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Rischio di decadenza per Claudio Lotito?

Creato il 15 febbraio 2014 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Ci sono voluti circa 8 anni e mezzo per venire definitivamente a capo, anche sul piano penale, della natura e degli scopi delle operazioni in oggetto. Ora, grazie alla tenacia di alcuni piccoli azionisti della Lazio e di Federsupporter, che hanno sempre creduto che esistesse un "Giudice a Berlino" e che non si sono mai arresi di fronte alla generalizzata e diffusa indifferenza dell'opinione pubblica e dei mass media che tale opinione avrebbero dovuto e dovrebbero informare, peraltro in ordine a fatti indubbiamente di notevole gravità, oltre che sul piano sportivo, anche, anzi, soprattutto, su quello civile e sociale, si è giunti definitivamente al capolinea.

Quel, così come lo ha definito la Cassazione con sentenza del 4 luglio 2013, depositata in Cancelleria il 30 dicembre 2013, "complesso disegno criminoso" ha fatto sì che una consistente partecipazione azionaria (14,6%) della Lazio non circolasse liberamente sul mercato finanziario e non finisse in mani ostili al dr. Lotito.

In particolare, è stato così arrecato ai piccoli azionisti un complessivo danno, prudenzialmente stimato, in circa 10 milioni di euro, al netto di interessi legali e maggior danno da svalutazione monetaria. Un danno a quegli azionisti, cioè, che, spesso, sacrificando i modesti risparmi di una vita, avevano voluto evitare la scomparsa della Lazio, partecipando all'aumento di capitale del 2004.

Nelle articolate note, qui allegate, di commento alla sentenza della Cassazione svolte dall'Avv. Rossetti, cui si rinvia, sono specificate anche le conseguenze della sentenza sul piano sportivo.

 

 

 

Un complesso disegno criminoso”: così la Corte di Cassazione definisce l’operazione Lotito-Mezzaroma del giugno 2005 relativa all’acquisizione del 14,6% delle azioni della S S  Lazio spa.

( Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’Area Giuridico-Legale).

 

 

  1. I Fatti

La Corte di Cassazione, V Sezione Penale, con sentenza n. 51897 del 4 luglio 2013, depositata in Cancelleria il 30.12.2013, ricostruisce, come di seguito, i fatti sui quali si è pronunciata.

“Lotito Claudio, presidente del Consiglio di gestione della SS Lazio spa, già in possesso, attraverso la Società Lazio Events srl, di un numero di azioni della Lazio pari al 26,96 % del capitale sociale, acquisito nell’anno 2004, nel successivo anno 2005 dava vita ad una operazione che lo avrebbe condotto ad impadronirsi anche del 14,6% delle azioni della Lazio, detenute da Capitalia, attraverso un meccanismo che i giudici di merito hanno ritenuto un vero e proprio  artificio.

Le azioni che Capitalia aveva deliberato di vendere entro il 30 giugno 2005, allo scopo di non inserirle nella relazione semestrale di bilancio, erano state acquistate dallo zio di Cristina Mezzaroma, moglie del Lotito, Roberto Mezzaroma, il quale aveva ricevuto la provvista dell’acquisto, pari a circa 4 milioni di euro dallo stesso Lotito … Le azioni venivano in tal modo acquistate il 30. 06. 2005 dal Mezzaroma, che, il 31.10. 2006, le rivendeva al Lotito, il quale, in virtù della posizione dominante acquisita, lanciava l’OPA (offerta pubblica di acquisto) obbligatoria il 31.11.2006 al prezzo di 0,40 euro ad azione stabilito dalla Consob…. L’organo di vigilanza, attinto dalle denunce di alcuni azionisti di minoranza della Lazio ( ndr lettera-diffida alla Consob, ai sensi dell’art. 328 C.P., omissione di atti di ufficio, dell’8 marzo 2006 da parte di 18 piccoli azionisti, tra i quali il sottoscritto e l’amico, Alfredo Parisi, peraltro preceduta da numerose denunce, sempre del sottoscritto e dell’amico Parisi, reiterate sin dal novembre 2005, con riferimento alla diffusione, sin dal settembre 2005, di notizie di stampa in merito ad un intervento del sig. Giorgio Chinaglia, per conto di un gruppo chimico-farmaceutico europeo, per l’acquisto di partecipazioni di maggioranza della Lazio), scopriva che la somma di 4 milioni di euro rappresentava, al tempo stesso, caparra ed acconto in relazione ad un contratto preliminare di compravendita stipulato il 25. 6. 2005 tra la Lazio Events e la Amadei (ndr. Evelina Amadei, moglie del Mezzaroma), avente ad oggetto le quote di due società immobiliari, la CEIM e la ROIM, che la Amadei si impegnava a cedere alla Lazio Events, quindi al Lotito, e che venivano effettivamente cedute a quest’ultima società il 31.10.2006, ad un prezzo (5.050.000 euro), dimezzato rispetto a quello originariamente pattuito, dopodiché, avendo gli altri soci della Amadei esercitato il diritto di opzione per 4.549.925 euro, il contratto si era risolto.

Per la Consob (cfr. Deliberazione n.16326 del 30 gennaio 2008- ndr) si era in presenza di un patto parasociale tra il Lotito ed il Mezzaroma non comunicato, in violazione di legge, all’organo di vigilanza, in violazione di quello che il Tribunale definisce un sincronismo eclatante tra distinti negozi stipulati tra la Lazio Events, l’Amadei ed il Mezzaroma, anche se il TAR ( cfr. sentenza n. 8835/2008 del Tar del Lazio -  ndr) annullava i relativi provvedimenti adottati dalla stessa Consob, sul rilievo che il modello dualistico dell’organizzazione societaria adottato dalla Lazio, che limita i poteri dell’assemblea dei soci, detenendo il Lotito il doppio delle azioni del Mezzaroma, egli non avrebbe avuto alcun interesse a stipulare un patto parasociale, avendo già il controllo della governance della SS Lazio”.

