ben presente come la Puglia, in questo arco di tempo, a fronte di questi drammi dell’umanità, abbia sempre saputo dare una risposta di straordinaria accoglienza rivelando un animo generoso, disponibile e solidale.
Il progetto artistico culturale prende, quindi, il via dalla necessità di dare vita a un relitto arrugginito abbandonato in un campo della Marina Militare a Brindisi.
La Kater I Rades, piccola motovedetta albanese stracarica di immigrati dalla guerra civile del 1997, aveva il compito di restituire sogni e libertà a 120 disperati.
La “Strage del Venerdì Santo”, come fu poi definita dai media, si consumò il pomeriggio del 28 marzo. Nel Canale d’Otranto l’imbarcazione, piena oltremisura, fu speronata dalla Corvetta “Sibilla” della Marina Militare italiana, ribaltandosi e colando a picco a 800 metri di profondità: morirono 81 persone. I corpi di molte delle vittime di quella ennesima tragedia del mare non furono mai del tutto ritrovati.
La carcassa della Kater, ormai corrosa dal tempo e dalla salsedine, recuperata e custodita in un’area militare nei pressi del Castello Alfonsino di Brindisi, rischiava di essere rottamata e distrutta al termine del procedimento giudiziario.
Il drammatico percorso della Kater, ormai scheletro di ruggine e lamiere contorte, pareva attraccato ad un imminente demolizione.
La mobilitazione delle associazioni degli albanesi in Italia e dei parenti delle vittime, la sensibilità e il coraggio dell’Amministrazione Comunale di Otranto dell’ Assessorato alle Politiche Giovanili della Provincia di Lecce hanno impedito che l’imbarcazione albanese fosse definitivamente distrutta. La loro battaglia contro l’indifferenza si è concretizzata nell’idea dell’ Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce di trasformare la Kater in un monumento per tutti i migranti periti in mare, da situare nella cornice del porto di Otranto.
Quell’ammasso di lamiere ossidate diventa così un’opera dedicata ai dispersi per mare di tutte le migrazioni, opera dedicata all’umanità migrante di tutte le latitudini collocato lungo le rive di una città altrettanto ricca di storia e memoria come Otranto.
Nel ventesimo anniversario dello sbarco albanese in Puglia, il Comune di Otranto presenta una serie di importanti iniziative culminanti con la realizzazione della prestigiosa scultura ideata dal grande artista greco Costas Varotsos in occasione dell’ “Alba dei Popoli”, Capodanno di arte, musica, fratellanza e solidarietà tra le genti del Mediterraneo. Il progetto artistico internazionale è stato ideato dalla Cooperativa Artemisia.
Lo scultore greco, Costas Varotsos nel suo lavoro è affiancato da un gruppo di artisti selezionati in occasione della Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo organizzata a Salonicco. Gli artisti, danno vita ad un workshop internazionale dedicato al rapporto tra creatività, migrazioni e comunità locali. Un itinerario di ‘ricerca’ e di ‘riscoperta’ dunque dei luoghi stessi della città dei due mari da parte di un gruppo di artisti di distinte territorialità sia geografiche che professionali che lavorano in una riflessione comune attorno all’opera, monumento all’umanità migrante. Il punto di partenza del workshop è il saggio di Alessandro Leogrande, Il Naufragio (Feltrinelli) sulle vicende della Kater I Rades.
Un vero progetto di arte pubblica, incentrato sul rapporto tra l’arte e la comunità esercitato su un tema delicatissimo, quale quello delle migrazioni e del rapporto con l’altro.
Il progetto, è stato reso possibile grazie alla partecipazione e al sostegno offerto da alcune aziende private. Vanta anche la collaborazione della Biennale dei Giovani artisti d’Europa e del Mediterraneo che ha contribuito fattivamente al coinvolgimento degli artisti. L’iniziativa socio-culturale, voluta dal Comune di Otranto e dall’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce, si avvale del sostegno di: Regione Puglia, Assessorati al Mediterraneo, al Turismo e alle Politiche Giovanili. Altresí il progetto vanta il Patrocinio dell’Unesco, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e del Consolato d’Albania in Italia.
