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Molti gli spunti offerti in proposito dagli interventi all'Internet Governance Forum di Trento. Partiamo dagli effetti positivi. "Essere consapevoli che la community ci osserva può essere uno stimolo a migliorarsi", ha affermato Lucio Picci, docente di Economia presso l'Università di Bologna.
Attenzione, però, ha avvertito Picci, perché ciò ha un risvolto (che forse non a tutti può piacere) ed è la selezione dei migliori.
Questo per il momento avviene nel privato. E nel pubblico? Purtroppo non esistono modi codificati per far entrare una valutazione "dal basso" nella sfera pubblica, perché "le politiche dell'agire pubblico non sono identificabili". Ma il problema non è tecnico è politico, ha sottolineato Picci, portando l'esempio del budget partecipativo di Porto Alegre (Brasile) dove i processi che hanno permesso meccanismi di partecipazione non sono legati alla Rete ma si avvalgono di strumenti tradizionali come le pubbliche assemblee.
E' toccato a Paolo Massa, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler, mettere il dito nella piaga dei rischi che il semplice gesto di cliccare un "Mi piace" comporta e che si collocano in un range che va dalla frammentazione socio-politica all'estremismo. Secondo il ricercatore l'aggregazione derivante dall'espressione dei propri gusti/interessi porterebbe alla creazione di community "chiuse", dove ciascuno si abitua solo a sentire la voce di chi la pensa come lui e quindi a convincersi che le proprie opinioni sono vere escludendo ogni altra opinione divergente. Di qui l'incapacità di dialogo con chi la pensa diversamente e la tendenza a comportamenti gregari con conseguente esclusione delle minoranze.
Stefano De Paoli, ricercatore della Fondazione Ahref, ha invece esplorato il mondo dei giochi online. Qui il problema è la sovrabbondanza di reputazione che un avatar può riuscire a ottenere affidandosi a programmi-robots in grado di giocare 24 ore su 24. In un prossimo futuro potrebbe succedere che non saremo più noi a gestire il giudizio degli altri nei nostri confronti, bensì le macchine.
Ma non illudiamoci: in parte questo sta già avvenendo, come ha ricordato Stefano Rodotà. Perché è vero che siamo noi a cliccare sul fatidico "Mi piace", ma alla fine è un algoritmo a costruire buona parte della nostra reputazione.
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