Successivamente, il Consiglio di Stato, Sezione VI, con sentenza dell’uno dicembre, depositata in Segreteria il 17 dicembre 2009, su appello della Consob, ancora una volta dietro sollecitazioni dei piccoli azionisti, riformava la predetta sentenza del TAR del Lazio, definitivamente accertando, in sede giurisdizionale amministrativa, l’avvenuta stipulazione, quantomeno il 30.06.2005 con prosecuzione fino al 31.ottobre 2006, di un patto parasociale occulto per l’acquisto di concerto di azioni della Lazio tra il Lotito ed il Mezzaroma, con conseguente violazione dell’obbligo di OPA totalitaria che avrebbe dovuto essere lanciata nel mese di luglio 2005.

In particolare, il Consiglio di Stato affermava che il patto aveva avuto la funzione di “cristallizzare  gli assetti proprietari della Lazio e di rafforzare l’influenza del socio di riferimento nella gestione della società. Il patto ha, infatti, precluso che la partecipazione di Capitalia circolasse liberamente sul mercato ed ha fatto sì che la stessa venisse acquistata da un soggetto non ostile al dott. Lotito”

Il Consiglio di Stato affermava, inoltre, che il patto parasociale, che avrebbe fatto scattare l’obbligo di OPA  dal 30 giugno 2005, OPA poi effettuata nel novembre/dicembre 2006, aveva consentito al Lotito di “ programmare” l’OPA stessa “ in un tempo diverso e soprattutto ad un prezzo diverso ( 0,40 euro nel dicembre 2006 a fronte di 0,75,29 euro per azione se l’offerta fosse stata correttamente promossa nel giugno 2005).”

Cosa che, secondo una stima prudenziale, ha cagionato agli altri azionisti della Lazio un danno ammontante complessivamente a 10 milioni di euro, senza contare interessi legali e maggior danno da svalutazione monetaria.

Il Tribunale di Milano, Sezione II Penale, nel marzo 2009, aveva, altresì, condannato per i medesimi fatti il Lotito ed il Mezzaroma, rispettivamente, a 2 anni di reclusione ed a 65.000 euro di multa ed a 1 anno di reclusione e a 45.000 euro di multa, con interdizione per entrambi dai pubblici uffici e da uffici direttivi di persone giuridiche e con incapacità a contrattare con la Pubblica Amministrazione per la durata di un anno, per i reati di aggiotaggio manipolativo ed informativo del mercato finanziario e di ostacolo all’attività di vigilanza della Consob.

 

La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 12 maggio 2012, confermava l’impianto della sentenza di primo grado.

Si legge, infatti, nella sentenza della Cassazione, che “ Sotto il profilo più strettamente relativo al mercato, si può affermare, sinteticamente, che la Corte territoriale ha condiviso l’impostazione della Consob in ordine alla riconducibilità al Lotito delle azioni acquistate dal Mezzaroma, avente natura manipolatoria perché elusiva dell’obbligo di lanciare l’OPA totalitaria, affermando esplicitamente che questo fatto rappresenta il punto nodale della decisione, per cui non assume rilievo definire tale fatto in termini di interposizione fittizia di persone (come fa il Tribunale) o in termini di patto parasociale, come fa la Consob o, altra ipotesi astrattamente configurabile,  come acquisto di concerto ex art. 109 TUF, in quanto non è discutibile che l’acquisto delle azioni Capitalia sia riconducibile al Lotito e,qualunque sia stata la natura dell’accordo intervenuto tra i due imputati, in ogni caso esso era idoneo a turbare la libertà del mercato, in quanto celava una situazione di fatto che avrebbe imposto al Lotito di lanciare l’OPA totalitaria….. l’incoercibilità dell’obbligo dell’OPA, che appare come un fatto indifferente rispetto alla configurazione del reato e nemmeno la condotta del Lotito può essere ricondotta, come preteso dalla difesa, alla luce del principio di specialità, al paradigma normativo di cui all’art. 192 TUF, che configura un illecito amministrativo in quanto il reato di cui si discute non consiste nel mancato lancio dell’OPA, bensì nella descritta condotta manipolativa, rispetto alla quale l’esenzione dell’OPA rappresenta il fine ed uno degli elementi che configurano la condotta del reato …. Il prezzo che il Lotito avrebbe dovuto pagare avrebbe dovuto essere pari a 0,71 euro per azione in quanto, come rilevato dalla Consob, la normativa vigente all’epoca (art.106, co. 2, TUF) imponeva che l’offerta venisse promossa ad un prezzo non inferiore alla media aritmetica tra il prezzo medio ponderato degli ultimi dodici mesi e quello più elevato pattuito nello stesso periodo dall’offerente per acquisti di azioni della stessa categoria, per cui, nel relativo calcolo, andava considerato il prezzo di un euro per azione pagato dal Lotito in occasione dell’aumento di capitale sociale, avvenuto nel 2004, derivante dalla somma di euro 0,60 di valore nominale del titolo e di euro 0,40 di sovrapprezzo, comprensivo del premio di maggioranza, per cui sarebbe stato iniquo che egli si fosse avvantaggiato dell’aumento di capitale eseguito dagli altri azionisti per il prezzo di un euro ad azione, per poi, in sede di OPA, offrire ai medesimi un prezzo che non tenesse conto di quanto da costoro pagato per l’aumento di capitale; inoltre il periodo di 12 mesi, entro cui, procedendo a ritroso, bisogna calcolare i prezzi per azione nella media, decorre dal giorno in cui scatta l’obbligo dell’OPA (in questo caso il 30 giugno 2005), mentre i trenta giorni successivi a tale giorno rappresentano il termine entro il quale va lanciata l’OPA, ma non devono essere considerati ai fini del calcolo del prezzo……In relazione al reato di cui all’art. 2638 C.C., poi, la Corte territoriale da un lato rileva che le informazioni non riferite alla Consob, attengono alla situazione economica, finanziaria e societaria della SS Lazio, per cui non vi sono dubbi sull’applicabilità della disposizione in questione, apparendo evidente che entrambi gli imputati hanno mentito all’organo di vigilanza….Con riferimento, infine, al delitto di cui all’art.173 TUF  [ndr. obbligo per gli amministratori di società quotate o di società che partecipano al capitale di società quotate di alienazione, in caso di violazione dell’obbligo di OPA, dei titoli eccedenti la percentuale del 30% del suddetto capitale entro dodici mesi], la Corte evidenzia da un lato che il reato è stato giustamente addebitato al Lotito quale amministratore di fatto della Lazio Events, senza che con ciò risulti violato il principio della correlazione tra il fatto contestato al Lotito nell’imputazione (in cui egli appare come presidente del Consiglio di gestione ed amministratore di fatto della SS Lazio) e quello ritenuto in sentenza, non trattandosi, anche ai fini della contestazione suppletiva, di un  fatto nuovo rispetto al quale le parti possano lamentare la lesione del diritto di difesa, in quanto la diversa qualifica del Lotito e la mancata alienazione delle azioni riguardano circostanze e fatti emergenti dagli atti per tabulas, di cui gli imputati erano al corrente perché acquisiti al processo, dall’altro che il Mezzaroma concorre in tale reato, pur non essendo il soggetto su cui gravava l’obbligo di cessione, ma avendo egli consentito al Lotito con la sua condotta di detenere le azioni in misura eccedente il 30% del capitale sociale”.

