Les sanglots longs/des violons/de l’automne (1866, Paul Verlaine) *
Nel sogno non vieni più a trovarmi
mandi solo ambasciatori sconosciuti
ma testarda aspetto ancora indizi
accucciata sul gradino di casa.
Anche quando mi allattavi il tuo pensiero
vagava a Cotentin là era a rischio
sangue tuo e io porto allarmi con me
stridenti brughiere linfa e latte
dal colore viola.
Morii due volte quando les violons de l’automne
staccarono dalle grucce del presente
l’angelo del destino e l’angelo del ricordo
liberazione e prigionia e impallidita
tu battesti i piedi di inconsulto trapestio
le tende palpitarono nel vuoto nodi scuri
cielo e nuvole sbalordite alle finestre alte
agli specchi il ghigno della strega
che odia ogni bellezza e insidiosa
la mela rotolò fra macerie e fumi
e poi il sonno, il lungo sonno degli sconfitti.
No. Non volli vederti. Non più né mai.
Impietosamente nei meandri del dolore
la mia ferita inaridì bandita ogni domanda
come la matrigna storia che dietro ai vincitori
si imbellettò per generose alcove
e la poesia prostituta si diede a cantori orbi
di verità. Così, sans amour et sans heine,
le custodie si chiusero sui misfatti compiuti.
E oggi dissacrata in un tempo che si pasce
di un quotidiano subito incernierato
come i sacchi dei morti senza nessuno
io non ho più di che piangere
né di che cantare.
Dis, qu’as-tu fait, toi que voilà
De ta jeunesse?
(10.10.12)
* Radio Londra ore 21, giovedì 1° giugno 1944: un breve brano di una poesia di Verlaine: “Les sanglots longs de l’automne”. E’ il segnale che l’invasione della Francia è prossima.
Radio Londra, ore 21,15 lunedì 5 giugno 1944: “blessent mon coeur d’une languer monotone”.
Per la Resistenza francese è il segnale che gli Alleati stanno preparando lo sbarco nelle prossime 48 ore.
Fra i reparti tedeschi c’era un numero imprecisato di operai della Todt italiani e spagnoli arruolati forzosamente. Non tutti quelli che persero la vita morirono in battaglia.
Il premio letterario
Aspetto il plauso/scroscio che mi strapazza il cuore
e al suo volere lo piega burattino
perché solo così, interminabilmente, sarà finita.
Attorno, processori di parole siedono
in consesso diramati gli inviti
le tesserine dei pass oscillano leggere
come piccole onde sui revers di giacche
appuntate a sinistra o destra a seconda
delle inclinazioni di servizio o lussuriose
guardano profondità di seni non sempre di acque chiare.
A las cinco de la tarde il mio toreare è questo
appiattiti i sensi dove non vedere, non sapore,
e non afrore (perché anche le stalle
sono tirate a fresco dalla poetica memoria)
ma solo verba saltellanti
a seguire gli sdruccioli dominî del dover essere
e qua e là inrosare, infiocchettare con reminiscenze
(oh, quanto odio le memorie vestite a festa)
di buoni sentimenti l’acido nero di sangue raggrumato.
(30.01.2013)
Ferocia
Come uccelli disimparati al volo
vanno i pensieri feriti
senza assaporare l’aria.
Non servono albe. Nulla
rimemora l’alba nei solchi del viso
non datati dagli anni ma dalle pene.
So che anche lo sterpame sa cantare
sulle languorose note di scirocco
non io invece.
Dalla desolata torre tarocca il grido
cenerino cerca altri richiami
a cui risponde solo la ferocia:
“alouette ma belle alouette,
alouette je te plumerai”.
(14.02.2013)
Verità
A volte numinosamente vieni
di orpelli spoglia così mi spingi
tremebondo viandante che tiene
il non volersi vedere alla catena
come il solo dolore che gli è rimasto.
O se squaderna il sole dorsali di colline
e avviluppa tralci a pampinose edere
tu al dito lungo come ingiurioso
pirata della strada mi fai vedere l’inganno
irriverente, come solo la verità può essere.
(Febbraio 2013)
In queste notti
In queste notti di terrore senza oggetto
perché anche i cavalieri dell’Apocalisse
hanno cambiato strada impotenti contro
ricette dispensate con sommo sprezzo
del ridicolo, fasulle come i fondi
investimento, i fondi pensione…
in queste notti di luna spicciola
che non accompagna nessuno
e si astiene anche dalle rogge
dove solo qualche suicida si impiglia
alle ferrate puntute come alabarde
e sperduto si sente il caminante…
in queste notti senza palpebre
smarriti i giorni da vedere
lo scintillio inghiottito dai catrami
perfino i gatti hanno dichiarato forfait
perché inutile ogni tenerezza…
in una di queste notti violerò l’uscio
della casa di fronte dove un telefono
continua a suonare a vuoto e griderò
basta
non chiami
più niente
risposte
qui
siamo tutti
morti.
(20.06.2013)
Minuscolo
Dolore amico che la notte mi pieghi il fianco
e imbastisci minuti gli smarrimenti della carne
strascicante per le impervie strade del nonsenso.
Ciò che turba è sempre la domanda
che tu non sai, minuscolo di fronte all’universo.
(23.11.13)