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Ritratto in giallo ocra e carboncino - (2)

Da Hombre @LaLineadHombre
Ritratto in giallo ocra e carboncino - (2)(leggi il capitolo 1)
La mattina successiva il commissario arrivò in ufficio e Schiattarella lo informò che era passata una tipa, una certa Monica Magliabechi, per dettare un identikit.
«Ha chiesto anche di lei commissario, ma aveva fretta».
«Figlia di buona donna! Ma l’ha disegnato lei?»
«No, l’ha dettato a Fringuelli».
«Bene lo stesso, dai. Mandami Fringuelli, che aspetti?»
Il mago dell’identikit Fringuelli, che tanto per chiarire non usava nemmeno una punta di giallo ocra, arrivò con aria soddisfatta e gli porse l’opera.
«Ma… che ti ha dettato un identikit di uno di profilo?»
«Dice che l’ha sempre e solo visto così».
«E poi scusa ma questo tizio l’ho bell’e visto, sta agli Uffizi».
«Chi è, un custode? Sarà un custode» intervenne Schiattarella.
«Macché, sta appeso. È incorniciato».
Ci andarono insieme alla Galleria, Fantechi e Schiattarella, a guardarsi Federico II da Montefeltro, il duca d’Urbino. Schiattarella, che ormai s’era fissato, proseguì interrogando una decina di custodi, quelli che secondo lui puntavano un po’ troppo morbosamente le guide al lavoro. Erano tutte ragazze queste affabulatrici dell’arte e tutte portavano un nastrino nero legato al braccio destro.
Il commissario scese allo shop e si fece prestare una guida dove cercò i più bei volti di donna del museo. Un quarto d’ora dopo beccò Monica davanti all’ Eleonora di Toledo del Bronzino.
Lei lo vide arrivare e i loro sguardi s’incontrarono per un attimo, ma non smise di disegnare.
«Cos’era uno scherzo quello dell’identikit?»
«Ha iniziato a guardare oltre al suo naso, commissario, o sta sempre cercando il fidanzato di Camilla?»
Il cervello di Fantechi strapazzava ipotesi come un frullino. Nei due minuti di silenzio che seguirono fece avvelenare la povera Camilla, nell’ordine, da un fidanzato segreto venuto dal Maine, dal custode quello devastato dalle occhiaie nella sala dei Crocifissi, da un vicino di casa delle Cure pazzo, da una guida invidiosa del suo sapere, da un giapponese conosciuto davanti al Tondo Doni a cui aveva presumibilmente intimato l’ennesimo No Photo, dalla madonnara Magliabechi in persona, dal nipote alle medie di Schiattarella e, in ultimo, da se stesso in un ineluttabile sdoppiamento di personalità.
«Lo sa che il duca d’Urbino era guercio da un occhio? L’aveva perso in una giostra, per questo spesso si faceva ritrarre di profilo».
Non lo sapeva.
«E che quel naso lì se l’è fatto spaccare a martellate, o se l’è fatto segare, ma in ogni caso di proposito, per poter avere una visuale anche dal lato cieco sul campo di battaglia, lo sa?»
Non lo sapeva, perdìo!
«Poi però c’è chi ne ha due di occhi ma ne usa uno solo, o forse nemmeno».
Ormai aveva compreso che Monica Magliabechi si riferiva a lui e a qualcosa che gli stava sotto gli occhi, forse la soluzione, ma che non riusciva proprio a scorgere.
«E del suo amore per la moglie, lo sapeva? È stato al loro cospetto? Quella che gli sta di fronte, la Battista Sforza, è sua moglie, lo sa? E lo sa che li ha richiesti proprio il Duca d’Urbino i ritratti di profilo, affinché lui e la moglie si potessero guardare per l’eternità, non è una storia straordinaria?»
Non lo sapeva, non sapeva un cazzo di questo Duca dal naso tarpato.
«E il ritratto alla moglie? Lo sapeva che Piero della Francesca gliel’ha fatto ch’era morta?»
Che l’accecassero, ma non sapeva nemmeno questo. Decise di tenersi la guida che s’era fatto prestare e mettersi a studiare sul serio.
«E a Camilla lucevano gli occhi quando portava il suo gruppo davanti al Duca d’Urbino e a sua moglie. Se lei volesse andare a Tokyo a ricercare un giapponese che ha fatto la visita alla Galleria con Camilla e che è stato trascinato dai Giotto e dai Cimabue, dai Leonardo e dai Michelangelo, sa cosa ricorderebbe il giapponese?»
«Questo lo so: i duchi d’Urbino!»
«Già i duchi, l’amore del duca per sua moglie e il suo naso rotto a martellate. Perché Camilla era così, era capace di trasportarti via con sé con le sue parole. O con i suoi silenzi».
«E quindi non lo devo cercare un fidanzato?»
«No».
«Ma un amore sì?»
Non rispose, gli apparve sfinita.
«Anche se nella fissità di un'opera d'arte è tutto più facile» continuò Monica con una bava di voce «ma Camilla non era un quadro, non era un viso dipinto con lo sguardo fisso negli occhi fissi d’un altro quadro e di un altro viso, oh no».
Sospirò più volte e il commissario temette che non avrebbe più aggiunto una sola parola.
«E di sicuro nel palazzo ducale di Urbino non c’era né un bar sulla terrazza dell’ultimo piano, né una stronza barista bionda in fuseaux neri e camicetta bianca», la voce di Monica adesso era incrinata e incerta.
Si alzò asciugandosi gli occhi con la manica della camicia, aprì il blocco qualche pagina indietro e ne strappò un foglio lasciandolo cadere lì, ai piedi indifferenti di Eleonora di Toledo e del figlio Giovannino de’ Medici.
Il commissario lo raccolse da terra proprio mentre veniva raggiunto dal vice ispettore Schiattarella reduce dal giro custodi.
«Non ho cavato un ragno dal buco da queste salme, sono omertosi peggio dei Corleone… ehi, ehi, fai un po’ vedere!»
Fantechi gli diede il disegno ocra e carboncino, il difficile veniva adesso.
«Ma perché te ne vai in giro con un disegno di Camilla morta? Non è più comodo se ti porti una foto?»
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Il testo partecipa all' Eds in giallo de La Donna Camèl, con anche:
Bitols - Dario
Il numero 97 - Melusina
N. 2 - Giallo canarino - Angela

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