La sentenza impugnata della Corte d’Appello di Milano si concludeva con la condanna del Lotito ad un anno e sei mesi di reclusione ed a 40.000 euro di multa, nonché con la condanna del Mezzaroma  ad un anno e due mesi di reclusione ed a 30.000 euro di multa per i reati di aggiotaggio manipolativo ed informativo, di ostacolo all’attività dei vigilanza della Consob e di omessa alienazione di partecipazioni azionarie.

 

 

 

2) Le decisioni della Cassazione   

La Corte ha annullato, senza rinvio, la sentenza impugnata per estinzione dei reati di aggiotaggio manipolativo ed informativo del mercato e di ostacolo all’attività di vigilanza della Consob “Dovuta al maturarsi del relativo termine prescrizionale, nonché con rinvio, limitatamente al solo profilo della rideterminazione del trattamento sanzionatorio” in relazione al reato di omessa alienazione di partecipazioni azionarie.

“Come è noto, infatti”, afferma la Corte, “il principio della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità sancito dall’art. 129 CPP opera anche in sede di legittimità … Ritiene il Collegio di aderire all’orientamento affermatosi in sede di legittimità, secondo cui in presenza della causa estintiva della prescrizione, l’obbligo di declaratoria di una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129, comma 2, cod. proc. pen., da parte della Corte di Cassazione richiede il controllo unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli atti dai quali può essere desunta la sussistenza della causa più favorevole sono contenuti unicamente nella predetta sentenza … Occorre, pertanto, che gli elementi idonei ad escludere l’esistenza del fatto, la rilevanza penale di esso e la non commissione del medesimo da parte dell’imputato emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, sicchè la valutazione che deve essere compiuta al riguardo appartiene più al concetto di constatazione che a quello di apprezzamento. Ne consegue che nel giudizio di Cassazione, qualora la motivazione del giudizio di merito dia contezza delle ragioni poste a fondamento dell’effettuato giudizio di responsabilità dell’imputato, come nel caso in esame, non può nel contempo emergere dagli atti, con la necessaria evidenza, una causa assolutoria nel merito. Nel caso in esame il termine di prescrizione dei reati di cui ai capi a 1) e a 2) dell’imputazione, relative a due distinte ipotesi di c.d. aggiotaggio manipolativo (capo a1) e c.d. aggiotaggio informativo (capo a 2)…contestate come commesse, rispettivamente, il 30 giugno 2005 e il 2/4 luglio 2005, è pari, nella sua estensione massima, tenuto conto, cioè, degli atti interruttivi intervenuti dal momento della commissione di entrambi i reati, a sette anni e sei mesi, per cui tale termine, in mancanza di cause di sospensione del relativo decorso, era perento alla data di pronuncia della sentenza di secondo grado (12 marzo 2012 ndr),    senza che il giudice, come era suo preciso obbligo, ai sensi dell’art. 129, co. 1, CPP, lo abbia rilevato. Anche il delitto di cui al capo b) dell’imputazione (artt. 110, 81, cpv., 61, n.2, 2638 CC) risulta estinto per prescrizione [si tratta del delitto di ostacolo all’attività di vigilanza della Consob ndr].

Al riguardo va, tuttavia, precisato che la data di commissione del reato, rispetto a quanto indicato nel capo di imputazione, che fa riferimento al marzo 2006 come momento in cui venne accertato il reato stesso, va anticipata quanto meno al 24 novembre 2005.