Gli Artisti:
Dušica Ivetić
Nasce nel 1981 a Kotor (Montenegro). Tra il 2000 e il 2002 studia al College Arti Applicate e Belle Arti di Belgrado. Nel 2006 si laurea all’Accademia di Belle Arti di Firenze, al dipartimento di pittura. Nel 2007 frequenta un corso biennale post laurea in Pittura e Arte multimediale nella stessa Accademia. Vive e lavora tra Kotor e Firenze.
Rami Farah
Nasce nel 1980 a Damasco (Syria). Si forma all’Arab Institute of Film ad Amman, in Giordania. Frequenta diversi corsi e workshop riguardanti film, video e danza contemporanea. Nel 2004 cura la regia del suo primo video Time-Space, un dialogo tra un ventilatore da soffitto e una sedia in una stanza silenziosa. Produce Point, presentato in numerose mostre e festival internazionali. Con il documentario Silence (sua tesi di laurea), prodotto da Proaction Film e proiettato in vari festival, vince il Falco d’oro per il migliore documentario al Rotterdam Arab Film Festival.
Victoria Leonidou
Nasce nel 1982 in URSS. Si laurea in design grafico all’Università Frederik. Ha ampia esperienza come grafico per l’editoria e nel campo pubblicitario e vince diversi concorsi. Oggi è una dei fondatori della Menta Projects, un’azienda formata da un gruppo di designer provenienti da diversi back-ground creativi, che lavorano a progetti multidisciplinari su larga scala. In quanto parte del gruppo è impegnata in tutte le discipline concernenti il settore del design. Fa parte del Programma di Ricerca “The Cyprus Oral History Project” riguardante Cipro alla Biennale del Mediterraneo nel campo delle Arti visive. Vive e lavora a Cipro.
Sandra Lorenzi
Nasce nel 1983 a Nizza (Francia). Si interessa di filosofia, scienze, antropologia, arti “primitive” e al concetto di “informe” di Georges Bataille. Il suo approccio si basa sulla cultura greca e pre-socratica e sulla filosofia orientale. Rifiuta tutto ciò che è freddo, re-inventa la scenografia per ogni mostra. “Ho bisogno di creare molto perché i miei pensieri richiedono la creazione, la creazione non è abbastanza, l’opera deve essere ri-creata, re-inventata; una nuova drammaturgia deve essere scritta…”. Vive e lavora tra Parigi e Nizza.
Scaf . Scaf
Arta Ngucaj e Arben Beqiraj nascono rispettivamente nel 1978 e nel 1974 a Valona (Albania). Il duo Scaf Scaf nella loro ricerca artistica fanno dell'interpretazione della vita nel territorio, nel sociale e nel politico, la loro materia prima. Dal maggio del 2007 assume il contesto condominiale del civico 13 di via Don Minzoni a Bologna; l’edificio che fronteggia il MAMbo, come prototipo in scala della società contemporanea. Il loro lavoro opera a favore dell’abbattimento delle barriere mentali e fisiche che spesso impediscono la comunicazione e la collaborazione tra individui che vivono fianco a fianco, condividendo spazi comuni e problematiche. Progetti quali Riflessi dalla galleria (2007), Lavori in corso (2008) o ConDominio (2009) coinvolgono tutti i condomini in performance e installazioni, innescando dinamiche relazionali importanti, arrivando a creare un vero e proprio dialogo collettivo con l’Istituzione museale, sfruttandone in modo felicemente parassitario le attività, i vernissage e la visibilità mediatica. Con il progetto Trafik (2009), ad esempio, la richiesta di ufficializzazione del loro status di clandestini del sistema dell’arte si materializza attraverso una videoproiezione pirata sulla facciata del museo e l’installazione di un gommone da scafisti, collocato con la prua in direzione dell’ingresso del MAMbo. Oggi, “guadagnato” l’interno del museo, il duo espone in occasione di ArteFiera 2010 il progetto Presenze Riflesse che, attraverso il video di un trasponder alla ricerca del segnale perduto e di due sacchi a pelo su cui sono state scritte alcune memorie di viaggio, diviene l’indicatore di un futuro cambiamento di rotta verso nuovi insediamenti.
Mohamed Ziada
Nasce nel 1986 ad Alessandria (Egitto). Si laurea nel 2009 alla Facoltà di Belle Arti, presso l’Università di Alessandria e si specializza in scultura. Insegna all’Università di Alessandria e lavora alla sua tesi di Specialistica.
