Alle sette del mattino di una uggiosa domenica di dicembre, Milano è bella. Il cielo è ancora buio, poco prima dell’alba. Risplendono le luci natalizie del negozio all’angolo e su qualche balcone. Poche anche le finestre illuminate… La luce giallastra dei lampioni fende la nebbiolina che si alza dall’asfalto.
Viale Monza quasi vuoto: la giornalaia ingoffata in una serie di maglie indossate una sull’altra per difendersi dal freddo mi conta il resto con le dita intirizzite che spuntano dai mezzi guanti. Prendiamo la metropolitana per Precotto, dove è parcheggiata la macchina.
I vagoni sono vuoti o quasi. Una ragazza, i piedi abbarbicati ad un trolley, la testa abbandonata contro la parete, dorme: una fine ciocca di capelli si muove regolarmente al ritmo del suo respiro.
Un uomo con una cuffia marchiata D&G, pantaloni sdruciti, sembra anche assopito, ma ad un tratto apre gli occhi e ingolla una grossa sorsata di birra da una bottiglia senza tappo che tiene tra le mani.
Poi c’è lei.
Sembra uscita da un quadro di Tamara de Lempika. Non giovanissima, ma davvero bella.
Cappottino nero aderente, stivaletti stringati alti sulla caviglia, un viso pallido dove spiccano gli occhi cerchiati di nero e una bocca rosso fuoco. In testa una cloche in feltro nero guarnito da un fiore sempre di feltro, dalla quale fuoriescono due virgole di capelli scuri. Sembra fuori luogo in questo posto ed a quest’ora.
Ritiriamo l’auto, ritorniamo in viale Monza per caricare le valigie.
Piove, non piove… il pave’ è traslucido, sembra tirato a cera. L’auto sobbalza per tutta la via Leoncavallo. Ormai il cielo va schiarendosi. I lampioni un poco alla volta si spengono.
Ecco la Torre Mediaset… e poco dopo il casello dell’autostrada.
Ciao Milano… si ritorna a casa.
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