E’ in tale data, infatti, come si evince dal testo della sentenza impugnata, che perveniva alla Consob comunicazione scritta con cui il Mezzaroma, d’intesa con il Lotito, il quale aveva anche provveduto a diffondere un comunicato stampa dello stesso tenore il giorno prima, aveva negato all’organo di vigilanza, da cui era stato invitato a fornire delucidazioni sul punto, l’esistenza di un accordo intervenuto con il compimento dell’atto di acquisizione delle azioni detenute da Capitalia. In quel momento, dunque, si è perfezionata la commissione del reato, commesso in concorso dal Lotito e dal Mezzaroma, secondo l’impostazione accusatoria fatta propria dai giudici di primo grado e di secondo grado…Ne consegue che, dovendosi individuare nel 23/24/11/2005 la data di commissione del delitto di cui al capo b), il relativo termine di prescrizione, pari, nella sua estensione massima, tenuto conto, cioè, degli atti interruttivi intervenuti dal momento della sua commissione, a sette anni e sei mesi, risulta, in mancanza di cause di sospensione del relativo decorso, perento dopo la pronuncia della sentenza di secondo grado”.

 

Circa, invece, il reato di cui all’art. 173 del TUF (omessa alienazione di partecipazioni), non essendo intervenuta l’estinzione di tale reato per prescrizione, la Cassazione respinge il ricorso avverso l’impugnata decisione di secondo grado.

Nessuna violazione”, afferma la Corte di legittimità, “è ravvisabile nel caso in esame, in quanto il fatto nuovo contestato dal pubblico ministero nel corso del giudizio di primo grado (udienza del 28/5/2008) risulta connesso, ai sensi dell’art. 12, co. 1, lett. b), CPP, agli altri reati, trattandosi in tutta evidenza, come ritenuto dai giudici di merito, di delitti tutti unificati sotto il vincolo della continuazione, essendo stati posti in essere in occasione di un medesimo disegno criminoso, ordito dal Lotito e dal Mezzaroma…Ne consegue che il fatto nuovo costituente il reato di cui all’art. 173 TUF non doveva essere contestato agli imputati nelle forme ordinarie previste per il decreto di citazione in giudizio dall’art. 552 CPP … , in quanto l’art. 518, co. 1 CPP, esclude che si proceda nelle forme ordinarie nei casi previsti dall’art. 517, co. 1, CPP, quando, cioè, nel corso dell’istruttoria dibattimentale emerga un reato connesso a quello o a quelli per cui si procede ai sensi dell’art. 12, co. 1, lett. b), CPP … Si ha, pertanto, violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza se il fatto contestato sia mutato nei suoi elementi essenziali in modo tanto determinante da comportare un effettivo pregiudizio ai diritti della difesa. Deve cioè trattarsi di una trasformazione materiale dei contenuti dell’addebito, tale da impedire di approntare la difesa in ordine al fatto ritenuto in sentenza…Ne consegue, come è stato affermato dal Supremo Collegio nella sua espressione più autorevole, che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione…Ciò è quanto si è verificato nel caso in esame. Nel corso del giudizio di primo e secondo grado, infatti, il Lotito è stato messo in condizione di comprendere (e di fronteggiare) l’intero significato dell’accusa formulata nei suoi confronti, che si fonda su di una serie di elementi da cui sin dal momento della contestazione suppletiva è emerso che il reato di cui all’art. 173 TUF rappresentava, in definitiva, uno degli obbiettivi perseguiti dai ricorrenti.

Il punto di arrivo, in altri termini, di un complesso disegno criminoso, sorretto, a differenza di quanto contestato nel ricorso a firma dell’Avv. Dinoia, dal dolo in ciascuno dei segmenti costituenti le singole ipotesi di reato riscontrate dai giudici di merito, reso possibile dal concorso del Mezzaroma e del già conseguito possesso di una parte delle azioni della S.S. Lazio, assicurato al Lotito dal controllo di fatto della Lazio Events … L’obbligo di alienazione della partecipazione superiore al 30% del capitale sociale previsto dal combinato disposto degli artt. 110 e 106, co. 1, TUF, ai sensi dell’art. 173 TUF, grava sugli amministratori di società con azioni quotate, i quali, in caso di inadempimento, sono sottoposti alla sanzione penale prevista dal menzionato art. 173, TUF. Correttamente, dunque, la corte territoriale ha affermato la responsabilità del Lotito per il reato di cui si discute.

Dovendosi, infatti, avere riguardo alla situazione di fatto nella gestione della compagine sociale, essendo la finalità della disciplina in materia quella di evitare la concentrazione occulta del capitale sociale nelle mani di un singolo, per rispondere ad esigenze di trasparenza del mercato azionario, appare evidente che, nel caso in esame, l’imputato ha concentrato nelle sue mani una partecipazione superiore al 30% del capitale sociale della S.S. Lazio, sia come amministratore di quest’ultima società, sia come amministratore di fatto della Lazio Events, che partecipa al capitale sociale della S.S. Lazio, per cui su di lui incombeva l’obbligo di alienazione della partecipazione in eccedenza.

In tale reato concorre senza dubbio il Mezzaroma, secondo le regole tipiche del concorso nel reato omissivo proprio…Ne consegue che, pur non essendo configurabile a carico del Mezzaroma un obbligo formale di alienazione della suddetta partecipazione azionaria, in virtù della funzione incriminatrice dell’art. 110 CP., egli può essere chiamato a rispondere del reato omissivo proprio commesso dal Lotito.