Raffaela Zizzari
Nasce nel 1974 a Milano (Italia). Si laurea in Architettura all’Università di Firenze, dove esercita la professione di architetto e collabora a vari progetti di ricerca in disegno industriale, pubblicati e in corso di pubblicazione. Architetto e designer, si occupata per molti anni di architettura, design e arte, approfondendo soprattutto gli aspetti legati al rapporto tra la cultura del sistema design e l’arte, con particolare riguardo all’innovazione formale e tecnologica. Svolge attività professionale e disegna prodotti per strutture ricettive e aziende del settore arredo, illuminazione, lapideo e agroalimentare. È direttore artistico di centri per l’arte e varie aziende.
Testimonianze:
Luciano Cariddi - Sindaco del Comune di Otranto
Otranto, la Città più ad est d’Italia, vive un rapporto di reciproca apertura con le Genti che popolano l’area orientale dell’Adriatico.
Le poche miglia di distanza tra le due coste hanno rappresentato da sempre una via di comunicazione e di contaminazione tra diverse civiltà, culture e religioni. Questa è certamente la maggiore ricchezza di una terra in cui la stratificazione della storia ha lasciato tracce chiaramente leggibili delle varie influenze esercitate da quanti, nei secoli, hanno trovato approdo sul nostro territorio.
Un mare, il Canale d’Otranto, che non separa, ma unisce. Non una frontiera chiusa, ma una via d’acqua che facilita flussi in grado di alimentare costantemente il dialogo con l’altro.
Questo è il messaggio che il nostro mare ci consegna, consapevoli di un destino che accomuna tutti i Popoli dell’area Mediterranea.
Un destino che non sempre ci ha riservato giorni felici.
La storia, a volte, sa scrivere pagine molto tristi, ed anche il nostro Canale ha dovuto assistere a tragedie di un dolore assordante che si fa fatica a dimenticare.
E noi non vogliamo dimenticare, anzi, vogliamo ricordare quei momenti. Crediamo sia giusto coltivare la memoria.
Il progetto “l’Approdo”, nato dall’iniziativa di Integra Onlus per impedire la demolizione dell’imbarcazione Kater I Rades, è stato sposato e fatto proprio dalla Città affinché resti sempre vivo il ricordo della tragedia del naufragio nel Venerdì Santo 1997, in cui persero la vita in molti tra uomini, donne e bambini. Ma anche affinché resti alta l’attenzione sulle politiche da attuare per governare al meglio un problema che continua a far registrare, ancora oggi, tantissime vittime nei nostri mari.
Vogliamo che l’opera realizzata dall’artista Costas Varotsos possa rappresentare un luogo e un simbolo dedicato all’Umanità Migrante. Non dimentichiamo mai che anche il nostro Paese, ed in particolar modo il Meridione, è stato interessato in passato dal fenomeno dell’emigrazione di massa verso Paesi esteri che ci hanno accolto.
“l’Approdo” potrà contribuire a rafforzare nella nostra Comunità la naturale predisposizione all’accoglienza e alla solidarietà sempre dimostrata, e a non indurci a rifiutare mai quel primo abbraccio che ci viene chiesto da quanti, fuggendo da luoghi in cui non si riesce a condurre una vita libera e dignitosa, chiedono di poter avere una possibilità per guardare al futuro con fiducia e speranza.
Maria Rosaria De Lumè - Presidente dell’Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce
Venerdì santo del 1997, 28 marzo, ore diciannove. Mentre nel mondo cattolico si commemorava la morte di Cristo e solenni processioni sfilavano per le strade dei piccoli e grandi centri del Salento, un altro Venerdì santo si consumava nel Canale d'Otranto. Morivano in mare ottantuno poveri cristi, (tanti i corpi recuperati ma all'appello alla fine ne mancavano 108), donne e bambini, ammassati sulla Kater I Rades, piccola motovedetta partita da Valona.
Il naufragio della Kater I è stato uno dei tanti episodi tragici che hanno segnato un esodo senza fine da tutte le coste che costituiscono il naturale orizzonte del Salento che per secoli si è connotato come terra di accoglienza.
