Interessante l’articolo apparso sull‘Espresso di questa settimana a cura di Alessandro Agostinelli che chiama in causa l’eventuale effetto domino delle proteste maghrebine anche in Marocco. Il giornalista ha intervistato Ahmed Habouss, docente all’Orientale di Napoli, uno specialista insomma. Il professore ribadisce diversi concetti che malamente ho espresso in questi giorni sulla società marocchina e sull’eventuale influenza delle ribellioni maghrebine in Marocco, contestando tra l’altro la cattiva informazione che si sta facendo in Occidente riguardo al reame. Purtroppo in questi giorni leggo delle analisi fuorvianti, espresse da personaggi che realmente conoscono molto poco il Marocco, che mi lasciano basito. Il professore Habouss in questa intervista traccia un profilo lucido, attento e reale della società marocchina escludendo una rivolta del tipo egizio-tunisina nel reame, principalmente perchè esiste nel paese un fattore di modernità avanzata e la messa in campo di importanti riforme che stanno coinvolgendo il Marocco da dieci anni a questa parte (ascesa al trono di Mohammed VI), riforme che sicuramente sono uniche nel Maghreb (Codice della Famiglia, Decreto anti-corruzione, Codice della strada, Diritto alla Salute, ecc..). Finalmente una intervista seria e ponderata che spero possa fugare i dubbi di tante persone che in questi giorni leggono notizie contrastanti e lesive sul Marocco, la maggiorparte infondate, che creano sicuramente tensione. Il Marocco vive e ha bisogno del turismo internazionale, è una delle sue prime ricchezze e sviluppa centinaia di migliaia posti di lavoro; informazioni non corrette e prive di fondamento possono pregiudicare questo importante settore esponendo migliaia di persone al rischio di rimanere senza lavoro. Programmate la vostra vacanza in questo splendido paese e se siete a Milano andate a visitare lo splendido spazio allestito al BIT, rimarrete colpiti dalla bellezza e dalla professionalità che i rappresentanti dell’Ufficio del Turismo del Marocco riescono a trasmettere ai visitatori.
L’articolo pubblicato sull’Espresso