Sulla base delle svolte considerazioni, pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio, con riferimento ai reati, estinti per prescrizione, di cui ai capi a 1), a 2) e b) (aggiotaggio manipolativo ed informativo, ostacolo all’attività di vigilanza della Consob ndr), con conseguente eliminazione delle pene ad essi correlate, avendo il giudice di merito applicata la disciplina della continuazione nella determinazione del trattamento sanzionatorio, mentre va annullata con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, solo ed esclusivamente per la mera determinazione della pena da infliggere agli imputati, in relazione ai reati di cui agli artt. 81, cpv., 110, cp., 110, 173, d.lgv. 24/2/1998 n. 58, oggetto di contestazione suppletiva, trattandosi di valutazione di merito non consentita al giudice di legittimità”.

 

Pertanto, estinti per prescrizione i reati di aggiotaggio manipolativo ed informativo, di ostacolo all’attività di vigilanza della Consob, con eliminazione delle correlative pene, resta definitivamente accertata in capo al Lotito la commissione del reato di mancata alienazione della partecipazione azionaria della S.S. Lazio eccedente il 30% del capitale sociale, entro il termine di 12 mesi decorrente dal momento (30 giugno 2005) in cui lo stesso Lotito ha violato l’obbligo di Opa totalitaria, nonché, in capo al Mezzaroma, la commissione del reato di concorso omissivo proprio nel reato commesso dal Lotito.

Così accertati definitivamente i suddetti reati, alla Corte d’Appello di Milano non resta che determinare l’entità delle sanzioni da infliggere, considerato che l’art. 173 TUF prevede la sanzione della reclusione fino ad un anno e della multa da euro 25 mila a euro 2 milioni e 500 mila.

 

 

3) Le conseguenze della sentenza sul piano civile

L’art. 198 CP. (effetti dell’estinzione del reato o della pena sulle obbligazioni civili) stabilisce che l’estinzione del reato non comporta l’estinzione delle obbligazioni civili derivanti dal reato, ad eccezione delle multe e delle ammende inflitte a personale dipendente e delle obbligazioni civili di persone giuridiche per multe ed ammende inflitte a chi ne abbia la rappresentanza o l’amministrazione o a chi abbia con esse rapporti di dipendenza.

Ne discende, nel caso in esame, che, a seguito della sentenza in commento, sia il Lotito sia il Mezzaroma rimangono obbligati civilmente nei confronti dei soggetti danneggiati dai reati dagli stessi commessi, anche relativamente a quelli dichiarati estinti per prescrizione.   

 Più precisamente, i sunnominati rimangono civilmente obbligati per il risarcimento dei danni che “il complesso disegno criminoso”  da loro attuato ha arrecato a tutti gli altri azionisti della S.S. Lazio spa al 30 giugno 2005: data in cui scattava l’obbligo di Opa totalitaria.

Danni (art. 185, secondo comma, CP) sia in termini di diminuzione patrimoniale (danno emergente) sia in termini di perdita di occasione di guadagno (lucro cessante), quale quello determinatosi per la mancata promozione dell’Opa totalitaria dalla suddetta data del 30 giugno 2005, al prezzo di 0,71 euro per azione, anziché al prezzo di 0,40 per azione, determinatosi per la presentazione della suddetta Opa solo il 3 novembre 2006.

Danno, quest’ultimo, ragionevolmente quantificabile, come detto sub. 1, in complessivi 10 milioni di euro, al netto di interessi legali e di ulteriore danno da svalutazione monetaria.

 

Peraltro, con lettera aperta del 29 settembre 2012 ai piccoli azionisti della Lazio, Federsupporter, tenuto conto che tra i propri soci figuravano, come figurano, piccoli azionisti della predetta Società, chiedeva a costoro se fossero stati interessati a un’iniziativa per la costituzione di un litisconsorzio (accordo tra soggetti aventi medesimi diritti ed interessi per la tutela di questi in sede giudiziaria), onde chiedere ed ottenere, nelle competenti sedi giudiziarie, il risarcimento dei danni derivanti, in allora, dalla sentenza del Consiglio di Stato dell’1/17 dicembre 2009, che aveva definitivamente accertato, a carico del Lotito e del Mezzaroma, l’illecito amministrativo costituito dalla violazione dell’obbligo di promozione di Opa totalitaria dal 30 giugno 2005.

Anche l’illecito amministrativo, infatti, oltre a quello penale, è fonte di obbligo civile di risarcimento dei relativi danni.

Purtroppo, non era e non è possibile attivare la cosiddetta “class action”, da qui l’esigenza di costituire un litisconsorzio, in quanto la legge che prevede e disciplina tale azione esclude che essa possa essere esercitata con riferimento, come nel caso in esame, a fatti anteriori alla data di entrata in vigore della stessa legge.

 

La proposta di Federsupporter rimase ed è finora rimasta disattesa, non è dato sapere se per scarsa conoscenza, scarsa comprensione o se per disinteresse.

Ora, dopo la sentenza della Cassazione da cui deriva che il risarcimento dei danni in parola è dovuto per i plurimi illeciti penali, sebbene alcuni di essi dichiarati estinti per prescrizione, accertati, in via definitiva, dal Supremo Collegio, Federsupporter si riserva di valutare il rilancio, nei prossimi giorni, a beneficio dei piccoli azionisti della Lazio al 30 giugno 2005, della iniziativa proposta nell’ottobre 2012, tenuto conto che, per evidenti ragioni di economicità, non sono concretamente attuabili azioni a livello individuale.

Si tenga presente che, oltre al risarcimento dei danni patrimoniali, si può chiedere ed ottenere anche il risarcimento (art. 185, secondo comma, CP.) dei danni non patrimoniali: vale a dire dei danni morali.

