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Risparmio gestito, dal 1 luglio entra in vigore la norma che modifica il regime fiscale dei Fondi comuni italiani. Ma era questo il vero motivo della fuga di capitali all’estero?

Da Mrinvest

Risparmio gestito, dal 1 luglio entra in vigore la norma che modifica il regime fiscale dei Fondi comuni italiani. Ma era questo il vero motivo della fuga di capitali all’estero?Nel decreto “Milleproroghe” è stato inserito, insieme con altri provvedimenti, anche una norma importante per il mercato del risparmio gestito, quella relativa alla modifica del regime fiscale dei Fondi comuni italiani. Una norma attesa da anni dai gestori, che lamentavano il fatto che Fondi e Sicav stranieri erano tassati con trattenuta del 12,50% sugli utili effettivamente ottenuti dagli investitori solo al momento della vendita, mentre quelli italiani tassati in base ai risultati registrati ogni giorno. Per cui i fondi comuni italiani non saranno più tassati sul “maturato”, ma sul “conseguito”.
La riforma entra in vigore dal 1 luglio e fino a quella data continuerà il meccanismo attuale.

Il vecchio sistema ha consentito allo Stato di incassare enormi somme, soprattutto nei momenti di boom di borsa, prelevando giornalmente una parte del patrimonio dei fondi italiani come “capital gain”. Il meccanismo era ingiusto, perchè prevedeva il prelevamento del 12,50% su utili virtuali e non effettivamente conseguiti. Questo comunque era compensato dal

“credito di imposta”, cioè dal diritto per i fondi di recuperare il 12,50% sulle perdite. In pratica, se un fondo chiudeva una giornata in negativo, registrava un credito nei confronti dello Stato e non pagava nulla finchè la perdita non era compensata da utili. Quando poi però arrivarono gli anni di ribassi di borsa, i gestori, soprattutto di fondi azionari, si sono ritrovati enormi crediti di imposta, difficili da recuperare.

Dicevamo dell’ingiustizia del meccanismo. In effetti le Sicav estere erano avvantaggiate perchè le loro quotazioni erano al lordo delle imposte, mentre quelle dei fondi italiani erano al netto. Per esempio, un rialzo del 40% delle quotazioni della Borsa italiana significava una crescita del 50% per una Sicav lussemburghese o irlandese, ed un rialzo del 35%, al netto dell’ imposta del 12,50%, per un fondo italiano. Per cui i fondi comuni italiani erano penalizzati rispetto ai fondi esteri, e questo ha prodotto una fuga del risparmio gestito verso l’estero, a causa appunto del diverso trattamento fiscale.

Ma è proprio questo il vero motivo della fuga di capitali? In parte è così. Ma un altro motivo, non conosciuto dai più, è stato l’interesse di grandi gruppi bancari.
Infatti, costituire una società di gestione in Italia costa, in termini fiscali, intorno al 45%, mentre in Irlanda costa solo il 10%. Inoltre, per costituire e modificare i fondi, all’estero si impiega pochissimo tempo. Di conseguenza si sono costituite società a Dublino o in Lussemburgo, con uffici e qualche dipendente, con capitale quasi tutto italiano.
Le reti di vendita (sportelli bancari e promotori finanziari) sono stati sollecitati a collocare ed a “spostare” le forme di risparmio gestito nei Fondi e Sicav esteri, con la motivazione della disparità fiscale. Ed ecco spiegato l’imponente flusso di capitali dall’Italia al Lussemburgo ed all’Irlanda, una migrazione pilotata, per motivi esclusivamente commerciali, con una precisa strategia di marketing, e con evidenti vantaggi solo per le società.


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