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Riprendiamoci Bukavu

Creato il 23 maggio 2011 da Dragor

Index    Bukavu è una deliziosa cittadina sul Kivu, un lago contornato da montagne verdi che assomiglia al Léman. Il lungolago è orlato di splendide ville costruite al tempo delle colonie, che naturalmente i congolesi hanno lasciato andare in malora. Alcune di queste ville riprendono lo stile svizzero, altre quello del Lago Maggiore con i tipici archi. Adesso sono invase dalla giungla come i templi indiani, mancano soltanto le scimmie. Dal centro di Bukavu, una penisola si protende nel Kivu, così bella che manda comodamente a spasso quella di Sirmione con buona pace di Catullo e del suo paene insularum insularumque ocella. Dalla punta della penisola si spazia su tutto il Kivu e si vede perfino la costa del Rwanda. Sapete chi c’è su questa penisola? I preti. Con quale diritto? Nessuno,  sono arrivati a Bukavu e si sono stabiliti lì senza domandare il permesso. Si potrebbero costruire alberghi, residenze, in poche parole qualcosa di utile e produttivo, invece ci sono i preti e non si può fare niente.

   E almeno se ne stessero tranquilli. Invece hanno montato una radio di nome Radio Maria e da lì diffondono la loro propaganda. Quando parlano del Rwanda,  cercano di attizzare la divisione etnica nella speranza di provocare un ribaltone che permetta loro di tornare nel nostro paese da trionfatori, di liberare i preti assassini attualmente in galera e di salvare quelli ancora in libertà.  E non soltanto, ma appoggiano i miliziani e i militari delle ex FAR (Forze Armate Rwandesi) che nel 1994 i francesi hanno aiutato  scappare in Zaire, come si chiamava allora il Congo, con quella beffa al diritto internazionale che risponde al nome di Operazione Turquoise. Tramite la Caritas, li riforniscono di armi. In attesa di riconquistare il nostro paese, questi tizi combattono la noia terrorizzando la regione e commettendo circa uno stupro al minuto, 400.000 nel corso dell’ultimo anno, ma per i preti di Bukavu sono degni di essere fatti santi subito come Wojtyla. Basta sentire come ne parlano alla radio.

   Nel 1996, stanchi delle loro continue scorribande in Rwanda, e dell’appoggio che questa gente riceveva da Mobutu, abbiamo mandato le nostre truppe in Zaire allo scopo di fare piazza pulita. Allora i preti hanno cominciato a blaterare di un secondo genocidio, facendo una propaganda così martellante che qualcuno gli ha creduto. In compenso le nostre truppe si sono praticamente annesse quella parte di Congo con tutte le relative ricchezze, non ultimo il coltan che è così utile per far funzionare i vostri cellulari. Perché lasciarlo a dei buoni a niente come i Congolesi? Sono il paese più ricco del mondo ma riescono a essere uno dei più poveri. Poveretti, non è colpa loro ma della cricca di parassiti che li comanda e che si mangia tutti i soldi. Almeno noi li reinvestiamo nel nostro paese e la differenza si vede: quando si passa dal Rwanda al Congo, sembra di passare dagli Stati Uniti al Messico.  

   I Belgi, si sa, non sono delle cime. Quando si sono impadroniti del Congo, del Rwanda e del Burundi, li hanno chiamati Congo e Rwanda-Urundi, poi hanno tracciato le frontiere e dev’essergli tremata la mano, perché invece di rimanere dalla parte del Rwanda, Bukavu è rimasta dalla parte del Congo. Anche i bambini sanno che storicamente il lago Kivu appartiene al Rwanda. Faceva parte del Grande Rwanda che comprendeva anche la parte meridionale dell’Uganda, un idillico paese dove imperava la civiltà della vacca e della lancia.  Così dobbiamo riprenderci Bukavu, non con un’occupazione militare ma facendo le cose per bene.  Dimostriamo che quella terra è nostra e chiediamo l’annessione all’ONU. Così potremo trasformare la penisola di Bukavu in una specie di Montreux come abbiamo fatto a Gisenyi, prenderci tranquillamente il coltan senza che nessuno ci accusi di spogliare il Congo delle sue risorse e costringere i preti con le loro bande di assassini e stupratori ad accomodarsi un po’ più in là.

Dragor


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