Danni che consistono essenzialmente in ingiusti turbamenti degli animi: turbamenti che, come già evidenziato nella suddetta lettera aperta, sono quelli causati dal disinganno e dalla delusione dei piccoli azionisti della Lazio, obbiettivi di quel “complesso disegno criminoso”, così come definito dalla Cassazione, ordito ai loro danni dal Lotito e dal Mezzaroma nel giugno 2005; cioè da coloro, in specie dal Lotito, che avrebbero dovuto, invece, tutelarli, in virtù del detenuto controllo della Società.

Piccoli azionisti i quali, come pure già rilevato nella citata lettera aperta, con l’acquisto di azioni della Lazio, non avevano certamente inteso operare nelle vesti di speculatori finanziari, bensì esclusivamente a motivo della propria passione e del proprio amore per la società del cuore, con sacrifici, a volte, commoventi (chi scrive può testimoniare di aver assistito a persone non agiate che, per il salvataggio e la sopravvivenza della Lazio, parteciparono all’aumento di capitale del 2004, sacrificando vacanze, l’acquisto di un motociclo, tutti o gran parte i modesti risparmi di una vita).

Federsupporter si riserva, altresì, l’invio, nei prossimi giorni, di lettere raccomandate ar di messa in mora del Lotito e del Mezzaroma, in nome e per conto dei propri soci, piccoli azionisti della Lazio, anche ai fini interruttivi di termini prescrizionali decorrenti dalla data (4 luglio 2013) della sentenza della Cassazione.

 

A proposito di prescrizione, in questo caso, dei reati commessi dal Lotito e dal Mezzaroma, mi sia consentita qualche osservazione.

Tale prescrizione si è verificata, a mio parere, oltre che per le note lungaggini della giustizia italiana, per cui il nostro Paese ha subito plurime condanne da parte degli Organi giurisdizionali europei (il primo Presidente della Corte di Cassazione, in occasione nei giorni scorsi dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, ha sottolineato che ben il 7% del totale dei processi penali si conclude con l’estinzione dei reati per prescrizione), a causa dell’inerzia e della pigrizia della Consob nel procedere tempestivamente all’accertamento, in sede amministrativa, dell’esistenza di quel “complesso disegno criminoso”, poi, definitivamente disvelato ed accertato in sede penale, di merito e di legittimità.

E’, infatti, dal predetto accertamento in sede amministrativa che le iniziative giudiziarie hanno preso le mosse e lascia francamente ancora perplessi che la Consob, per attivarsi, abbia avuto la necessità di essere reiteratamente sollecitata dai piccoli azionisti, fino al punto della lettera-diffida dell’8 marzo 2006, inviata ai sensi dell’art. 328 CP. (omissione di atti di ufficio).

Suscita anche perplessità il fatto che la Consob non si sia costituita parte civile nei processi penali, così come previsto dall’art. 187, undecies, secondo comma, del TUF e così come solitamente fa la Commissione in casi del genere, nonché il fatto che, pur formalmente e reiteratamente sollecitata in tal senso da Federsupporter, neppure abbia ritenuto di esercitare nei predetti processi, ai sensi dell’art. 187 undecies, primo comma, dello stesso TUF, i diritti e le facoltà attribuiti dal CPP. agli enti e alle associazioni rappresentativi degli interessi lesi dal reato: nella specie, gli interessi dei piccoli azionisti della Lazio.

Laddove si è avuta e si ha l’impressione che, così come rilevato nelle mie note del 21 novembre 2008, i piccoli azionisti di una società calcistica quotata, per una sorta di snobismo socio-culturale nei confronti del mondo del calcio e dei tifosi, siano stati e siano da considerare meritevoli di una tutela affievolita in ordine alle manifestazioni della loro vita.

Insomma, quasi che il risparmiatore/investitore “tifoso” sia un po’ “ meno serio” e “ rispettabile” dell’investitore/risparmiatore “normale” e che una società di calcio quotata “sia meno seria” e  meno rispettabile” di una qualsiasi altra società quotata.

Aggiungasi, sempre sotto il profilo delle conseguenze della sentenza sul piano civile, che il Consiglio di Sorveglianza della SS Lazio spa e la Consob sono tenuti a verificare, ai sensi e per gli effetti dell’art.18 dello Statuto della Società cui rinvia l’art. 2387 C.C., se il dr. Lotito, alla luce della condanna definitiva per il reato di cui all’art. 173 del TUF, sia ancora in possesso dei requisiti di onorabilità indicati dallo stesso Consiglio di Sorveglianza, dalla Consob e dalle Autorità di vigilanza sportive: requisiti ai quali è subordinata l’assunzione ed il mantenimento della carica di amministratore della SS Lazio spa.

Non solo, ma, per il combinato disposto degli artt. 173,110 e 14, comma 5, del TUF, occorrerà anche verificare, da parte del Consiglio e della Commissione predetti, se e, in caso affermativo, quali deliberazioni o diversi atti siano stati eventualmente adottati con il voto o, comunque, con il contributo determinante delle intere partecipazioni detenute dal dr. Lotito e dall’arch. Mezzaroma nel periodo dal 30 giugno 2005 ( data in cui si è determinata la violazione dell’obbligo di OPA totalitaria) al 3 novembre 2006 ( data in cui l’OPA è stata lanciata); periodo in cui, ai sensi e per gli effetti dell’art. 110, 1°comma, del TUF, non poteva essere esercitato il diritto di voto inerente alle intere partecipazioni come sopra detenute.

