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Riqualifichiamo i Gazosa

Creato il 16 dicembre 2013 da Zero @zeroblogtw

La hipster generation è in sostanza l’archetipo dell’autoironia. Il camuffare la propria identità da presunto intellettuale dietro fin troppo facili cliché di malcostume è ormai una vera e propria tendenza.

Se si vive senza prendere nulla veramente sul serio non si ha la paura di sbagliare; si può cambiare posizione ogni giorno e parlare di qualunque argomento, anche a sproloquio. Ecco allora che per prendere e per prendersi in giro ci si comincia a vestire da idioti, a vedere brutti film e ad ascoltare cattiva musica: “Sono un grande appassionato di Karlheinz Stockhausen, ma poi su fb pubblico gli 883, quelli come me capiranno l’ironia!”. Ma poi Stockhausen lo ascolteranno davvero? Di questo non ne ho idea, ma so per certo che gli 883 li ascoltano eccome, perché anche io lo faccio. Ormai il duo Pezzali/Repetto è entrato a far parte delle librerie musicali di chiunque voglia sfoggiare un certo tipo di stile/idea di pensiero ed è perciò diventato etimologicamente definibile “mainstream”. Questo termine sta agli hipster come shoah sta agli ebrei, ed è proprio per questo che ho deciso di scrivere queste righe, per trovare una soluzione al dilemma che attanaglia milioni di giovani in tutta Italia: con chi posso sostituire gli 883 per essere di nuovo indie ma allo stesso tempo autoironico? Facile, con i Gazosa (con una Z sola, mi raccomando).

Per chi non lo ricordasse, o addirittura non lo sapesse (vergogna!) i Gazosa sono stati una pop-band preadolescente creata e prodotta più o meno a tavolino da San Caterina Caselli. Erano quattro sbarbatelli, 14 anni di media (una sorta di Hanson italiani), tutti figli di musicisti di bassa lega; si ricorda che il padre del chitarrista durante la sua passata carriera collaborò anche in progetti musicali insieme a Richard Benson (non sto scherzando) e questo era già un indizio sul buio futuro del quartetto. I ragazzi iniziarono la loro avventura con sporadiche apparizioni nel programma TV “Disney Club” con il nome di “Eta Beta”, poi cambiato in “Zeta Beta” per ragioni di licenze. Nel 1999 incidono quindi il loro primo singolo, “Mamamia” una cover degli ABBA, che più che una canzone pop per ragazzini sembrava una reinterpretazione synth/power-metal del brano.

Successivamente la band cambia di nuovo nome, stavolta definitivamente, in “Gazosa” e pubblica nel 2000 un album omonimo. Il 2001 è l’anno della consacrazione: esce il singolo “www.mipiacitu” che sbanca le classifiche, riempie le radio e fa da colonna sonora ad uno squallido spot vodafone con Megan Gale, ah i primi anni zero!

 

I ragazzi partecipano a San Remo con il brano “Stai con me (forever) vincendo il concorso “Giovani Proposte”. L’ascesa sembra inarrestabile, ma contro ogni pronostico, poco più di un anno dopo (nel 2003) la band si scioglie. In questi ultimi 12 mesi si ricorda un’ulteriore partecipazione a Sanremo (stavolta nei big) con il brano “Ogni giorno di più” che si posiziona decimo, ma soprattuto la registrazione della cover della stessa Caterina Caselli “Nessuno mi può giudicare” in collaborazione con il rapper (?) Tormento, che porta I Gazosa all’apice della loro maturità musicale, nonostante la base del pezzo fosse un evidente plagio di “Bring me to life” degli Evanescence, canzone in voga lo stesso anno.

 

Qualche anno dopo la cantante Jessica Morlacchi tenta il disco da solista, ma fallisce miseramente nonostante il video del singolo avesse la regia e la fotografia curata da un cineasta che si occupava evidentemente di cinema a luci rosse.

Nessuno oggi si ricorda più dei poveri Gazosa oramai quasi trentenni. I loro profili facebook sono pubblici e senza privacy, così ho passato la mia notte insonne a sbirciarli. Ho visto facce di ragazzi irriconoscibili, senza più sogni ed illusioni, ma ancora con la passione per la musica. Sembra continuino ancora a tenersi in contatto e questo mi ha rincuorato. In un album della cantante c’erano un paio di polaroid scattate in uno dei loro passati concerti, quando erano famosi, quando erano delle rockstar. Nella didascalia si legge: “Gazosa ‘02 … Bei tempi. 4ever”, a seguito una manciata di “mi piace” e qualche commento malinconico.

Guardando quelle foto in qualche modo mi sono sentito vecchio e nostalgico anche io e mi è tornata in mente l’estate dei miei dodici anni, piena di gioia, speranza e musica di merda (quella dei Gazosa appunto). Ho deciso allora di staccare per un po’ con gli 883 e di cominciare (o in qualche modo ricominciare) con i Gazosa per ostentare la mia vena intellettualoide. Spero lo facciate anche voi, perché questi ex-ragazzini se lo meritano davvero. Se non altro il loro chitarrista a 14 anni ha suonato dal vivo sul palco dell’Ariston con indosso una t-shirt dei “Rhapsody” e questo è un evento che merita di essere ricordato.

Gazosa Rhapsody

Vi voglio bene Gazosa, a voi e alla vostra musica di merda.

Con affetto A.M.


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