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RITAGLI DI GIORNALE di Malachia di Armagh

Creato il 26 marzo 2015 da Conflittiestrategie

Scritto da: admin

L' ipotesi di Luca Ricolfi sull'articolazione delle classi sociali nella congiuntura attuale

di Malachia di Armagh (25.03.2015)

La classe dominante nelle formazioni sociali capitalistiche attuali appare articolata in maniera corrispondente alla ripartizione in sfere o sottosistemi. Non staremo qui a disquisire su una questione prettamente teorica come quella che oppone i sostenitori della tripartizione della società - a partire dalle tre forme che il potere assume negli Stati-comunità in cui sono articolate le formazioni sociali dell'area "occidentale" e paesi vicini - e coloro che propongono una più complessa articolazione sistemica. Bobbio, tra gli altri, parla di potere politico (il potere, potestas in senso stretto), potere economico o dominio e potere ideologico o autorità. Parsons aggiunge un quarto sottosistema perché suddivide l'azione di contenimento della devianza/squilibrio all'interno di una formazione sociale particolare in due imperativi funzionali: quello finalizzato all'integrazione degli individui e gruppi, ognuno secondo modalità specifiche, nel corpo dello Stato-società e l'altro cruciale in ultima istanza, che ha come obiettivo il mantenimento del modello sociale (latente). Di fatto, però, non si può attribuire, in maniera semplicistica, alla sola sfera ideologica il compito di salvaguardare l'ordine sistemico e la persistenza del tipo di società perché quest'ultimo scopo richiede l'impiego coordinato e calcolato di tutti e tre i poteri con il loro prolungamento nelle forze armate e in quelle di polizia /intelligence. Nella voce "classi sociali" dell'Enciclopedia Italiana Luciano Gallino descrive così l'articolazione degli agenti dei gruppi dominanti nelle varie sfere:

Anche dove non è specificatamente indicato è poi dato per scontato che i ruoli direttivi che non abbiano, in quanto tali, per caratteristiche proprie, una competenza propriamente tecnica si avvarranno di uno specifico supporto; saranno, cioè, affiancati da individui che siano in grado di svolgere funzioni che richiedono queste competenze specifiche. Ovviamente non riteniamo per nulla esaustiva la descrizione di Gallino ma non è certo questa la sede per ulteriori approfondimenti sviluppabili a partire dagli scritti che La Grassa ha prodotto nell'ultimo decennio.

E' forse però utile osservare alcuni punti. Penso abbia una importanza notevole la differenza che caratterizza i funzionari del potere giudiziario in ambito anglo-sassone rispetto agli altri paesi occidentali e non solo. Nell'Europa continentale il potere esecutivo e quello legislativo sono rappresentati da individui formalmente eletti dal popolo , anche se, ovviamente, la loro selezione avviene sostanzialmente ad opera degli agenti dominanti, dell'interno e dell'esterno, con la mediazione ed il contributo di partiti, sindacati, gruppi di pressione e di interesse. La selezione preliminare garantisce che l'accesso alle elitè dirigenti avvenga in un modo regolato da coloro che in quel determinato momento possiedono la supremazia. La magistratura europeo-continentale invece, e l'Italia ne è un esempio, non è nemmeno formalmente soggetta alla scelta dei cittadini mediante una votazione e questo le permette di svolgere un ruolo fondamentale, in quanto corporazione soggetta a cooptazione dall'alto, nel gioco e nei contrasti legati alla separazione costituzionale dei poteri. Per quanto riguarda gli agenti-funzionari della sfera ideologico-culturale così a suo tempo si esprimeva Costanzo Preve (1999) osservando che la nostra è l'epoca del

Bisogna però considerare, io credo, che gli tecnoscienziati rappresentano in qualche maniera una categoria a parte a causa del loro ruolo di servizio diretto alla produzione - in quanto preposti immediatamente allo sviluppo delle innovazioni di prodotto (e visto che anche gli scienziati "puri" delle discipline "hard" come fisica matematica, chimica ecc. esistono solo in funzioni delle applicazioni tecniche che ne derivano) - e al supporto determinante che le loro competenze rivestono per gli agenti strategici decisivi. Ed infine giova ricordare la distinzione fondamentale, ribadita più volte da La Grassa, tra gli agenti che ricoprono ruoli - anche ai massimi vertici nelle tre "sfere - di carattere tecnico-culturale o amministrativo, contabile e organizzativo e gli agenti strategici dominanti, ovvero gli autentici "capi" e "decisori", che rappresentano la élite della società qualsiasi sia la funzione specifica da loro formalmente ricoperta.