 

 

4) Le conseguenze della sentenza sul piano sportivo.

 

L’art. 22 bis ( Disposizioni per l’onorabilità) delle NOIF ( Norme Organizzative Interne Federali) della FIGC, nel testo modificato di cui alla Delibera del Consiglio Federale pubblicata con Comunicato Ufficiale n. 123/A del 7 marzo 2012, stabilisce, per quello che qui interessa, che “non possono assumere la carica di dirigente di società o di associazione” e, “se già in carica decadono” , coloro i quali vengano condannati con sentenza passata in giudicato per i delitti, tra gli altri di cui al “ Testo Unico delle disposizioni in materia di Intermediazione finanziaria (D.L.vo 24 febbraio 1998, n.58)”.

Ciò premesso, poiché il dr. Lotito è stato condannato con sentenza ormai passata in giudicato per uno dei delitti ( violazione dell’obbligo di cessione di partecipazioni azionarie eccedenti il 30% del capitale sociale di una società quotata entro 12 mesi decorrenti dalla violazione dell’obbligo di promuovere una OPA totalitaria, art. 173 TUF), senza che , come si è visto, tale delitto sia stato dichiarato estinto per prescrizione ed a nulla rilevando, sotto il profilo dell’avvenuta condanna, il rinvio operato dalla Cassazione alla Corte d’Appello di Milano esclusivamente ai fini della determinazione dell’entità della pena conseguente alla condanna, dovrebbe essere dichiarata la decadenza del sunnominato dr. Lotito dalla carica di dirigente, nel caso specifico di Presidente del Consiglio di gestione, della Lazio, nonché dalla carica di Consigliere della Lega Calcio di Serie A.

A questo proposito, il comma 6 bis dell’art. 22 bis citato prevede che “ i dirigenti di società” ove intervenga “ una situazione di incompatibilità di cui al 1° comma”, vale a dire, nel caso in esame, una condanna passata in giudicato per uno dei reati di cui al TUF, i suddetti dirigenti “ sono tenuti a darne immediata comunicazione alla Lega”.

Il successivo comma 7 prevede, “ In caso di omessa immediata comunicazione di cui al precedente comma “  che i soggetti interessati “ incorrono nella decadenza dalla carica, ferma restando l’applicazione delle disposizioni del codice di giustizia sportiva”.

Chi, dunque, incorra in una delle cause di decadenza dalla carica di cui al comma 1 e non la comunichi immediatamente alla Lega competente, nella fattispecie, alla Lega Calcio di Serie A, non solo incorre, come ovvio, nella decadenza stessa, ma subisce anche l’applicazione di sanzioni disciplinari.

Non solo, ma l’art.10, comma 5, delle NOIF stabilisce  il divieto di ricoprire cariche federali elettive o di nomina per coloro i quali abbiano riportato una condanna definitiva per reati non colposi, quale è quello, nel caso in esame, non estinto per prescrizione, di cui alla sentenza della Cassazione.

Ne discende, per tutte le ragioni sopra esposte, che il dr. Lotito dovrebbe essere dichiarato decaduto, non solo dalla carica di dirigente della Lazio e dalla carica di Consigliere della Lega Calcio di Serie A, ma anche dalla carica di Consigliere federale nominato dalla predetta Lega e, qualora non avesse già immediatamente comunicato a quest’ultima la sentenza della Cassazione che lo riguarda, depositata in Cancelleria il 30 dicembre scorso, sarebbe, altresì, passibile di sanzioni disciplinari.

Nei prossimi giorni Federsupporter, in caso di inerzia della FIGC, valuterà l’opportunità di diffidare formalmente la Federazione affinchè adotti, senza indugio, i provvedimenti di cui alle richiamate disposizioni delle NOIF in materia di decadenza, nonché valuterà l’opportunità di rivolgere al CONI un formale invito ad esercitare il dovuto controllo sulla predetta Federazione perché quest’ultima rispetti, correttamente e puntualmente, le norme che prevedono l’esercizio dei suoi poteri-doveri.

Circa il fatto che l’art. 22 bis delle NOIF, nel testo approvato dalla FIGC il 7 marzo 2012, sia successivo all’epoca ( giugno 2005) della commissione del delitto, non estinto, per cui il dr. Lotito è stato definitivamente condannato, reato che, alla stessa epoca, non era ancora contemplato dall’art. 22 bis, è opportuno rilevare quanto segue.

L’Alta Corte di Giustizia Sportiva del CONI, su ricorso dello stesso dr. Lotito avverso il provvedimento della FIGC del 13 febbraio 2012 che lo sospendeva in via cautelare dalla carica di Consigliere federale e di componente del Comitato di Presidenza della Federazione, in applicazione dell’art. 11 del nuovo Codice di Comportamento Sportivo del CONI, nel dichiarare il 5/26 marzo 2012 il ricorso inammissibile ed in parte infondato, ha sancito la portata non retroattiva del nuovo Codice, poichè “ esso non ha riqualificato il comportamento tenuto dall’odierno ricorrente (ndr. Il Lotito) ma ha assunto la sua condanna ( ancorchè non definitiva) in sede penale come un mero fatto, nella sua pura oggettività, ricollegando a tale fatto conseguenze nuove, certo, ma pur sempre rivolte al presente ed al futuro, non al passato.”