Sono passati vent'anni dai primi sbarchi degli albanesi sulle nostre coste e L'Istituto di Culture Mediterranee della Provincia di Lecce vuole fermare lo sguardo sul fenomeno migratorio da est verso le nostre coste. Il progetto “Raccontare l'esodo - 1991 2011 - Approdi e naufragi” vuole contribuire a mantenere vivo il ricordo di percorsi che hanno segnato la storia di questi vent'anni. Una mostra fotografica, il “dialogo sulla letteratura delle migrazioni” con i protagonisti reali che hanno raccontato la loro esperienza e infine, in collaborazione con il Comune e la Lega Navale di Otranto “L'approdo. Opera per l'umanità migrante”, quel che resta della Kater I elevato a simbolo perenne delle migrazioni dei popoli, sublimato attraverso l'arte di giovani artisti del Mediterraneo e dello scultore greco Costas Varatsos. Quello che era un relitto, già divorato dalla ruggine nel porto di Brindisi, in quello di Otranto diventerà una “reliquia”, sacralizzato attraverso l'arte, invito a non dimenticare.
L'Istituto di Culture Mediterranee, che ha promosso il progetto, è consapevole di contribuire ancora una volta a segnare nuovi percorsi di collaborazione e di dialogo tra il Salento e i popoli del Mediterraneo. Per un futuro in cui le esperienze da raccontare siano solo quelle dell'accoglienza e della solidarietà.
Simone Salvemini - Regista
Otranto. Il relitto di una nave corroso dal tempo e dalla violenza di una tragedia lunga 14 anni. Uno scultore greco di fama internazionale accetta la sfida contro il tempo per realizzare un grande monumento. Cinque giovani artisti provenienti da vari paesi europei a lezione da un maestro. Uno scrittore pugliese indaga con tenacia per non dimenticare. Lo sforzo di una comunità perché storia, memoria e fratellanza non lascino spazio al naufragio sociale.
Il documentario “L’Approdo delle Anime Migranti” ripercorrerà le tappe di questo appassionante cammino nella coscienza collettiva. L’opera, prodotta da La Kinebottega e dalla Coop. Artemisia, per la regia di Simone Salvemini, ha ottenuto il sostegno dell’ Apulia Film Commission, Fondazione Regionale per il Cinema e l’Audiovisivo.
Le riprese coinvolgono in prevalenza due città simbolo dell’esodo albanese verso le coste pugliesi: Brindisi ed Otranto.
Dalla penisola di Forte a Mare, storica località brindisina, riparte l’incredibile viaggio della Kater I Rades verso il suo definitivo approdo: Otranto e il suo porto millenario, emblema di accoglienza e solidarietà tra i popoli.
Costas Varotsos - Scultore
La proposta di trasformare la Kater I Rades in un'opera d'arte mi è giunta in un momento in cui il mio Paese, la Grecia, si trova in una tempesta. Per me questo è un momento di riflessione e di ripensamento sul significato stesso di Europa, di cultura e di Mediterraneo.
Ho guardato alla possibilità di trasformare una tragedia in un' opera d'arte come ad una grande occasione.
C' è un modo di dire che viene dal greco antico molto diffuso nel mio paese il cui senso è "non ci può essere il bene se non c'è il male. È dal male che scaturisce il bene".
La tempesta che si sta scatenando in tutta Europa mettendo in crisi i valori comunitari e assumendo, come nel caso della Kater, i tratti della tragedia, ci ricorda chi siamo, chi è il popolo greco, chi è il popolo italiano, chi sono gli uomini e quali sono i valori veri.
Ho accettato questo incarico perché questa opera si collega con la base del mio lavoro. Io di solito faccio delle grandi opere nelle città. Ho scelto di operare nelle città perché questo mi consente di lavorare sulla stratificazione culturale e storica. L'artista è il mezzo di espressione di una comunità. Quello che ho sentito venendo qui era il bisogno di un segno positivo dopo la tragedia, il bisogno di guardare avanti, il bisogno di valori nuovi.
La mia intenzione non è quella di collocare una mia opera ad Otranto ma di aiutare a trasformare dei sentimenti negativi in energia positiva, in energia vitale. Questa opera deve unire e ricordare i valori su cui si fonda l'Europa specialmente in questo momento difficile. Anzi proprio in questo momento di difficoltà è necessario guardare al futuro con positività .