Questa premessa, relativamente lunga in relazione alle finalità di questa rubrica, mi è sembrata necessaria per introdurre l'interessante articolo di Luca Ricolfi (1) - che a quanto ho capito risulterebbe essere la sintesi di un più ampio saggio - apparso sul Sole 24 ore del 22.03.2015 con il titolo Terza società, l'amaro lascito della crisi.

Il professore inizia rinviando ad un epoca lontana, gli anni settanta del secolo scorso, e ad un intellettuale piciista, ancora piuttosto famoso, Alberto Asor Rosa. Chi ha la mia età si ricorderà senz'altro della risonanza che ebbe la tesi sulle "due società" in un contesto, era il 1977, in cui si concludeva, in maniera disordinata e scomposta, l'onda di proteste e contestazioni giovanili, di ribellismo anticapitalistico confuso e acefalo che culminò nella demenziale rivendicazione del rifiuto del lavoro. Un rifiuto, più ideologico che reale per fortuna, che risultava collegato immediatamente al boom economico degli anni precedenti e a una condizione di benessere abbastanza generalizzato stigmatizzato da Pasolini nei termini di degenerazione consumistica. Si era in presenza, ad ogni modo, di una dinamica reale relativamente nuova che Ricolfi descrive nei termini di una

Asor Rosa, si disse allora e Ricolfi conferma, prese partito per la società dei "produttori" intesa come unica forza sociale capace di affrontare la nuova crisi che improvvisamente aveva investito l'occidente e l'Italia; ma naturalmente si riconoscevano le rivendicazioni "ragionevoli" dei marginali a patto che fossero in grado di rinunciare agli eccessi. Il Pci, inoltre, come ha ricordato più volte La Grassa, iniziò proprio in quegli anni la sua grande "svolta" verso l'atlantismo e l'americanismo sotto la guida di Berlinguer e Napolitano. Ricolfi ricollega la tesi di Asor Rosa agli studiosi che, a partire dagli anni sessanta, cominciarono a parlare di " dualismo del mercato del lavoro italiano" ossia della divisione

Nel ventennio successivo, secondo l'editorialista, l'interpretazione prevalente vide la trasformazione della società degli esclusi in una nuova società dei precari:

A questo punto Ricolfi introduce la sua considerazione principale riguardante le novità che la crisi recente ha provocato:

Ma la novità non sta tanto in questa tripartizione che, aggiungo io, fa riferimento ai soli gruppi sociali dominati e/o subordinati ma piuttosto, secondo il professore nel fatto che

L'articolista afferma poi, con decisione, che questa situazione non è da riportare alla "anomala storia economico-sociale" del nostro paese e continua rivendicando che la Terza società, piuttosto che un retaggio del passato, appare come "un tratto distintivo dell'Italia contemporanea". E questo "tratto distintivo" richiede, secondo Ricolfi, la nascita di una o più forze politiche che la rappresentino. E mentre la "sinistra-sinistra" e i sindacati continuano a "guardare alla Prima società e al mondo dei garantiti" e la "destra" alle "partite Iva e alla società del rischio" il PdR (il Partito di Renzi) "tenta con discreto successo di rappresentarle entrambe". La Terza società, così, sembrerebbe non trovare nessuno capace di darle voce ma, a nostro parere, ciò può essere dovuto alla incompleta decantazione dei processi di cui parla Ricolfi. Senza scomodare i teorici della "modernità e/o società liquida" (Baumann in testa) bisogna comunque riconoscere che la Grande crisi ha innescato dinamiche di frammentazione/ricomposizione sociale intense provocando un altissimo livello di mobilità tra le tre società a cui fa riferimento l'autore dell'articolo. Anche se da tempo non lo riprendo in mano bisogna riconoscere il valore degli studi che Domenico Losurdo, un autore rispetto a cui nutriamo un profondo disaccordo su diverse questioni, ha prodotto sulle forme e i meccanismi di esclusione sociale dall'inizio del XIX secolo fino a oggi. Non è necessario, non lo è per niente, che coloro che si trovano in fondo alla scala sociale partecipino alla vita politica del loro paese e quindi siano rappresentati: l'importante è che la Quarta società, quella dei gruppi dominanti, sia in grado di strutturare e istituire le necessarie istanze che garantiscano di controllare le devianze/squilibri sociali e le anomalie che il disagio di strati sociali numericamente consistenti possono innescare.

(1) Da Wikipedia:Luca Ostilio Ricolfi ( Torino, 1950) è un sociologo italiano. Al 2011, è professore ordinario di Psicometria presso la Facoltà di Psicologia dell' Università di Torino, responsabile scientifico dell'"Osservatorio del Nord Ovest", direttore della rivista di analisi elettorale Polena e membro dell'EAS (European Academy of Sociology). È inoltre editorialista di e tiene una rubrica su . Ha scritto testi universitari di statistica e numerose opere di saggistica riguardanti l'analisi della scena politica italiana.


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