Il TAR del Lazio, Sezione Terza quater, a propria volta, adito dal dr. Lotito per l’impugnazione della suddetta decisione dell’Alta Corte del CONI,  con sentenza depositata in Segreteria il primo giugno 2012, ha sancito, tra l’altro, confermando sul punto la decisione impugnata, che “ la retroattività della disposizione contestata deve essere esclusa atteso che il sig. Lotito è stato sospeso a decorrere dalla data di entrata in vigore della novella ( 13 febbraio 2012) in considerazione del suo status di soggetto condannato ( dall’8 novembre 2011) per reati contemplati nell’allegato A dello stesso Codice. Di retroattività si sarebbe potuto parlare nel caso in cui la sospensione fosse stata fatta decorrere dall’8 novembre 2011, data della pubblicazione della sentenza della IX Sezione Penale del Tribunale di Napoli ( ndr condanna per frode sportiva). Aggiungasi, ed il rilievo è assorbente di ogni altra considerazione, che un problema di retroattività potrebbe, al più porsi con riferimento ad un provvedimento di carattere sanzionatorio, ma non certo ad un atto, quale è quello oggetto di impugnazione, di natura cautelare, la cui ratio è preservare l’ordinamento sportivo dal nocumento che potrebbe recare  la presenza di soggetti, con poteri decisionali importanti, in relazione ai quali sussiste un dubbio ( giustificato anche da una già intervenuta pronuncia di condanna penale, ancorchè non definitiva)  di discutibile moralità ed onorabilità”.

Principio, quello sopra enunciato dal TAR del Lazio, che, a maggior ragione, deve applicarsi ove, come nel caso in esame, sia intervenuta una condanna penale definitiva e posto che la decadenza dalle cariche sociali, in Lega e federali, non ha natura sanzionatoria, come le sanzioni disciplinari contemplate dal Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, bensì, per l’appunto, cautelare, con il fine di evitare, come opportunamente rilevato dal TAR, la presenza, nell’ambito dell’ordinamento sportivo, di soggetti di “ discutibile moralità ed onorabilità”: discutibilità asseverata da una condanna penale definitiva per uno dei reati previsti dalle norme sportive, quale parametro e indice di quella “ discutibile moralità ed onorabilità” di cui parla la sentenza del TAR del Lazio.

Non v’è dubbio, quindi, a mio avviso, che, alla luce dei chiari principi di cui sopra, le decadenze previste dall’art. 22 bis e dall’art.10, comma 5, delle NOIF siano applicabili, ancorchè i fatti per cui è stata riportata la condanna penale definitiva risalgano ad epoca anteriore a quella nella quale la tipologia di reati da cui scaturisce la decadenza non era ancora contemplata dalle norme sportive quale parametro e indice di “ discutibile moralità ed onorabilità”.

E, per concludere, sembra quasi una nemesi storica che la mancanza del requisito di cui sopra riguardi una persona che, un giorno sì e l’altro pure, si è dilettata e si diletta ad impartire ex cathedra, urbi et orbi, lezioni di moralità ed onorabilità.

 

 

 

5)La questione della competenza territoriale.

 

La sentenza della Cassazione si pronuncia anche sulla controversa questione circa la competenza territoriale.

La Corte ribadisce “ la correttezza del percorso argomentativo seguito dalla Corte d’Appello nel rigettare l’eccezione di incompetenza territoriale dell’Autorità Giudiziaria milanese, in quanto l’intervenuta estinzione dei reati in tema di aggiotaggio non incide sulla competenza originaria dei giudici milanesi per tutti i reati in contestazione…. Trattandosi, pertanto, di un reato  ( ndr. aggiotaggio) di mera condotta, cioè di un reato la cui commissione si verifica nel momento e nel luogo in cui viene compiuta dall’agente- o, per esso, da un suo mandatario- la fase conclusiva della sequenza di atti in cui si concreta l’azione vietata, l’aggiotaggio manipolativo si consuma quando viene posto in essere l’atto concretamente idoneo a provocare una sostanziale alterazione del prezzo di strumenti finanziari….. Correttamente, dunque, la Corte di merito ha individuato il momento consumativo dell’illecito nell’immissione della proposta di acquisto ( già effettuato ai blocchi, cioè fuori mercato) nella rete telematica del mercato borsistico gestito dalla Borsa di Milano…. In questo momento, infatti, incrociandosi la proposta di acquisto formulata dal Mezzaroma, per il tramite della CREDEM e quella di vendita di Capitalia, è stata posta in essere la condotta idonea a turbare il mercato, perché finalizzata al trasferimento, attraverso il Mezzaroma, in capo al Lotito delle azioni che gli avrebbero imposto di lanciare l’OPA al prezzo determinato dalla Consob, dovendosi mantenere sempre distinto l’effetto manipolativo di tale condotta, conseguente il mancato lancio dell’OPA, che ha tenuto artificiosamente basso il prezzo delle azioni, con l’anticipazione della punibilità della condotta idonea a determinare siffatta conseguenza, il cui concreto verificarsi non è richiesto per la commissione del reato. Tale orientamento risulta confermato e, quindi, ormai dominante in sede di legittimità, da un altro recente arresto, secondo cui il reato di aggiotaggio manipolativo rientra tra i reati di pericolo concreto eventualmente permanenti e si consuma nel tempo e nel luogo in cui si concretizza, quale conseguenza della condotta, la rilevante possibilità del verificarsi della sensibile alterazione del prezzo dello strumento finanziario, a nulla rilevando che l’evento naturalistico non si verifichi. Ne consegue che, nel caso in cui il reato sia realizzato attraverso operazioni di borsa, la competenza per territorio appartiene al Tribunale del luogo in cui le operazioni di compravendita degli strumenti finanziari si sono perfezionate e sono state rese note che coincide con quello ( Milano) in cui ha sede la Borsa italiana spa, gestore del relativo mercato”.

 


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