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1) grado di affidabilità delle imprese italiane
2) capacità di fronteggiare gli impegni presi nei confronti dei propri fornitori,
3) conseguente probabilità di generare insoluti commerciali nei 12 mesi successivi.
L'analisi di CRIBIS D&B mette in luce un aspetto rilevante: nei 5 anni dall’inizio della crisi, le difficoltà delle imprese italiane non sono ancora assolutamente superate.
Questa fotografia evidenzia ancora una volta la necessità di pianificare un'attenta strategia finanziaria garantendo un equilibrio economico patrimoniale e finaziario dell'azienda.
Qui di seguito si riporta qualche dato statistico emerso dallo studio:
A fine dicembre 2012 l’11,26% delle imprese italiane presentava un'alta rischiosità di generare insoluti commerciali nei confronti dei propri fornitori nei 12 mesi successivi, mentre un altro 45,89% si caratterizzava per una rischiosità media.
Solo nel 6,08% dei casi si osservava una rischiosità bassa (nel 2008 invece era quasi al 10% la percentuale di imprese totalmente affidabili) e, per il restante 36,77% del totale, medio – bassa.
Al contrario, molte imprese che a fatica erano riuscite a non soccombere durante questa durissima fase congiunturale, spesso anche facendo ricorso all’impiego diretto di capitali propri, stanno accentuando i segnali di repentino cedimento con evidenti ripercussioni anche sui propri partner commerciali.
Questo fa sì che molti fornitori si trovino, quasi inaspettatamente, a dover gestire insolvenze da parte anche di clienti storici, che si erano sempre dimostrati solidi e buoni pagatori. Nel corso del 2012, 1 insoluto grave su 4 è provenuto da clienti con un’anzianità superiore ai 5 anni, quindi da clienti storici che si pensava di conoscere bene e su cui di solito le aziende sono molto esposte sia come valore della fornitura, sia come tempi di pagamento.
Rischiosità commerciale in costante crescita
Dall’analisi comparata degli ultimi 5 anni emerge una netta tendenza al peggioramento della rischiosità commerciale, con le imprese inserite nella fascia a massima rischiosità che sono progressivamente aumentate, passando da una quota pari all’8,99% del 2008 all’11,26% dell’ultima rilevazione.
Nel medesimo periodo di osservazione, la percentuale di imprese caratterizzate da una bassa rischiosità è diminuita, passando dal 9,53% del 2008 fino al 6,08% di fine 2012.
A conferma del progressivo deterioramento della situazione, ugualmente tra il 2008 e il 2012 la percentuale di imprese con una rischiosità media di generare insoluti commerciali è cresciuta di 10,94 punti percentuali e ha raggiunto il 45,89% del totale mentre si è progressivamente ridotta la quota di imprese con rischiosità medio-bassa (-9,76 punti percentuali in 5 anni).
Quali sono i settori più critici e con più elevata rischiosità?
I settori più in difficoltà sono:
1) commercio all’ingrosso (19,35% del totale)
2) industria estrattiva (17,09%)
3) trasporti (14,20%)
La quota più bassa d’imprese a bassa rischiosità si riscontra:
1) Edilizia (1,39% del totale)
2) Trasporti e distribuzione (2,66%)
3) Commercio al dettaglio (2,94%)
In maniera inevitabilmente speculare, la quota più bassa di imprese a bassa rischiosità si riscontra nell’edilizia (solo l’1,39% del totale), nei trasporti e distribuzione (2,66%) e commercio al dettaglio (2,94%).
L’incidenza delle dimensioni di impresa
Il rischio elevato di generare insoluti commerciali caratterizza maggiormente le realtà più piccole, che rappresentano quasi il 95% delle imprese italiane, maggiormente fragili e più esposte ai riflessi della congiuntura negativa.
In particolare, le micro imprese mostrano un livello di rischiosità commerciale alta pari all’11,27% del totale. Seguono le piccole imprese (con il 10,71%), le medie (con l’8,93%) e le grandi (con il 6,17%).
Dettaglio per area geografica
A fine 2012 le aree geografiche in cui si concentravano le imprese ad alta rischiosità potenziale erano il sud e isole (con una quota del 15,04% del totale), seguite dal centro (12,88%), dal nord ovest (8,95%) e dal nord est (7,02%).
Entrando maggiormente nel dettaglio, Lazio, Calabria e Campania si confermano essere, anche a fine dicembre 2012, le regioni con la quota maggiore di imprese con alta rischiosità (tutte oltre il 17%).
Per quanto riguarda invece la bassa rischiosità, la situazione si capovolge e le aree dove maggiormente si concentrano imprese potenzialmente più affidabili sono il nord est (8,61%) e il nord ovest (8,46%). A seguire il centro con il 5,44% del totale e il sud e isole, con solo il 2,70%. La classifica delle regioni meno rischiose vede al primo posto assoluto il Trentino Alto Adige (con solamente il 5,47% di imprese ad alta rischiosità), seguito a ruota dalla Valle D’Aosta (5,60%) e dal Veneto (6,77%).
Per scaricare lo studio completo fate click qui.
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