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Risorgimento di Tenebra - Capitolo 1

Creato il 28 aprile 2012 da Narratore @Narratore74
Risorgimento di Tenebra - Capitolo 1
Dopo un lungo parto, finalmente oggi prende il via il mio Risorgimento di Tenebra. Non è stato facile, complici anche una miriade d'impegni che fino ad oggi mi hanno impedito di dedicarmici. Che poi, ad essere onesti, non ho nemmeno chiaro quanto mi ci vorrà per portare a termine questa avventura, visto che di cose da fare ne ho parecchie e gestirle tutte sarà davvero un'impresa. Ma, insomma, prima o poi dovevo pur iniziare, e questo mi sembrava un bon giorno. Oggi c'è il sole, la temperatura è favorevole e, grazie alla giornata di riposo che meritatamente sono riuscito a farmi, ho pensato "perché no?". E così, eccolo, in tutto il suo splendore. Il primo capitolo di quella che si prospetta come un'ucronia temporale, un viaggio immaginario che ha come protagonista il più grande genio che la storia abbia mai visto. Leonardo da Vinci, un nome, un simbolo, che io ho preso, rivoltato, rimescolato e gettato in un contesto che, diciamolo, non rientra proprio nelle sue corde. Ma tant'è, quindi... Vi lascio un ultimo ragguaglio: non so con che cadenza riuscirò a pubblicare i vari capitoli. La mia speranza è di farne uno a settimana, massimo quindici giorni, ma so per esperienza che le cose non vanno mai come le progettiamo quindi mi aspetto di non rispettare questa scadenza. A voi il giudizio. Buon divertimento!
Risorgimento di Tenebra Capitolo 1 - Il sogno di Leonardo
Risorgimento di Tenebra - Capitolo 1 Firenze era silenziosa. Stretti nella morsa della notte, i suoi abitanti dormivano, sognavano, forse qualcuno ancora si attardava nella compilazione di un diario o davanti ad un bicchiere di sidro. Per le strade nemmeno un’anima, non un cavallo o viandante di sorta. Leonardo camminava svelto. La gamba sinistra claudicante e gonfia gli doleva come se trafitta da chiodi, ma non per questo rallentava il passo. Non poteva permetterselo. Uno sferragliare lontano lo fece trasalire: qualcuno aveva serrato il catenaccio dell’uscio di casa. Era teso, Leonardo, complice il segreto custodito nella tasca della tonaca. Era stato via da Firenze per parecchi anni, impegnato in un viaggio che lo aveva portato a visitare , fra le altre, la stupenda Roma, con i suoi monumenti, le opere d’arte di magistrale fattura e i colli, così verdi e lussureggianti da far invidia anche alle terre più fertili. Vent’anni, una vita lontano dalla propria casa, dalle proprie radici… E adesso era tornato, anche se non avrebbe voluto farlo. I motivo si nascondeva abilmente sotto una coltre di scuse e menzogne, ma la verità pesava troppo per essere svelata con tanta facilità. Per chi, poi? Nessuno doveva sapere, già era troppo che ne fosse a conoscenza lui stesso. Mentre camminava, Leonardo rifletteva su quello che avrebbe comportato il fallimento della sua missione: morte, devastazione, ogni male pensabile sarebbe sceso sulla terra e ne avrebbe fatto scempio, come nemmeno la peste avrebbe mai compiuto. Passò davanti a Santa Maria del Fiore, sfilandola sulla sinistra e imboccando uno stretto vicolo, invisibile a chi non avesse saputo dove cercare. Lì, quando fu a metà strada, si fermò, fissando la pietra scura di un anonimo muro. Con circospezione guardò che nessuno stesse trovandosi a passare di lì, quindi tolse un piccolo oggetto di metallo dalla tasca soppesandolo nella mano neanche scottasse. Era un sottile cono di ottone, lungo poco meno di dieci centimetri; il profilo, segnato da profonde scalanature, lo faceva assomigliare ad una chiave. Leonardo studiò il muro, e quando infine trovò quello che stava cercando, inserì il cono in una stretta fessura. Un rumore sordo parve rimbombare lungo la parete, dando la sensazione che non si sarebbe più silenziato, ma che pochi istanti dopo  sfumò nell’aria fredda e scomparve senza che nessuno avesse potere di udirlo. Leonardo afferrò una pietra con entrambe le mani e la tolse dal muro senza alcuno sforzo. Quindi la posò a terra e, infilate le mani sotto la tunica, ne tirò fuori un fagotto ben stretto. «Che Dio aiuti me e chi verrà dopo…» bisbiglio tenendo gli occhi chiusi. Risorgimento di Tenebra - Capitolo 1Aprì la pezza arrotolata, svelando un’ampolla ricolma di un liquido scuro e sigillata con abbondante ceralacca rossa. Assieme vi era anche una pergamena, arrotolata e tenuta ferma da un laccetto di cuoio. Leonardo prese entrambi gli oggetti, quindi li ripose nella cavità nel muro. Poi raccolse la pietra, la rimise al suo posto e si assicurò che tutto fosse com’era prima. Un suono, stavolta più fievole del precedente, gli confermò la chiusura del blocco. Senza attendere oltre ritornò sui suoi passi, concedendosi un’ultima occhiata alla facciata della Cattedrale. Enorme, imponente con la sua facciata spigolosa, il campanile erto e fermo come una solerte guardia e alle spalle la meravigliosa cupola, sormontata dalla sfera di metallo e dalla croce benedetta, che sovrastava il cielo come un comandante che veglia sui suoi sottoposti. «Difendilo tu, che di mali tanti ne hai veduti e molti altri ne vedrai,» disse scrutando l’oscurità al di sopra della lanterna, «io, per quanto questo mi rattristi, non ne ho la forza.» A quel punto Leonardo riprese il cammino, sentendo ancora quel peso gravare sulle spalle. Non lo avrebbe mai lasciato, lo avrebbe accompagnato fino a che la vita non fosse scivolata via da quel corpo così imperfetto, costringendolo a guardarsi attorno ad ogni passo e tremando ogni notte di fronte al più misero suono. Quella era la sua croce, il destino che da solo si era creato e che, col senno di poi, forse meritava anche di avere. Quando, quella notte, riuscì a prendere sonno, sognò di trovarsi su di un campo zuppo di sangue. Attorno a lui pire alte quasi cinque metri, ardevano alimentate da corpi mutilati e ridotti a brandelli. Il fumo e la pestilenza di quel rogo infernale gli bruciava negli occhi e nei polmoni, come un alito fetido che scendeva giù nei polmoni infettando ogni fibra del suo essere. Non c’erano urla, lamenti disperati o invocazioni di aiuto, solo morte dovunque posasse lo sguardo. Risorgimento di Tenebra - Capitolo 1Improvvisamente, da lontano, giunse una risata. Non di felicità. Nemmeno di sfida. Era un grido di vittoria, un esternazione del raggiungimento di uno scopo ultimo dall’atroce epilogo. Fu l’ultima goccia. Leonardo si mise a correre, scappando dall’orrore che lo circondava come un sudario pesante e insopportabile. I piedi affondavano nelle membra di chi ancora non era stato gettato nel fuoco e nel sangue che imbrattava ogni ciuffo d’erba. Era come camminare nella melassa. Correva, sentendo il fiato farsi pesante e inalando generose boccate di fumo acre, mentre la risata pareva aumentare d’intensità ad ogni suo passo. Il piede s’incastrò a qualcosa, facendolo rovinare a terra con la faccia che schiantò su una zolla morbida e viscosa. Leonardo tentò di liberare il piede, tirando e scalciando come un mulo imbizzarrito, e quando si rese di cosa lo aveva bloccato, urlò. Uno di quei cadaveri si era animato e aveva avvinghiato la sua caviglia con due mani ossute e lacerate in più punti. Uno dei due occhi pendeva fuori dall’orbita, ancora attaccato da un sottile fascio fibroso di nervi, mentre l’altro mancava e al suo posto faceva capolino un pozzo nero. La bocca aperta mostrava due file di denti distorti e sporchi di sangue e un lembo di pelle staccatosi dalla guancia era scivolato fino a scoprire le ossa della mandibola. Il morto strisciava verso la gamba di Leonardo, aprendo le fauci e preparandosi a mordere la gamba scoperta. Fu l’ultima cosa che Leonardo vide, prima di venir destato da una voce che lo chiamava con insistenza.

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